barbaracicioni.jpg
di Isabella Rossi Roberto Spaccino è assolutamente capace di intendere e di volere. E’ questo l’unico punto dove le perizie dei medici ed esperti, citati sinora dalle parti, sembrano convergere con le tesi di Francesco Bruno, psichiatra e criminologo di fama televisiva, chiamato ieri a testimoniare dalla difesa di Roberto Spaccino. Per il resto, il professore, non potrebbe essere più “originalmente” distante da tutto, comprese le sue stesse dichiarazioni di due anni fa. Secondo l’ipotesi ricostruttiva del noto consulente quella notte del 24 maggio 2007 almeno due ladri si sarebbero introdotti nella villetta di Compignano. Non ladri esperti, ma ladri operai, ladri meccanici che già a gennaio, oltre ad una somma di denaro, avevano sottratto una cassetta di attrezzi dal garage della coppia. Tanto facile sarebbe stato quel bottino da spingere i due ladri a ripetere il furto. Questa volta però, contrariamente a quanto accaduto in precedenza, la signora avrebbe sentito dei rumori in casa e si sarebbe svegliata cogliendo i due malviventi in flagranza di reato. Per non svegliare i bambini Barbara non avrebbe urlato ma consegnato ai ladri le chiavi della cassaforte. Visto l’esiguo contenuto della stessa i due, a questo punto, si sarebbero molto alterati. Alla donna avrebbero intimato di rivelare altri nascondigli del denaro e questa, secondo Bruno, è la spiegazione del singolare stato in cui si trovavano i cassetti e gli armadi all’arrivo degli inquirenti. Ecco perchè alcuni cassetti rovistati e altri no. Ecco perché i gioielli e i preziosi, compresi quelli che si trovavano nella cassaforte aperta dai ladri, lasciati comodamente dove si trovavano. Barbara avrebbe depistato, per così dire, i ladri, che erano interessati solo al denaro e a niente altro, secondo il criminologo Bruno. Un po’ per stizza e un po’ per vendetta, quindi, i ladri avrebbero spinto la vittima a terra, assestandole forse anche un calcio alla testa. Barbara sarebbe così finita sul pavimento nell’esatta posizione dove si trovava all’arrivo degli inquirenti. Non ancora soddisfatti i ladri si sarebbero diretti, poi, in garage con la speranza di trovare lì quello che avevano già trovato l’altra volta: il denaro. Lacune e incongruenze smentiscono Bruno L’ipotesi del criminologo, ospite fisso di Bruno Vespa nelle numerosissime puntate dedicate al delitto di Cogne, non è solo una sfida alla ricostruzione fatta dal Ris e dalla criminologa Roberta Bruzzone, ma evidenzia alcune ingiustificabili “lacune” su elementi ormai da tempo agli atti del processo. E’ stato confermato che il denaro rubato durante il furto di gennaio non si trovava nel garage bensì in casa, nella borsa di Barbara. Un’assicurazione sui furti ha motivato l’altra versione resa ai carabinieri e successivamente smentita. Nessun motivo per recarsi in garage dunque. Del resto gli unici 50 euro che vi si trovavano, ha sottolineato l’avvocato Pietro Gigliotti che insieme all’avvocato Francesco Falcinelli assiste il padre di Barbara, non sono stati prelevati e nemmeno altri attrezzi che avrebbero potuto fare gola ai “ladri meccanici”. Altra grande incongruenza sullo stato della camicia da notte rosa. Secondo Bruno, la camicia da notte rosa, su cui poggiava la testa di Barbara si sarebbe trovata già sul pavimento durante la caduta della donna. Ma oltre ad essere stata piegata, per creare spessore, la camicia da notte rosa evidenzia, in punti differenti, macchie di sangue sia provenienti dal cranio di Barbara sia dal pavimento sottostante. Impossibile, dunque, che si trovasse già lì. Incalzato dalla richiesta del Pm di fornire una spiegazione a questa circostanza il professore ipotizza uno spostamento di Barbara, già bocconi per terra, fino a ricoprire la macchia di sangue. Spostamento alquanto improbabile vista la singolare posizione del braccio sinistro in torsione, con il dorso della mano sul pavimento. Anche sulla posizione del braccio destro di Barbara il professore ha una diversa ipotesi. Si sarebbe trovato piegato sotto il ventre. Qui lo smentisce la deposizione dell’infermiera del 118, la prima che vide il corpo della vittima, il braccio era lungo il corpo. Infine il cuscino. Non sarebbe stato usato per soffocare Barbara. La donna l’avrebbe usato per “soffocarsi le grida e proteggersi e nascondersi dal marito come era solita fare durante le scaramucce coniugali”. L’asfissia causa della sua morte sarebbe stata provocata involontariamente dal ladro durante lo strozzamento, volto ad intimidire la malcapitata madre, all’ottavo mese di gravidanza e dalla caduta della stessa a terra. E il comportamento di Roberto in tutto questo? vuole saper il Pm. Il consulente conferma la versione dell'imputato. Invece quelle dichiarazioni, rese a pochi giorni dall'omicidio al "Giornale dell'Umbria", le disconosce il professore. Nelle due interviste, del 28 e del 30 maggio 2007, non solo sottolineava l'alta probabilità statistica che ad uccidere una gestante sia il marito o il compagno, ma aveva ipotizzato che Roberto avesse "una personalità abnorme e paranoica" e potesse essere il probabile autore dell'omicidio di sua moglie. Condividi