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PERUGIA - La Giunta regionale dell’Umbria, su proposta dell’Assessore all’ambiente Lamberto Bottini, ha approvato in via definitiva il nuovo Piano Funistico Venatorio Regionale, che ora passa all’esame del Consiglio. Il completamento del Piano è frutto di un accurato lavoro svolto nel corso degli anni dalla Regione. Esso rappresenta lo strumento principale di programmazione istituzionale nel settore faunistico – venatorio. Il PFVR fa riferimento alle linee guida definite dal Consiglio regionale dell’Umbria già nel 1983, quando furono delineati i compiti di “indirizzo” spettanti alla Regione, e il ruolo “operativo di programmazione” delle Province. Il percorso “evolutivo” è proseguito con l’adozione del successivo Piano del 1996, che ha individuato i criteri di pianificazione per rispondere all’esigenza delle nuove normative operanti in materia, e alle aumentate conoscenze scientifiche acquisite nel periodo compreso tra la stesura dei due Piani (1983-1996). Ora, confermando i validi contenuti espressi nei precedenti Piani, la Regione Umbria ha provveduto ad aggiornare e completare il PFVR, facendo riferimento alla nuova legislazione regionale e nazionale ed avvalendosi delle nuove basi conoscitive del territorio regionale. Una attività efficace e puntigliosa è stata svolta dall’Osservatorio Faunistico Regionale, come struttura di riferimento, coordinamento ed elaborazione dei dati acquisiti. Il primo punto “focale” a cui si fa riferimento nel PFVR, è il nuovo criterio di determinazione della superficie agro-silvo-pastorale (SASP). A differenza del precedente Piano, la SASP è calcolata sulla base dell’effettiva superficie delle aree edificate rilevate mediante digitalizzazione a schermo in scala 1:5000, sulla base delle ortofotocarte del Voloitalia 2001. Questa metodologia, opportunamente corretta, ha portato all’individuazione di una classificazione Asp del territorio da un punto di vista congiunto ambientale e faunistico. Ciò ha determinato che zone non considerabili come prettamente agricole o silvicole o forestali (es. aree umide o lacustri), vengano comunque computate a causa della loro notevole valenza faunistica, ritenendo pertinente in tal senso indicare la superficie Asp così valutata, come superficie di pianificazione venatoria. Da tale superficie devono essere escluse le aree urbane o quelle fortemente antropizzate, applicando un “principio di antropizzazione”, in modo da non calcolare tutte le aree interconnesse con attività antropiche di notevole impatto e disturbo nei confronti della fauna selvatica (es.: vie di comunicazione con flusso intenso di veicoli e zone ad elevata densità abitativa). Questi territori infatti, devono essere considerati come non fruibili ai fini di una idonea pianificazione faunistico – venatoria, poiché hanno valenza molto bassa o nulla sia dal punto di vista ambientale che faunistico. Un altro punto ben definito nel Piano, riguarda la precisazione del concetto di territorio protetto sul quale basare il calcolo e la ripartizione percentuale delle superfici previste dalle vigenti normative tra i vari istituti. Si stabiliscono poi il ruolo e le competenze delle Province nella loro attività di pianificazione degli ambiti territoriali protetti (istituzione, distribuzione, dimensioni ecc.) che deve essere costantemente aggiornata e trasmessa all’Osservatorio faunistico regionale in via informatica. Ciò è opportuno per avere un archivio cartografico di riferimento sempre aggiornato che permetta di controllare la situazione reale del territorio. Nel piano si da grande rilevanza anche ai criteri di classificazione degli allevamenti da utilizzare a scopo di ripopolamento. Vengono infatti definiti i requisiti minimi ed i parametri essenziali per un corretto allevamento della fauna selvatica, con particolare riguardo alla provenienza dei riproduttori, alla densità di allevamento e all’alimentazione dei capi. A tale proposito un allevamento può richiedere come riconoscimento un “certificato di qualità” di “Allevamento di selvaggina a scopo di ripopolamento corrispondente ai requisiti previsti dal PFVR”, se garantisce le condizioni richieste dal Piano faunistico stesso. Viene inoltre considerata la gestione della specie responsabile della maggior parte dei danni alle coltivazioni agricole, il cinghiale. Per ottimizzarne la gestione, si fissano i punti necessari per acquisire tutte le informazioni utili sulle popolazioni presenti sul territorio Regionale. In base a ciò vengono determinati gli interventi di gestione per il controllo demografico della specie, in modo da mantenerla in equilibrio con le risorse naturali e ad un livello tollerabile per l’agricoltura. Queste linee gestionali, fungono da indirizzo per l’avvenuta revisione del regolamento concernente il prelievo della specie cinghiale e la legge riguardante le modalità di indennizzo dei danni causati dalla fauna selvatica alle colture agricole. Gli obiettivi principali del PFVR sono incentrati sulla tutela e gestione della fauna selvatica sia di interesse venatorio che prettamente naturalistico, su tutto il territorio Regionale. Poiché una corretta gestione faunistica è strettamente connessa alla tutela o al ripristino di particolari tipi di vegetazione caratteristici del territorio, nel PFVR sono previsti anche interventi atti a fare in modo che ciò avvenga. Il piano è quindi caratterizzato da un’ evidente impronta scientifica, determinata dalla già citata attività svolta dall’Osservatorio faunistico regionale e rappresenta l’apice di un percorso mediato e dibattuto che ha ottenuto un vasto consenso sia da parte del mondo venatorio che di quello ambientalista. Condividi