di Nicola Bossi
Si cerca di tornare ad uno stato minimo di normalità: almeno a quello stadio dove piccole esigenze di varia natura si possono acquistare senza fare la fila alle tendopoli della città. La metà dei grandi supermercati hanno ricominciato a lavorare. La conduzione - per via degli sfollati e feriti - è bassa quasi a ritmo familiare. Ma qualcosa si compra: soprattutto vestiti, biancheria, scatolame vario. La gente ha pochi soldi in tasca:la maggior parte è rimasta nelle case diroccate e l'altra parte - soprattutto dei più giovani - è ferma nelle banche i cui bancomat sono completamente inaccessibili oppure bloccati. Soltanto alcuni sportelli di una Cassa del Risparmio locale ha riaperto l'accesso ai denari dei cittadini. Nelle frazioni niente di tutti questi servizi sono accessibili agli sfollati. Lì c'era poco prima, non c'è rimasto nulla ora: tutto dipendeva dalla pancia del capoluogo. Tabaccai e caffè espresso da bar sono rarità ancora: si trovano soltanto in periferia o in direzione del campo di rugby. Di forni attivi soltanto due, ma da pochissimo si è ricominciato a riprodurre pane locale. Insomma l'Aquila lentamente sta tornando ad avere servizi fondamentali - l'acquedotto funziona a zone - per i suo figli. Poche luci in mezzo ad infinito buio.
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