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PERUGIA - Giunto al termine del suo secondo mandato come presidente della Provincia e all'immediata vigilia di una campagna elettorale che lo vedrà candidato alle Europee per l'Udc, Giulio Cozzari chiude un'esperienza fattasi nell'ultimo anno assai travagliata menando fendenti non ha destra e a manca come si suol dire, ma verso un'unica direzione: quella della maggioranza di centro sinistra che lo ha sostenuto in quasi dieci anni alla guida del governo provinciale ed in particolare nei confronti del Pd che pure non gli ha mai fatto mancare il suo sostegno, arrivando perfino a reggergli il gioco (almeno in alcune sue componenti) allor quando tentò, senza riuscirvi, di destabilizzare la sua stessa Giunta con il tentativo di sostituire in corsa Rifondazione Comunista proprio con l'Udc, il partito al quale è infine approdato. E' per queste ragioni che risulta impossibile ritenere che con quest'ultimo sfogo abbia voluto soltanto togliersi qualche sassolino dalle scarpe, inquadrandosi piuttosto come la continuazione del preciso disegno politico che al momento lo ispira e che gli suggerisce probabilmente di concludere il suo mandato provocando la crisi dell'ente. Non, dunque un comprensibile sfogo umano e personale il suo che, per quanto non condivisibile, potrebbe ispirare una qualche simpatia, ma una vena di "lucida follia" rispetto alla quale hanno avuto buon gioco i partiti di maggioranza, in risposta alla sua sfida di "sfiduciarlo", nel sottolineare, in un documento unitariamente stilato al termine di una pausa dei lavori del Consiglio durata una cinquantina di minuti, che sono state semmai 'le incertezze e le fibrillazioni del Presidente che hanno inciso negativamente sul lavoro della Provincia'. In particolare Cozzari aveva cercato di giustificare il suo fare sostenendo da aver "attraversato una stagione politica che vedeva delle motivazioni forti, che si sono via via sfilacciate nel corso della seconda esperienza". "Ho inseguito un progetto di governo di centro sinistra – ha aggiunto – che non inizia nel 1995 ma molto prima, partendo dagli esperimenti locali di governo tra Dc e Pci", ma poi ribadisce di non aver "mai condiviso il progetto ulivista di Prodi né l’ingresso del Ppi nella Margherita ed ancora meno la sua confluenza nel Pd". A questo punto sarebbe stato più onesto se, prendendo atto di questa sua supraggiunta "incompatibilità" politica avesse deciso spontaneamente di farsi da parte, piuttosto che continuare ad imporre una presenza diventata per tutti imbarazzante. E' questa "insensibilità" che rende perciò poco credibili tutte le giustificazioni addotte per mascherare il suo fallimento, che lo hanno portato ad ignorare completamente questo punto determinante che egli liquida come una "testardaggine" che può aver generato qualche problema politico, dicendosi comunque convinto di essersi "sempre comportato con la massima lealtà verso la coalizione”. Irritazione, quindi, nei confronti del segretario provinciale del Pd che, in occasione di quelle che lui definisce le ‘primariette’, aveva espresso un giudizio negativo dell’operato amministrativo della Provincia di Perugia, “cosa, peraltro, non avvenuta per i Comuni di Perugia e Terni e per la Provincia di Terni”. Giudizio che ha inteso come una volonta "perversa e un po' cattiva" di negare la validità di questi 10 anni, anche se dettata dalla necessità di segnare oggi una discontinuita rispetto al suo governo che pure ha dovuto fare i conti con profondi cambiamenti legislativi che hanno interessato le Province italiane in termini di decentramento e di funzioni, aumentandone le responsabilità in particolare per quanto riguarda la viabilità ("ci sono piovute sulle spalle 700 Km. di strade regionali) e di edilizia scolastica (da alcune decine si è passati a 120 plessi da gestire), senza poter disporre di appropriate risorse. II tutto appesantito - sempre a suo parere - da altre difficoltà, questa volta di carattere politico, attribuite principalmente al Pd, che gli fanno ritenere di non meritarsi gli addebiti che gli sono stati rivolti per la vicenta Appaltopoli, perché lui ha anzi cercato di "salvare il salvabile, l’Ente ha continuato a fare il suo dovere, il clima all’interno degli uffici non si è appianato ma si è ripresa l’attività”. Fino alla stilettata più velenosa di tutte, riservata ancora una volta al maggiore partito di governo che "vuole lavarsi la coscienza firmando il Patto etico con l’Idv per le amministrative. Ma il problema politico va affrontato perchè i periodi passano ed iniziano quelli nuovi e si deve avere il coraggio di capire che cos’è la politica oggi. Avevo dato la mia disponibilità ad intraprendere un percorso nuovo ma la risposta sono stati mesi di silenzio–rifiuto". Condividi