E' rimasto per settimane fuori dall'aula del Consiglio regionale, il confronto tra le forze politiche umbre sul numero dei consiglieri (anche sull'onda del dibattito sui costi della politica), ma oggi pomeriggio è arrivato sui banchi di Palazzo Cesaroni, con un ''convitato di pietra'' - come l'ha definito De Sio, del Pdl - che è il tema della riforma dell'attuale legge elettorale. La proposta del centro sinistra è di 30 consiglieri più il presidente della giunta ed 8 assessori, quella del Pdl prevede 30 consiglieri compreso il presidente della giunta e 6 assessori. L'avvio del dibattito sulle due proposte di riforma presentate dalla maggioranza e dal Pd è stato abbastanza soft, con Ada Girolamini, presidente della commissione per le riforme, che si è limitata a ricordare il percorso dell'attuale statuto, approvato nel 2004, sottolineando ''i mutamenti intervenuti in questi cinque anni, in campo politico, economico e sociale, con la discussione sui costi della politica e con le nuove funzioni demandante dallo Stato alle Regioni''. Ma secondo Girolamini, ''mentre lo statuto prevedeva un aumento a 36 dei consiglieri, l'attuale legislatura ha dimostrato che con l'attuale numero si possono dare lo stesso risposte efficaci alla comunità umbra''. La stessa Girolamini ha annunciato che, tra la prima e la seconda lettura della legge di riforma statutaria, arriverà in aula la proposta di riforma della legge elettorale regionale''. La discussione si è infiammata prima con l'intervento di Massimo Mantovani (Pdl) e poi con quello di Enrico Melasecche (Udc). Mantovani è andato diretto contro la maggioranza accusandola di aver definito il proprio progetto ''solo perché con questo assetto salva se stessa in vista dei prossimi appuntamenti elettorali, ammesso che la stessa maggioranza esista ancora''. Mantovani ha ricordato che ''la Regione ha funzionato bene fino al 2000 con 30 consiglieri compresi gli assessori. Non mi pare che oggi l'ente abbia così tante competenze da giustificare 36 consiglieri, un presidente e fino a 10 assessori, come prevedeva la statuto''. Critiche pesanti Mantovani le ha quindi riservate al ''tema collegato della riforma della legge elettorale, che nel progetto del centro sinistra dovrebbe contenere un premio di maggioranza al 65 per cento, come non succede in nessun'altra regione italiana e per una previsione che, a giudizio di alcuni studiosi, potrebbe essere incostituzionale, oltre che un vero e proprio attentato alla democrazia''. Anche questa previsione, secondo Mantovani, ''è frutto del ricatto dei partiti minori al Partito democratico, che si fa cannibalizzare pur di arrivare a fine legislatura''. Non meno acceso nei toni l'intervento di Melasecche, che ha parlato nel suo intervento di una Udc a cui non piace "la democrazia semplificata che pialla i cervelli". Melasecche si è poi più volte scagliato contro il Pdl accusato a sua volta ''di voler attuare una sorta di accordo inconfessabile con la sinistra non per semplificare il quadro politico e renderlo meno costoso ma per ridurre a due le voci in capitolo, soffocando quelle autonome come quella dell'Udc. Noi diciamo 'no' a queste esibizioni muscolari, per questo ci asterremo su entrambe le proposte'', ha annunciato Melasecche, più volte contestato da Mantovani durante il suo intervento. "Fascista non mi interrompere" intima più volte un iracondo Melasecche verso il collega Mantovani. Un Mantovani che, perfidamente, mentre Melasecche parla dei valori dell'Udc e di ciò che la distingue dal Pdl, urla malignamente al collega: "Se non ti hanno candidato alla Camera i valori non c'entrano niente". Condividi