L'AQUILA - L'Ospedale "San Salvatore", costruito nell'arco di 28 anni e ciostato in tutto 200 miliardi delle vecchie lire, si è in gran parte miseramente accartocciato su se stesso lo scorso 6 aprile, tanto che è stato completamente evacuato. Ferito a morte da una scossa sismica che, come è stato ripetuto all'infinito, in Giappone non avrebbe provocato il crollo nemmeno di un edificio.
Eppure era stato ritenuto sicuro, perché eretto nel pieno rispetto delle norme antisismiche. Invece come hanno constatato nei giorni scorsi i tecnici che lo hanno ispezionato, un numero impressionante di pilastri in cemento armato "si sono sbriciolati come fossero fatti di polistirolo", mettendo a nudo ferri rugginosi e non ancorati fra loro come le più moderne tecniche costruttive raccomandano.
Uno schifo, "questa robaccia qui si sarebbero vergognati a costruirla anche nel 1700..." hanno osservato sgomenti i tecnici inviati per il sopralluogo.
Perché è accaduto questo? L'inviato di Repubblica Carlo Bonini è riuscito a mettere le mani sulla relazione di collaudo del 1980, un centinaio di pagine illuminanti a tale riguardo, redatte dall'ingegnere Giorgio Innamorati, dall'architetto Luciano Rocco e dal dottor Giuseppe Isernia che si dice sia un geologo, i quali certificano - come scrive Bonini - che
"il primo e secondo lotto del 'San Salvatore' stanno in piedi e, soprattutto, stanno in piedi a dovere. E' una lettura utile. Per quello che dice e per quello che non dice. Per la apparente facilità con cui fondazioni, qualità del cemento e dell'acciaio vengono certificate come di 'buona fattura'. Per qualche nome e cognome che nel documento viene annotato e che consente di cominciare a dare delle prime paternità a un falansterio che dal giorno del terremoto sembra improvvisamente non averne alcuna".
Ne riportiamo ampi stralci per doverosa informazione dei nostri lettori.
"L'intero complesso edilizio ricade in zona sismica di seconda categoria (con il tempo l'Aquila diventerà zona di prima categoria ndr.) (...) I calcoli delle strutture in cemento armato sono stati eseguiti dall'ingegner Gaspare Squadrilli, iscritto all'albo della provincia di Roma, le indagini geognostiche dalla ditta "R. Rosoni palificazioni e sondaggi" de l'Aquila (...) Ingegnere capo per i lavori è stato nominato l'ingegnere Vincenzo Rossetti con delibera del cda della Cassa per il Mezzogiorno il 15 aprile 1977; la direzione dei lavori è stata affidata al professor Marcello Vittorini con identica delibera della Cassa per il Mezzogiorno (...) L'esecuzione dei lavori è stata affidata a trattativa privata all'impresa "Antonio Pascali" da Galatina (Lecce)".
Il terreno su cui viene piantato il "san Salvatore" è, fino a 11 metri di profondità, una lingua di argilla, ghiaia e sabbia. Oltre quella soglia, uno zoccolo di calcare. La scelta è di costruire con "fondazione dirette". Dunque, che poggiano direttamente sul terreno. Prive di pali che le ancorino in profondità. E' una scelta corretta?
I collaudatori non affrontano la questione. Ma fanno qualcosa di più. Scrivono di "non aver ritenuto di esperire saggi in profondità", perché è stato sufficiente "ispezionare" i locali interrati dell'ospedale. Certo, ammettono che "esistono parti delle fondazioni, non più accessibili" e, dunque "non controllate" durante il collaudo. Ma su queste - annotano - "la Direzione dei Lavori ha fornito assicurazioni in merito alla regolare esecuzione".
Sulla parola della Direzione dei Lavori, i collaudatori fanno pieno affidamento anche quando si tratta di affrontare la qualità dei materiali. Forse dovrebbe dare da pensare il fatto che l'impresa appaltatrice (la "Antonio Pascali") era andata a carte quarantotto nel giugno del '79. Che per quel botto ne era nata una controversia con i committenti della Cassa del Mezzogiorno. E' un fatto, però, che quanto fatto sin lì in cantiere appare agli occhi della commissione di collaudo, "accettabile".
E' "accettabile", ad esempio, che i test di tenuta del cemento armato presentino, a quanto pare, un buco di certificazione. Si legge infatti nella relazione: "Per quanto riguarda le prove di rottura dei cubetti di calcestruzzo, la Direzione dei Lavori esibisce certificati rilasciati dal Laboratorio Prove dell'Università dell'Aquila del 3 giugno 1977, riferiti a campioni prelevati dal Delta Chirurgia (il reparto sale operatorie ndr.). La Direzione dei Lavori dichiara per altro che durante i lavori sono state prelevate terne di cubetti per ogni solaio e inviate dall'impresa per le prove al laboratorio sopra citato. Ma che, nonostante ripetuti solleciti, l'impresa non ha ancora provveduto a inviare alla Direzione dei Lavori i relativi certificati di rottura".
Non è dato sapere se quei certificati siano mai stati recuperati. E' un fatto che quel che avviene per le "prove di rottura dei cubetti di calcestruzzo" si ripete con "l'acciaio semiduro impiegato nelle strutture in cemento armato". Anche in questo caso, l'unico pezzo di carta mostrato ai collaudatori è il certificato di garanzia con cui la fabbrica ha licenziato, con un esame a campione, l'intera partita di acciaio da cui provengono i tondini utilizzati al "san Salvatore". "La Direzione dei Lavori - annotano laconicamente i collaudatori - provvederà ad esibire i certificati di calcestruzzo e del ferro".
Lo avrà fatto?!
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