di Claudio Riccio.

Il nostro è un paese alla rovescia: gli anziani sono costretti a lavorare fino a 67 anni e i 35enni, senza lavoro o sottopagati, bloccati a casa con i genitori, trattati come se fossero ancora dei ragazzini.

La riforma Fornero ha scaricato sui lavoratori e sulle lavoratrici i costi della crisi economica. Prevedendo un meccanismo di adeguamento dell'età pensionabile alla speranza di vita, la riforma Fornero costringerà milioni di lavoratori ad andare in pensione a 67 anni dal 2019. 
La progressione sarà inesorabile e con l’aumentare dell’aspettativa di vita continuerà ad aumentare l’età pensionabile se non si faranno scelte drasticamente diverse. O dobbiamo forse aspettare che diminuisca l’aspettativa di vita degli italiani? 
Possiamo forse accettare in silenzio che un autotrasportatore 63 enne sia costretto a continuare a lavorare ancora diversi anni, percorrendo migliaia di chilometri al mese, perché il suo lavoro non è considerato usurante da una legge assurda e da spazzar via.

Il jobs act, è stato il motore di quel processo di precarizzazione che sta sempre di più privando intere generazioni di qualunque garanzia di futuro.
Nel 2016 sono 1milione 467mila i disoccupati di 15-34 anni, a cui si aggiungono 1milione 216mila inattivi che non cercano attivamente lavoro ma sarebbero immediatamente disponibili a lavorare. Il dato ancor più preoccupante è quello relativo ai NEET: sono 3milioni 277mila i giovani di 15-34 anni che non studiano, non lavorano e non sono inseriti in percorsi di inserimento lavorativo. Sempre nello stesso anno 1milione 344mila occupati hanno 60-64anni, ma solo 245.807 sono i pensionamenti per vecchiaia o anzianità. Un enorme esercito di lavoratori e disoccupati che ha bisogno che cambi tutto. Davvero.

Noi ci scherziamo, facciamo battute su questa assurda consapevolezza che non avremo mai una pensione. Ma non c’è nulla da ridere davanti a questa amarissima situazione. Costretti a lavori saltuari e poveri e senza un'adeguata copertura contributiva ci ritroveremo privi di una pensione che sia anche solo lontanamente sufficiente a campare. 
A noi partite iva viene detto costantemente “fatti una pensione integrativa!” come se una “categoria” con un reddito medio di 715 € al mese una volta pagato l’affitto e fatta la spesa, con l’ansia della gestione separata, potesse permettersi anche di pagare una pensione integrativa.
Davanti a un sistema contributivo senza adeguati correttivi solidaristici, con un mercato del lavoro precario e discontinuo, dinanzi all’enorme questione salariale è inevitabile che le pensioni siano da fame o inesistenti.

Magari il problema fosse limitato ad una pessima riforma delle pensioni. Il problema delle pensioni è “semplicemente” conseguenza di quel che accade nel mondo del lavoro. Il problema è strutturale ed è frutto di anni di compressione salariale, competizione al ribasso e politiche di austerità che hanno scaricato tutti i costi sui più deboli.

Sulle pensioni si dibatte molto per slogan e come sempre dibattere per slogan non mi interessa. Il punto è uno: serve fare in Parlamento una battaglia per cambiare drasticamente il mondo del lavoro e il sistema pensionistico, che sono strettamente correlati. Per me la riforma Fornero va rivoltata come un calzino: io sarò in prima linea per farlo.

METTIAMO LE COSE A POSTO. Gli anziani devono poter godersi l’età del riposo e i giovani devono poter lavorare. Sulle pensioni bisogna tornare indietro, quel sistema va ribaltato. L’età pensionabile massima deve essere 65 anni per gli uomini e 61 per le donne, con particolare attenzione ai lavori usuranti che vanno ben oltre le categorie indicate dal governo in carica e lasciando margini di libertà di scelta individuale su quando smettere di lavorare, perché non siamo tutti uguali, non invecchiamo allo stesso modo, non abbiamo le stesse esigenze e gli stessi desideri. Serve inoltre una pensione di garanzia per coloro che hanno o hanno avuto carriere discontinue e bisogna assolutamente consentire il riscatto degli anni di laurea. Vogliamo continuità di reddito per chi non ha continuità di lavoro, mettere al bando il lavoro povero e non retribuito, rendere il contratto a tempo indeterminato a piene tutele la forma contrattuale normale e centrale, salvare generazioni escluse dal sistema di welfare nel nostro Paese. Insomma vogliamo cambiare tutto.
Nell’interesse dei molti che hanno poco, e non dei pochi che hanno tanto.

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