Sì alla riduzione alla fonte dei rifiuti, al raggiungimento del 65 per cento di differenziata nel 2013, alle premialità per ogni soggetto virtuoso. Qualche dubbio da parte dell’associazioni ambientaliste sulla chiusura, a trattamento termico,del ciclo. Per Confindustria e Confapi sarebbe opportuno pensare, per il trattamento finale, ai cementifici. Condivisione, quindi, qualche critica e proposte per il nuovo Piano regionale di gestione dei rifiuti, in discussione in Seconda Commissione e che, nel pomeriggio di oggi, a palazzo Cesaroni, ha ascoltato tutte le parti interessate: istituzioni, associazioni di categoria e ambientali. In apertura dell’audizione il presidente della Commissione, Franco Tomassoni ha sottolineato l’importanza dell’atto “per il futuro dell’Umbria. Non ci sono emergenze, - ha detto – ma è nostro compito pianificare questo delicato e strategico settore di grande impatto per la qualità della vita e del territorio”. Molti gli interventi che si sono susseguiti. Urbano Barelli (Italia nostra) “il percorso del terzo Piano regionale sui rifiuti non tiene conto della Direttiva comunitaria del novembre 2008 che prevede una nuova disciplina sulla gestione dei rifiuti e in particolare incentrata sulla costruzione e previsione della società del riciclaggio, cioè lo smaltimento non attraverso l’incenerimento. Il percorso di questo Piano non tiene conto delle indicazioni della Direttiva che entrerà in vigore il prossimo 12 dicembre 2010. Nella previsione del Piano non sono stati previsti protocolli di intesa che invece dovrebbero poter esprimere un parere vincolante. Nel settore dei rifiuti, se esiste conflittualità, dovrebbe essere interesse delle istituzioni instaurare un rapporto di fiducia con le parti interessate”. Lucio Riccio (Wwf Umbria-Perugia): “La raccolta differenziata è di grande importanza che vede tutti impegnati, cittadini e istituzioni, e quanto previsto nel Piano è meritevole di considerazione. Però abbiamo un dubbio e cioè, se riusciamo a raggiungere l’obiettivo del 65 per cento nel 2013, il restante 35 per cento, secondo esperienze già vissute, non rappresenterebbe sufficiente materiale combustibile per produrre energia. La nostra preoccupazione è che si dovrà quindi ricorrere a materiale ad alta combustibilità come la carta e in alcuni casi anche la plastica, materiale cioè riciclato. I cittadini però hanno il diritto di sapere dove andranno a finire le scorie prodotte, alcune delle quali ad alta pericolosità. Nel documento è prevista un’indennità ambientale per i Comuni, ma non è possibile barattare la qualità dell’ambiente con il denaro”. Daniela De Paolis (Confapi Umbria): “Si tratta di una proposta condivisibile nel merito e nel metodo che supera le criticità del vecchio Piano. Bene la riduzione alla fonte dei rifiuti, il recupero della materia e il raggiungimento di un equilibrato rapporto tra le diverse forme di trattamento e di smaltimento dei rifiuti urbani, con l’obiettivo dell’autosufficienza. La gestione dei rifiuti, più che un costo, deve rappresentare, per l’Umbria, una risorsa. Importante è l’applicazione di meccanismi di premialità a favore di quelle piccole e medie imprese che si sono attivate in percorsi virtuosi nello smaltimento dei rifiuti. Condividiamo anche i principi del passaggio da tassa a tariffa. Su questo, però, va considerato che il prelievo imposto ai cittadini, imprese e utenti di varia natura, per il finanziamento dei servizi di raccolta e trasporto dei rifiuti, comunque rappresenta una tassa. Il passaggio dalla tassa alla tariffa può funzionare se si punta ad incentivare l’efficienza dei soggetti gestori del servizio. Per questo chiediamo che la guardia rimanga particolarmente alta. Questo Piano può essere un’ottima occasione per mettere alla prova prestazione e sostenibilità di impianti industriali che sono già stati oggetto di mappatura. Inserire i cementifici tra gli impianti per lo smaltimento dei rifiuti rappresenta quindi un’opportunità”. Filippo Bargelli (Confcommercio Perugia): “Le tariffe rappresentano per le nostre imprese un punto particolarmente sensibile per quanto riguarda la gestione. In questo momento di transizione potrebbero essere alleviati problemi storici di alcune imprese del terziario, come alberghi ed esercizi pubblici che hanno un coefficiente di imposta (Tarsu) più alto di altre tipologie di imprese. Per quanto riguarda le imprese del commercio, nel caso in cui producano una quantità o qualità di rifiuti superiore a una determinata soglia devono affidarsi a un soggetto privato con la conseguenza di dover sostenere sia il costo della tariffa o della tassa oltre al costo del gestore privato. E’ chiaro che per queste imprese, che gravano sul sistema pubblico in misura minore, dovrebbero essere rivisti i parametri di imposta. Il passaggio dalla Tarsu alla Tia, dove è avvenuto in modo repentino, è risultato un profondo shock soprattutto per le microimprese. Chiedo, quindi, di verificare la possibilità di dare agli Ati dei parametri per passare in modo più graduale dalla Tarsu alla Tia. Per quanto riguarda l’attuazione dell’Osservatorio regionale, che svolge funzioni di supervisione, chiediamo che ne possano far parte anche le associazioni di settore”. Andrea Liberati (Legambiente Umbria): “A noi non è piaciuto che questo Piano abbia cominciato dalla coda, cioè dall’incenerimento finale del ciclo. In Umbria non serve il secondo inceneritore. Il Piano ha assunto, come priorità, la riduzione dei rifiuti, come del resto indica l’Europa, ma questo ci ha indotto ad alcune riflessioni e cioè: come è possibile conciliare questa riduzione dei rifiuti, assolutamente indispensabile, in presenza di uno smaltimento finale termico che per sua natura richiede un flusso continuo di rifiuti e che con le percentuali previste nel Piano non si raggiunge la sufficienza? A meno che sia pubblico e non si pensi alla redditività, ma qui nascono molti dubbi. Invito la Commissione, in merito allo smaltimento finale, a prendersi più tempo e fare incontri con i cittadini perché è una questione di democrazia e non è assolutamente una perdita di tempo. Si cominci con tutto quello che precede lo smaltimento finale. Diamoci due anni di tempo per fare in modo che la raccolta differenziata arrivi a quote rilevanti per poi decidere, insieme ai cittadini, il metodo di smaltimento finale più consono per l’Umbria. Esistono metodi di smaltimento finale più flessibili rispetto al quantitativo di materiale da bruciare”. Biagino Dell'Omo (Confindustria Umbria): “Siamo d'accordo con la riduzione della produzione, l'incremento della raccolta differenziata e la termovalorizzazione dei rifiuti residui. È importante però che questi obiettivi vengano raggiunti, al contrario di quanto avvenuto per il Piano passato. Siamo contrari al termovalorizzatore a Perugia: si tratta di una scelta inappropriata che non tiene conto delle esigenze ambientali e sociali. Sarebbe invece opportuno – almeno in via sperimentale -utilizzare il cdr per alimentare centrali elettriche e cementifici. Questa soluzione risolverebbe il problema delle ceneri, sarebbe di più rapida realizzazione e avrebbe dei costi minori non richiedendo la costruzione di nuovi impianti. Tutto questo dovrebbe naturalmente avvenire in parallelo con un rafforzamento dei controlli ambientali e con l'adeguamento delle tecnologie degli impianti esistenti”. Giuliano Corbucci (Italia Nostra): “Sarà necessario prevedere la concertazione e la partecipazione dei cittadini ai controlli sulla natura dei materiali che vengono bruciati nei termovalorizzatori. Nella discarica di Pietramelina sono state stoccate 25 milioni di tonnellate di rifiuti, che hanno causato la fuoriuscita di percolato e il conseguente inquinamento del terreno. Per questo la Gesenu è stata condannata. Il vero problema riguarda però i rifiuti speciali, che sono in quantità 7 volte superiore di quelli solidi urbani. Quindi la raccolta differenziata, anche in elevate percentuali, non risolve il problema. È necessario concentrarsi sulla salubrità degli impianti di smaltimento”. Claudio Ricciarelli (Cisl Perugia): “Condividiamo gli obiettivi prioritari del Piano. Riteniamo però necessario prevedere delle norme transitoria fino a quando gli Ati non saranno entrati a regime, dato che è proprio agli Ambiti territoriali integrati che spetterà un ruolo primario nella governance del Piano. Nella gestione degli impianti di termovalorizzazione sarebbe preferibile prevedere una presenza prevalente e un forte controllo da parte del pubblico, in modo da sorvegliare una parte del ciclo dei rifiuti che è la più ricca ma anche la più delicata. Opportuno infine favorire e incentivare l'aggregazione dei soggetti che gestiscono il ciclo dei rifiuti”. Renato Burri (Associazione Consumatori Utenti): “La raccolta differenziata e la termovalorizzazione dovrebbero essere affidate a due divisioni separate dell'azienda che se ne occuperà, affinché siano chiari i risultati delle due procedure. Dovranno esserci due bilanci separati ed andrebbe anche rivista la penale di 2 euro prevista per ogni chilo di rifiuti che non vengono differenziati, dato che il guadagno per la loro combustione è di circa 100 euro. In questo modo si rende più conveniente la termovalorizzazione rispetto al riciclaggio. I rifiuti tossici e pericolosi devono essere rintracciabili e deve essere possibili risalire all'azienda che li produce. Gran parte dei rifiuti speciali e pericolosi non possono neppure essere smaltiti nei termovalorizzatori ma devono essere inertizzati. I rifiuti che potrebbero essere bruciati sarebbero quindi meno di 400 mila tonnellate l'anno, rendendo così non economico l'esercizio dell'inceneritore”. Giovanni Vaccari Vitali (Provincia di Terni): “Molti sono i motivi di condivisione del Piano da parte della Provincia di Terni. Ci sono però alcuni punti che devono essere tenuti in considerazione: gli Ambiti devono essere autosufficienti nella gestione del ciclo rifiuti; gli impianti di incenerimento e le emissioni sul territorio ternano devono essere ridotti; le due Province dovranno poter contare su proprie strutture per la chiusura del ciclo dei rifiuti. La Provincia di Terni esclude l'ipotesi di riaccensione di vecchi impianti di termovalorizzazione e propone la riduzione di quelli esistenti e delle quantità da bruciare sul suo territorio. Solo se queste indicazioni verranno rispettate verranno firmati protocolli d'intesa per l'applicazione del Piano”. Francesco Brunelli (Ordine geologi): “I Comuni devono individuare i siti da bonificare e i luoghi di destinazione per i materiali di scavo ed studiare politiche informative a sostegno della riduzione della produzione dei rifiuti. Proponiamo di inserire anche gli ordini professionali tra i soggetti che partecipano alle campagna di informazione sul ciclo dei rifiuti e sulla loro riduzione. Andrebbe ridotta la percentuale di rifiuti differenziabili che possono essere conferiti in discarica e dovrebbero essere aggiunte delle specifiche sugli interventi di ripristino delle discariche da bonificare. Sarebbe opportuno riformulare l'articolo che riguarda l'utilizzo del materiale di sedimento dei fiumi, per evitare il rischio di prelievi in aree protette, e prevedere il riutilizzo di rocce e materiale di scavo non contaminato”. SCHEDA. Le fasi principali del Piano riguardano: la riduzione alla fonte della quantità e pericolosità di rifiuti; la raccolta differenziata finalizzata al riciclo, reimpiego e riutilizzo dei rifiuti; il recupero di materia e successivamente di energia dalla frazioni di rifiuto non altrimenti riciclabili o recuperabili; il trattamento e lo smaltimento finale attraverso impianti e tecnologie idonee a garantire il rispetto della salute umana e dell’ambiente. L’esercizio delle funzioni amministrative verrà ripartito tra Regione, Provincie, Comuni, Ati (Ambiti territoriali integrati) e Arpa (Agenzia regionale per la protezione dell’Ambiente. Nel Piano è prevista, comunque, l’istituzione di altri due organismi di supporto alle attività di programmazione, controllo e vigilanza: il Comitato di coordinamento per la gestione del Piano e l’Osservatorio regionale sulla produzione, raccolta, recupero, riciclo e smaltimento dei rifiuti. La Regione promuoverà iniziative e campagne di comunicazione e informazione al cittadino, finalizzate a fornire informazioni in ordine alla programmazione regionale di settore a alle conseguenti scelte operative. Il tutto al fine di promuovere comportamenti conformi alle esigenze di riduzione, riutilizzo, valorizzazione, recupero e smaltimento dei rifiuti. Gli Ati, in collaborazione con i Comuni, saranno chiamati all’attuazione di informazione e sensibilizzazione funzionali ai tipi di raccolta attivati in relazione agli impianti di recupero e smaltimento in esercizio. Condividi