di
Eugenio Pierucci
Non ne possiamo più e abbiamo deciso di dire basta. Basta al buonismo imperante che ha sin qui offuscato le vere dimensioni della tragedia che si è rovesciata sulle incolpevoli popolazioni d’Abruzzo! Basta con il ”volemose bene” e lo smettiamo di litigare per il bene di questa povera gente! Basta con le cifre ballerine del disastro comunicate a singhiozzo a seconda delle esigenze di un premier che ha scelto anche il fronte del sisma per rivestire le penne del pavone! Basta con il giornalismo servile che ne riporta pedissequamente i proclami senza andare minimamente a guardare come stanno realmente le cose! Diciamo basta a tutto questo, rompiamo il fronte della ipocrisia che ci sommerge e cominciamo a farlo ora che è da poco terminata la triste cerimonia di Stato con la quale si sono volute onorare le vittime del sisma e che è stata occasione per una ennesima parata di personalità più o meno importanti. Non abbiamo voluto farlo prima come segno di rispetto per chi ha perduto la vita, ma ora non ne possiamo proprio più ed è ora che si mettano a nudo i nostri sentimenti.
La Protezione civile
Cominciamo sfatando il luogo comune che quella italiana è la migliore protezione civile d’Europa. Se così fosse, allora negli altri Paesi del vecchio continente sarebbero messi proprio male.
Non vogliamo certo gettare le pietre sulle migliaia di volontari che anche in queste ore si prodigano con grande abnegazione per lenire le sofferenze di chi ha perduto tutto, cose ed affetti. Li ringraziamo e ci vergogniamo per non essere anche noi al loro fianco e lo avremmo fatto sicuramente se l’età e la salute ce l’avesse permesso. Ma non saremo altrettanto teneri su chi li dirige dall’alto, al sicuro in ambienti senz’altro confortevoli.
La prima considerazione è questa: il sisma che ha devastato L’Aquila e la sua provincia non è giunto inatteso. La terra tremava da mesi, con scosse anche forti, tali da spaventare i cittadini. Ieri un nostro lettore ci ha trasmesso un documento assai inquietante: una scheda nella quale erano riportati tutti i sismi che si sono susseguiti in quell’area da gennaio ad oggi, ma nessuno ha tenuto conto di ciò, anche se una persona, un tecnico che lavora nel laboratorio costruito all’interno del Gran Sasso era giunto alla conclusione che il disastro era ormai alle porte. Ebbene, non solo non è stato preso sul serio, ma lo hanno deriso e addirittura denunciato per procurato allarme, un allarme che, se fosse stato preso sul serio avrebbe salvato tante vite.
Continuano a ripeterci che i terremoti non sono prevedibili, per cui non si possono evacuare intere popolazioni non sapendo con precisione dove e quando colpiranno. E forse è così, ma questa osservazione non li giustifica del tutto: che si stesse preparando qualcosa di brutto doveva essere evidente soprattutto agli
esperti che avevano quanto meno il dovere di allertare la popolazione, di renderla partecipe del rischio così che ognuno, anche individualmente, potesse decidere se era il caso di correrlo o no.
E poi, perché non sono state adottate quelle misure minime che una Protezione civile degna di questo nome ha il dovere di considerare? Quali?
Non diciamo l’evacuazione, ma che almeno la preparazione preventiva di aree di soccorso munite di tende ed attrezzature necessarie per i primi interventi di soccorso, così da evitarci il triste spettacolo di tanti poveri disperati che con la sola forza delle braccia cercavano, togliendo mattone dopo mattone, di estrarre qualche persona rimasta sepolta sotto le macerie.
In sostanza, se non era proprio possibile allontanare tutta la popolazione da quei luoghi, si doveva per lo meno provare ad avvicinare loro le squadre di soccorso, per non dover attendere la mattina dopo che le prime scarse colonne si mettessero in moto da Roma o da altre località più o meno lontane dello stivale.
Seconda considerazione: un’efficace Protezione civile la si fà cercando di prevenire i disastri, quanto meno per ridurne gli effetti, Si dice che una scossa come quella che ha devastato L’Aquila in Giappone non avrebbe causato nessun morto, ed è vero perché in quel Paese si fà del tutto per evitare che cadano giù anche i grattacieli, figuriamoci gli edifici meno alti. Questo perché le regole fissate dalla normativa antisismica nipponica per costruire sono assai rigide e a nessun disonesto imprenditore è dato di non osservarle. A L’Aquila, invece, è crollato un ospedale nuovissimo, come pure è crollata la casa dello studente, anch’essa di recente costruzione, come pure la Prefettura che avrebbe dovuto essere il fulcro attorno al quale organizzare tutte le operazioni di soccorso. Questo perché qualcuno ci ha speculato sopra tant’è che si sono scoperte colonne portanti che erano state riempite non con cemento e ferro, come dovrebbe essere, bensì con semplice sabbia marina. Un materiale che per arrivare a L’Aquila ha percorso, in senso inverso, lo stesso itinerario che nei giorni passati hanno percorso le migliaia di sfollati che hanno trovato rifugio negli alberghi del litorale adriatico.
E sapete qual è l’impresa che ha realizzato l’ospedale così miseramente crollato? L’Impregilo, la stessa alla quale è stata affidata la costruzione del
mirabile ponte sullo Stretto di Messina. Stiamo per davvero messi bene!
Le cifre ballerine
In questi giorni il governo e il premier Berlusconi in particolare ci hanno fornito cifre per davvero incredibili sugli effetti del sisma, tanto per dimostrare che l’intera operazione di soccorso stava procedendo nel migliore dei modi. Cifra così spudoratamente false che avrebbero dovuto far nascere qualche sospetto anche ai più sprovveduti e che invece sono state prese per buone non solo dagli avversari politici, ma anche da quelli che si considerano grandi giornalisti che anziché fornire una informazione seria e documentata si sono sdraiati davanti a Sua Maestà.
Prendiamo, per esempio, quelle sugli sfollati. Chi ha buona memoria si ricorderà che il primo numero lanciato da Berlusconi nel corso di una delle tante conferenze stampa tenute sul “campo di battaglia”, era di 15.000 in totale, per cui, annunciando nel medesimo tempo che erano state allestite tende per accoglierne 14.000 si ricavava l’impressione di una grande efficienza della macchina dei soccorsi.
Ebbene, nessuno si è azzardato a fare qualche conto, quegli stessi semplici conti che facciamo ora.
La popolazione dell’Aquila, come è stato detto e ridetto, è di circa 70 mila abitanti che, con i residenti nei Comuni vicini, anch’essi fortemente colpiti da sisma, ed i tanti studenti fuori sede, sale a circa 100 mila unità. Allora, ci domandiamo, se gli sfollati erano solo 15mila e quasi tutti sistemati nelle tende, gli altri 85 mila dove stavano? E’ credibile che con quel po’ po’ di caos che gli era scoppiato attorno e dopo lo spavento vissuto fossero tutti a riposare nei loro letti o, come è più probabile, avevano invece passato la notte all’addiaccio, riparandosi dentro le macchine, quelle non distrutte dal terremoto, o in rifugi di fortuna?
Poi, il numero dei senza casa è inspiegabilmente lievitato nei giorni successivi, man mano che venivano montate nuove tende, così da poter sempre sostenere che la gran parte di loro aveva trovato sistemazione, fino ad arrivare alla cifra attuale di 30 mila. Ma ancora non ci siano, perché all’appello ne mancano ancora 70 mila e nessuno sa dirci che fine abbiano fatto. Almeno fino a ieri sera, quando l’
incosciente sindaco di un Comune del circondario de L’Aquila ha rotto il silenzio dichiarando che c’erano ancora moltissime persone che non avevano un posto dove dormire. Una dichiarazione davvero azzardata visti i tempi, tanto che è difficile trovarne traccia sui principali quotidiani italiani, figuriamoci nei Tg controllati, direttamente o indirettamente, dal Cavaliere.
Altre considerazioni del genere potremmo farle sul numero dei campi e sulla loro gestione: anche a questo riguardo Berlusconi non è stato avaro di cifre soprattutto per i pasti erogati. Come se tutta queste cose fossero farina del suo sacco, quindi attribuendosi meriti che sono di altri, soprattutto delle Regioni all’apporto delle quali non ha mai fatto cenno.
Prendiamo il caso dell’Umbria. La nostra Protezione civile, che conta ormai sull’apporto di circa 200 volontari, gestisce in piena autonomia il più grande di questi campi, quello di Paganica che accoglie ben 4 mila sfollati, assicurando loro pasti caldi a sufficienza. E nello stesso modo, come ci risulta, stanno agendo tutte le altre Regioni italiane, Non è dunque il governo che provvede ai soccorsi e del resto neppure lo potrebbe fare, vista la miseria che ha sin qui stanziato per far fronte alle primissime necessità
L’informazione radiotelevisiva
Come se non bastasse a peggiorare le cose ci si è messo il pessimo servizio reso, salvo rare eccezioni, dalle emittenti radiotelevisive, tanto quelle pubbliche che quelle private. E non ci riferiamo tanto ai notiziari, sui quali abbiamo pure qualche cosa da ridire, quanto agli “spettacoli” messi su da firme un tempo considerate prestigiose e che hanno vendutola loro dignità in cambio di un contratto a sei zero arrotondato da innumerevoli comparsate in altri spettacoli di intrattenimento come esperti di ogni cosa: dal ballo, alle canzonette e via dicendo.
A questo riguardo va detto che ognuna di queste cosiddette trasmissioni di approfondimento ha spedito una sua squadra di giornalisti e tecnici in Abruzzo, in aggiunta a quelle dei giornali radio e dei Tg. Per fare cosa? C’era da aspettarsi un arricchimento dell’informazione, invece si limitano a riportare fino noia le notizie già diramate abbondantemente dalle agenzie di stampa e nessuno novità neppure per quanto riguarda le riprese visto che in genere i diversi collegamenti si limitano all’inquadratura del giornalista di turno intento a svolgere il suo compitino e le rarissime immagini del terremoto le ricavano da filmati ripresi con i telefonini ceduti loro dagli autori a chissà quale prezzo.
Per non parlare poi degli
eccelsi ospiti in studio e delle ovvietà che ripetono con grande faccia tosta e con l’unico impegno a non disturbare neanche loro il manovratore.
Avremmo anche altre cose da dire, ma già questo è troppo e per ora la finiamo qui.
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