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Paolo Liguori, direttore del Tgcom, invita a non prendersi troppo sul serio, in questo periodo di transizione che il giornalismo sta attraversando verso l'informazione on line. Se ne è discusso oggi, in due diversi dibattiti, nella seconda giornata del Festival internazionale del giornalismo, in corso a Perugia. Una transizione, ha detto Liguori, che è persino riduttivo definire in questo modo, e che ''ci porterà sempre più avanti''. La crisi del giornalismo tradizionale, secondo Marco Pratellesi, direttore del Corriere.it, è ''nella logica del profitto che dagli anni '80 ha portato a eliminare il giornalismo per la strada. Con la conseguenza di giornali obsoleti, senza inchieste e servizi propri, con il 70-80% di notizie già viste su internet''. Per Charlie Beckett, direttore di Polis London School of Economics, la soluzione è nel ''passaggio dall'industria produttiva ad un'industria di servizi, e nella creazione di nuove alleanze con i cittadini. Tutti sono presenti in rete: o entriamo in rete o moriamo''. Il problema, almeno negli Stati uniti, ha osservato Eric Ulken, che ha da poco lasciato il Los Angeles Times, è che le istituzioni che ci sono da sempre sono in crisi, ma il nuovo modello non le ha ancora del tutto sostituite. E Stephan Russ-Mohl, direttore dell'European Journalism Observatory, ha parlato di ''triangolo delle Bermuda'' per il giornalismo, con lettori che on line non pagano, pubblicità che preferisce altri siti web, e l'aumento degli addetti alle pubbliche relazioni che forniscono comunicati, con un cambiamento nella qualità dell'informazione. Tuttavia, per Lorenzo del Boca, presidente dell'Ordine dei giornalisti, ''se gli editori investono nella qualità, la carta stampata è insostituibile, consente l'approfondimento, la riflessione, è come il whisky dopo cena''. Condividi