di Roberto Musacchio.

Il Manifesto del 10.04.2018 anticipa il lungo editoriale con cui D'Alema su italiani europei fa la sua riflessione sul voto e rilancia Leu come motore di un nuovo centrosinistra.Il testo è articolato e anche con qualche spunto interessante come la lettura del voto italiano incrociato alla questione europea e alla crisi dei soggetti che hanno sostenuto le politiche di questi anni. Colpisce il non rispondere per nulla a quanto scritto da Rossanda pochi giorni fa in merito alla resa del Pci rispetto all'89. Qui il vuoto è clamoroso e rende le basi di ripartenza inconsistenti. La globalizzazione, che ora anche D'Alema riconosce essere stata magnificata da sinistra (ma di sé tace) nasce come lotta di classe rovesciata e si afferma anche per il disarmo di una sinistra che correva sul carro dei vincitori invece che farsi carico delle proprie sconfitte. La resa del Pci fu fatta su due elementi. Il mondo sta cambiando. Dobbiamo andare al governo. Trasformando ciò che era un grande partito in una nomenclatura a disposizione della governance e poi rifiutata da quello che era stato il suo popolo. In questo quadro anche l'Europa reale, quella della Ue dei trattati liberisti e che nega la democrazia non è solo una politica ma una rottura col compromesso sociale e democratico europeo. Eppure Berlinguer aveva visto bene alcuni passaggi come sulla scala mobile e la nuova questione morale rilanciando l'identità del Pci. Non così Occhetto e neanche D'Alema che infatti finisce col trattare i cinquestelle come fece con la Lega costola della sinistra e col rilanciare il ruolo centrale del governo, come se i cinquestelle e la Lega avessero vinto per questo, e dunque ancora una volta il centrosinistra. Un testo deludente che conferma l'incapacità di fare i conti con il passato per proporre un futuro diverso.

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