di Alfonso Gianni.

Eleggendo Roberto Fico a Presidente della Camera, Di Maio cerca di acquietare un suo potenziale rivale. Mossa prevedibile ma in sé non banale. I 5stelle mostrano di essere meno naif di quello che hanno fin qui voluto fare credere. I giochi di palazzo non gli sono sconosciuti. Dal canto suo Fico non ha davvero fatto un grande discorso di insediamento. Si può apprezzare il richiamo alla lotta contro il nazifascismo e alle Fosse Ardeatine, per altri scontato, ma importante detto da lui. Il resto è meno che rituale. Tutti i Presidenti proclamano la centralità del Parlamento e "avvertono" il governo a non esagerare nei decreti legge. Di più Fico ci ha messo il richiamo alle leggi di iniziativa popolare. Ma era un atto obbligato in quanto la recente riforma del Senato, richiamata più volte nel suo discorso, aveva - ed è l'unico punto positivo in una pessima modifica del regolamento - già inserito l'obbligo entro tre mesi dalla presentazione di discutere le leggi di iniziativa popolare. Il che è certamente importante per chi, come il Comitato per la Difesa Costituzionale, sta raccogliendo firme per una legge elettorale proporzionale, per cancellare il pareggio di bilancio dalla Costituzione, per abrogare la "buona scuola". Naturalmente il neopresidente ha insistito sui tagli alle spese della politica. Detto questo il resto era ben poca cosa. Un discorso che si muoveva nel nulla; nessun riferimento alla situazione internazionale, dell'Europa ha ricordato solo il nome, la crisi economico-sociale è parsa non esistere, così l'incremento delle diseguaglianze, della povertà, della disoccupazione, della mancanza di futuro di una intera generazione. Il tutto è stato ridotto al fatto che "E' dall'individuo che bisogna ripartire". Ma un individuo socialmente indeterminato. Un discorso notarile, privo di spessore politico e di tensione sociale. La scialba fotografia di una classe dirigente non in grado di guidare un paese.

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