PERUGIA – L'Assemblea di Palazzo Cesaroni ha avviato oggi pomeriggio la discussione delle proposte di legge che prevedono una riduzione del numero dei componenti dell'Assemblea e dell'Esecutivo regionale rispetto a quanto ora previsto dallo Statuto regionale. Due le proposte di legge su cui verte il confronto: una firmata dai consiglieri del Partito democratico, che prevede di modificare lo Statuto riducendo a 30 il numero dei componenti del Consiglio e ad un massimo di 8 assessori (oltre al presidente della Giunta) il numero degli assessori; un'altra, avanzata dal Pdl e incentrata sulla riduzione dei consiglieri a 30 con un massimo di 6 assessori (oltre al presidente della Giunta).
Illustrando la proposta della maggioranza, il presidente della Commissione per le riforme statutarie e regolamentari ha evidenziato che questa riduzione non si pone in contrasto con la precedente modifica della Carta regionale (che aveva portato a 36 il numero dei consiglieri) ma prende atto di un differente contesto istituzionale: l'elezione diretta del presidente della Giunta ha aggiunto una serie di competenze e di funzioni in capo all'Esecutivo, mentre nello stesso tempo anche a Roma viene affrontato il tema della riduzione dei costi delle istituzioni e della riduzione dei componenti di Camera e Senato.
La centralità politica dell'Assemblea, secondo il relatore di maggioranza, dipende molto dall'iniziativa politica dei gruppi che la compongono e dall'efficienza dell'organizzazione interna più che dal numero dei consiglieri che vi siedono. È stato inoltre ricordato dalla relatrice che quelli umbri sono i consiglieri regionali meno pagati d'Italia e che se l'esperienza del Consiglio regionale dell'Umbria può essere considerata positiva, questo dipende non dai suoi costi ma dall'attività che questo ha svolto.
Il relatore di minoranza (Pdl) ha contestato la validità della proposta del centrosinistra, ritenendo questa riforma una proposta non condivisa e un attentato alla democrazia. Inoltre la maggioranza starebbe procedendo a cambiare lo Statuto regionale in un momento sbagliato, a causa della vicinanza della scadenza elettorale che avrebbe determinato il cedimento del Pd ai partiti minori della coalizione, con cui sarebbe stata contrattata la riduzione a 30 del numero dei consiglieri in cambio dell'innalzamento al 65 per cento del premio di maggioranza per le forze che sostengono il presidente che risulta eletto. Le competenze che, con la modifica del titolo V della Costituzione sono state trasferite alle Regione, non sarebbero tali da giustificare un'Assemblea di 39 componenti, dato che buona parte di queste sarebbero poi state trasferite alle Province. La riduzione proposta dal Pdl, 30 consiglieri e un massimo 6 assessori (interni o esterni, compreso il presidente) comporterebbe un aumento compatibile con le aumentate competenze della Regione, la cui complessità non giustifica numeri maggiori. La proposta della maggioranza, secondo il relatore, mira ad aumentare lo scarto tra i rappresentanti della maggioranza e quelli della minoranza, combinando la modifica dello Statuto a quella della legge elettorale a causa del ricatto dei partiti minori. Il premio di maggioranza fissato al 65 per cento rappresenterebbe, infine, una scelta con evidenti profili di incostituzionalità.
Il secondo relatore di minoranza (Udc), annunciando la propria astensione e polemizzando col Pdl, ha sottolineato che chi in passato ha sostenuto la necessità di aumentare il numero dei consiglieri regionali ora ha cambiato idea, iniziando a sostenere l'esigenza di una riduzione. L’esponente della minoranza non ha votato l'emendamento che chiede la riduzione degli assessori da 8 a 6 perché questo non viene giudicato il vero problema. I veri risparmi possono essere ottenuti semplificando e razionalizzando l'intera macchina regionale. Il ritorno da 36 a 30 consiglieri, a giudizio del relatore deve essere coniugato con una concezione della democrazia, non mirata ad imporre il bipolarismo, e mirante ad eliminare i gruppi minori.
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