di Isabella Rossi
Filippo Timi torna a Perugia. E lo fa in grande stile. Con un teatro Morlacchi, giovedì scorso straripante, e uno spettacolo di cui è autore insieme a Stefania De Santis: “Il popolo non ha il pane? Diamogli le brioche”.
Sin dalla prima scena l’Amleto di Timi rappresenta un’evoluzione dell’eroe romantico. La sua sensibilità ha raggiunto un moderno distacco in un primo focale punto: il rapporto con la sessualità. Uomo e donna, entrambi sono oggetto delle attenzioni erotiche del principe di Danimarca. Lo spettro che nell’Amleto shakespeariano ha le sembianze del defunto sovrano, qui è una lei ridanciana nascosta da un velo da odalisca. L’ambiguità sessuale diventa per Amleto un punto di partenza da cui osservare il mondo.
Il vero confronto, nell’esplorazione drammaturgica di Timi, non è con l’eredità del padre ma con i clichè del femminile. Sin dall’attricetta di provincia che nei primi minuti di spettacolo non fa la Marylin ma è Marylin -il suo stereotipo fatto carne-, una che sente che vincerà un oscar visto che “è riuscita miracolosamente a trovare un parcheggio sotto casa”, la provocazione è avviata.
Invano si dimena la cortigiana petomane nel tentativo di fare pace con il suo intestino. I suoi gas intestinali la possiedono per lunghissimi minuti costringendola ad involontari e rumorosi spostamenti a cospetto del principe seduto sul suo trono.
Ofelia (Paola Fresa), fragile ed eterea, non parla molto. Molto più è vittima di una passione. La sua morte, goticamente celebrata negli ultimi istanti di lotta tra l’istinto di sopravvivenza e il destino ormai segnato, lascerà il suo corpo morbido e duttile nelle mani di Amleto, sopraggiunto per caso e troppo tardi al cospetto della povera infelice.
L’attrice che racconta le sue sventure in costume di scena, indossa solo due cerotti neri sui seni e uno slip. Prima era una studiosa di chimica organica, poi si è data al teatro. E, alla fine della carrellata, la regina. Sul trono non è comodamente assisa ma dolorosamente appoggiata con le gambe sui braccioli divaricate in una perfetta spaccata. “La mamma non si tocca!” aveva sospirato ironico il principe. Ma la mamma, nella sua grottesca esasperazione, ride il suo cinico distacco da ogni abusata estetica familiare. Non solo lo zio è un maiale, ma anche suo fratello, il padre di Amleto, lo era.
Alla fine sarà proprio la "Marylin", quello stereotipo di celebrità senza arte né parte, a conquistare l’agognata statuetta. La stessa con la quale l’onnipresente creatore dell’opera teatrale la farà "goliardicamente" suicidare.
Acclamato attore teatrale, da tempo popolare anche nel mondo cinematografico, acrobata e scrittore Timi tenta un'altra carta del suo poliedrico talento. Lo fa avvalendosi della collaborazione di bravi attori (Lucia Mascino, Luca Pignagnoli, Marina Rocco), curando i minimi dettagli, ironizzando sulla sua stessa balbuzie e convincendo con una brillante interpretazione. Il dialogo con il pubblico, tanto, è assicurato. Non solo dalla battuta che, in una scena, sfonda la quarta mitica parete ma da tutta una filosofia. Autore, attore e personaggio si ritrovano sul palco a percorrere i sentieri di un vissuto autobiografico e immaginario, raccogliendo i frutti di una meritata celebrità.
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