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Vanda Scarpelli per gli psicologi Umbria Adulti e Minori Paola Giannelli (FP CGIL Umbria) (Segretario nazionale Sipp - Psicologo Penitenziario C.R. Spoleto) PERUGIA - Oltre ai precari “normali” esiste una categoria di lavoratori precari “stabili”. Sono gli psicologi penitenziari del settore Adulti e Minori che operano con contratti a termine presso il Ministero della Giustizia da 34 anni, in modo “stabilmente precario”. In Umbria sono 16 (tra cui un criminologo) distribuiti nei quattro istituti penitenziari, presso gli Uffici del Servizio Sociale e del Servizio Minorile. Una parte di essi, transitata dal 2003 al SSN, svolge il Servizio Tossicodipendenti in modo tuttora precario. L’anno 2009 è iniziato con un provvedimento del ministero della Giustizia che taglia, fino a rendere inconsistente, il servizio psicologico in carcere e addirittura sospende quello destinato ai Minori. Questo arreca un grave danno, sia a coloro che lavorano in condizioni di “inadempienza obbligata” a causa delle già scarse risorse, sia a servizi di fondamentale importanza perché finalizzati a dare valutazioni sulla personalità e/o pericolosità delle persone detenute e ad attivare processi psichici di riabilitazione. Poiché tali obiettivi sono legati, oltre che al contenimento del disagio psichico e alla gestione dei detenuti, alla riduzione della recidiva, svilire questi servizi non può non comportare serie ricadute su una reale tutela della sicurezza della collettività. La continua riduzione delle ore (in media 30% in tutti gli istituti d'Italia, compresa la nostra regione, con una presenza per ciascun esperto che varia da 10 a 30 ore mensili) ha portato il rapporto tra detenuti-operatori esperti a 1 su 854 rendendo impossibile un lavoro già complesso che riguarda sia le valutazioni sui soggetti che la loro assistenza. A tale proposito va rilevato che, nella attuale fase di transizione dell’assistenza psicologica dal Ministero della Giustizia al Servizio sanitario nazionale, si è creato un “vuoto” di assistenza, dato dalla impossibilità ad operare da parte di questi professionisti che l’hanno finora garantita e dovrebbero continuare a farlo. Non esistono peraltro, al momento, soluzioni alternative da parte delle aziende sanitarie e questo appare particolarmente allarmante data la richiesta del Ministero della Giustizia, di un monitoraggio straordinario atto a scongiurare gesti suicidari, com'è noto 21 volte più frequenti in carcere rispetto all'esterno. Attualmente anche alcune udienze del tribunale dei Minorenni sono state rinviate a causa della mancanza della relazione fornita dalla psicologa a cui è stato interrotto il rapporto di lavoro. Gli esperti, psicologi e criminologi, nel settore Adulti e Minori, hanno garantito per oltre trent'anni un servizio specialistico previsto dalla legge sull’Ordinamento Penitenziario, maturando nel tempo una preziosa ed insostituibile esperienza, offrendo una qualità di lavoro estremamente qualificato. La decisione di ridurre drasticamente gli interventi specialistici mirati all'osservazione e trattamento dei detenuti e dei soggetti in esecuzione penale esterna, è inaccettabile poiché alla luce di un contesto sociale di forte disagio, che invoca la certezza della pena e l'inasprimento delle pene, dovrebbe corrispondere un'azione più incisiva che faccia della detenzione un tempo e luogo di cambiamento e crescita della persona e prevenzione, non certo di rafforzamento del suo potenziale distruttivo. Dovrebbe altresì incrementare l’attenzione verso coloro che, adulti, ma soprattutto minori, usufruiscono delle misure alternative al carcere, per garantire il corretto andamento della misura stessa e la prevenzione della recidiva. L’Amministrazione offre un accordo di lavoro, “unilaterale” perché privo di tutele: assistenza per malattie, contributi pensionistici, ferie, retribuzione dignitosa, continuità e stabilità del rapporto: una condizione insomma di estrema fragilità professionale che non tutela noi come lavoratori e professionisti, né tutela la professionalità e il servizio per gli utenti. Pensiamo che sia arrivato il momento che il lungo viaggio a fianco dell’amministrazione penitenziaria giunga ad una meta contrattuale in cui le due parti abbiano parità di ascolto e venga data attenzione alle persone, alla peculiarità e utilità sociale del lavoro che svolgono da 34 anni in questo delicato ambito della giustizia, riconoscimento e tutela a professionalità altamente specialistiche. Chiediamo pertanto alla Dirigente del PRAP e dell’USM dell’Umbria, alla Regione, ai direttori degli Istituti Penitenziari di Perugia, Terni, Spoleto e Orvieto di farsi parte attiva al fine di contribuire a risolvere questa cronica situazione di precariato. Condividi