Non ho una gran passione per Piero Grasso né, in generale, per i magistrati in politica. Però ha fatto la campagna elettorale più onesta e meno paraculetta di tutti. E' un merito, o almeno dovrebbe esserlo, non una colpa.
Le gaffes sulle quali si sbellicano legioni di non disinteressati malignetti derivano tutte dal non aver capito, l'ingenuotto, che in Italia la campagna elettorale è una gara tra furbetti e illusionisti, e la verità va messa al bando.
Ieri ha detto che se ci sarà un governo del presidente per cambiare la legge elettorale, invece di votare a ripetizione con questa aspettando il miracolo, LeU lo appoggerà. Come è ovvio e sacrosanto.
Però non ha calibrato le parole, non ha subodorato la trappola di Vespa, non ha fatto gli scongiuri di prammatica al solo sentir nominare Berlusconi. Non ha capito che in Italia non conta quel che dici ma quel che riusciranno a far credere che hai detto. Dunque un buon politico deve dire il meno possibile e se riesce a non dire proprio niente è meglio.
Aveva anche detto che la legge Fornero non si può cancellare con un tratto di penna. Lo sanno tutti e nessuno pensa davvero di farlo. Ma non sono mica nati ieri: sanno che promettere non costa niente. Tanto poi chi se ne frega: passata la festa, gabbato l'elettore.
Come frontman Grasso non ha brillato. Però la politica non è una gara tra prestigiatori dilettanti, peraltro di penoso livello. Se mettesse da parte trucchi e furbizie e recuperasse un po' di vituperata "ingenuità" sarebbe meglio per tutti.

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