Il testo dell’accordo Stato-Regioni sul Piano casa (?!) non va affatto bene. Perché accetta l’indicazione berlusconiana dell’incentivo del 20% e afferma che le regioni possono promuovere ulteriori forme di incentivazione volumetrica. Tale incremento riguarderà le case unifamiliari o bifamiliari fino a 1000 m3, compresa l’edilizia non residenziale, ma, proprio in virtù dell’autonomia, le regioni potranno ampliare la possibilità di interevento ad altre tipologie.
Incrementi fino al 35% sono ammessi per edifici a destinazione residenziale che venissero demoliti e ricostruiti con finalità di miglioramento della qualità architettonica, dell’efficienza energetica e utilizzo di fonti energetiche rinnovabili. Non è chiaro se i tre criteri siano necessariamente concorrenti o se ne basti uno. Gli interventi non possono riferirsi a “edifici abusivi”. Il riferimento è equivoco: un intervento condonato può godere delle possibilità di ampliamento? Sembra di sì, così edifici costruiti non regolarmente e sanati, con pochi euro, ora godono anche di un premio.
Condividiamo, invece, le osservazioni della Presidente Maria Rita Lorenzetti quando avverte la necessità di inserire la progettazione antisismica degli edifici e di incentivi fiscali per sostenere gli interventi di adeguamento.
Tale accordo è tutto teso a salvaguardare le prerogative regionali, calpestate dal governo, in tema urbanistico, ma non guarda alla sostanza.
Stefano Vinti
Presidente gruppo regionale Prc
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