di Salvatore Settis

Le elezioni sono domani, e sul fronte cultura nessuno dei (non-)sedicenti partiti dà indizi di averci mai pensato seriamente. Pertanto la wish list per il 2018 vale più o meno come una lettera a Babbo Natale.

Primo punto, attuare la Costituzione (artt. 9, 21, 33, 34) integrando scuola, ricerca, università, tutela del patrimonio culturale e dei paesaggi in un progetto finalizzato alla “pari dignità sociale” dei cittadini (art. 3). Ergo, intendere la spesa pubblica su questi fronti come un investimento e non uno spreco: che vuol dire raddoppiare i fondi ai ministeri-chiave e garantire immediate, massicce assunzioni per merito.

Secondo, fondere i ministeri dell’Ambiente e dei Beni culturali, ripensando radicalmente la burocratica riforma Franceschini alla luce dell’unità e contestualità fra patrimonio e territorio.

Terzo, riportare il merito e l’autonomia al centro delle politiche universitarie oggi soffocate da mortificanti e perseveranti tagli di bilancio.

Quarto, ridare alla scuola la funzione primaria di formazione di cittadini consapevoli, e non di “competenti” esecutori.

Infine: lanciare un grande progetto nazionale su questi temi, e su tale base trovare le risorse riducendo subito l’enorme evasione fiscale (la terza al mondo dopo Messico e Turchia).

Il prossimo inquilino di Palazzo Chigi troverà un’ora per pensarci su?

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