unicredit banca.jpg
PERUGIA - “Fatta la legge, trovato l’inganno”. Per tacitare le critiche rivolte al provvedimento adottato dal governo per aiutare la banche in crisi di liquidità e rispondendo soprattutto a chi gli faceva notare che sarebbe stato forse meglio pensare prima alle difficoltà delle famiglie e di chi ha perso il posto di lavoro, l’ineffabile ministro Tremonti ha sostenuto che quel provvedimento andava incontro anche alle loro esigenze. Come? Tra i vari punti dell’accordo fra governo e istituti di credito – spiegava – c’era anche la clausola che impegnava le banche a sospendere alle famiglie in difficoltà il pagamento delle rate del mutuo, così da alleggerirle di un peso economico che era diventato insostenibile. Ma all’atto pratico questo impegno viene rispettato? Pare proprio di no, almeno stando alla segnalazione venutaci da un nostro lettore che, trovandosi in questa necessita si è rivolto alla sua banca (tanto per non fare nomi la “Unicredit Banca”) per usufruire di questa facoltà. Per tutta risposta si è sentito avanzare una curiosa richiesta: la presentazione, come documentazione, della dichiarazione del reddito relativa al 2007, visto che era stato posto come limite che questo reddito (complessivo fra gli intestatari del mutuo) non superasse i 25.000 euro lordi annui. Al riguardo il nostro lettore, che ringraziamo vivamente per la sua collaborazione (anzi, rivolgiamo appello a fare altrettanto anche altri che si trovassero nella medesima situazione), avanza due osservazioni assai pertinenti. La prima è che 25.000 euro lordi annui equivalgono “a circa 1400 euro netti al mese su 14 mensilità con due figli minori a carico”, ed è improbabile che una banca abbia mai concesso di accedere a un mutuo a chi si presume non le fornisse garanzie più che sufficienti sul pagamento delle rate relative. Ergo, già questa semplice clausola esclude in toto i mutuanti dal godimento di questo diritto. Ma c’è di più (ed è questa la seconda osservazione), perché, anche ammesso che qualcuno sia riuscito comunque a superare le “forche caudine” imposte dal sistema bancario italiano per la concessione dei mutui, perché mai a chi ha perso il lavoro nel 2008 (la crisi economica ed i relativi licenziamenti in massa sono iniziati soprattutto nell’anno in corso) e chiede di essere aiutato a superare questa momentanea (si spera) difficoltà, viene chiesto di produrre la dichiarazione del reddito relativa al 2007, ovvero di quando un lavoro ancora ce l’aveva ed anche, appunto, il reddito sufficiente per far fronte ai suoi impegni? La conclusione è una sola: l’uscita di Tremonti non era altro che l’ennesima beffa giocata da questo governo ai danni dei più deboli. E di questo non avevamo nessun dubbio. Ora la domanda è: Che fare? Lasciar perdere arrendendosi anche a questa ulteriore prepotenza, oppure reagire tutti insieme e con una forza tale da far ingoiare il rospo a chi vorrebbe farcelo mangiare? Noi propendiamo per quest’ultima soluzione e ci appelliamo in particolare ai sindacati perché si facciano sentire anche loro. Ma non solo, perché anche le pubbliche istituzioni che del resto impegni anche importanti hanno già adottato per andare incontro alle esigenze dei più deboli, hanno, a nostro parere, un ruolo da svolgere al riguardo: hanno tanti e tali rapporti con il sistema bancario regionale che un loro forte richiamo probabilmente non passerebbe inosservato, tanto più se accompagnato dalla minaccia di una sorta di “quarantena” per chi si ostinasse a fare il furbo. Questo è assolutamente necessario per ristabilire un minimo di giustizia sociale, non si può andare avanti solo di collette. Condividi