di Elio Clero Bertoldi

PERUGIA - Cambio della guardia, a fine mese, al Comando Provinciale dei Carabinieri. Il Colonnello Paolo Piccinelli lascia e si sposta al comando legione Umbria, in corso Cavour, mentre si insedierà in via Ruggia il Col. Giovanni Fabi, già comandante del reparto Ros dell'Umbria e grande esperto di antiterrorismo.
Paolo Piccinelli, che é anche giornalista pubblicista, é figlio di Franco, capo redattore Rai di Torino e vittima delle Brigate Rosse.
Il giornalista torinese - scomparso tre anni fa - raccontò questo particolare nel corso di un incontro pubblico a Palermo: "Mio figlio Paolo decise di fare il carabiniere quando mi vide in ospedale in fin di vita".
Partigiano combattente, giornalista e scrittore Franco Piccinelli (1933-2014), originario delle Langhe, come Pavese e Fenoglio, venne gambizzato da un commando dalle brigate rosse a Torino. L'attentato si consumò il 24 aprile 1979, quando il giornalista era caporedattore della Rai torinese; a colpirlo i "Proletari armati per il Comunismo".
Legato al mondo contadino della sua terra (sul quale ha scritto molte delle sue quaranta opere letterarie), Piccinelli amava raccontare che a salvargli la vita, con la loro presenza e solidarietà, erano stati proprio i suoi compaesani.
"I contadini delle Langhe vennero a trovarmi in ospedale in gran numero e mi portarono - ripeteva nelle interviste - il loro vino fatto con passione e sudore. Li ringraziavo per la premura, ma spiegavo che non era il caso di bere vino sul letto di ospedale... Il medico, però, mi suggerì di berne un po', perché mi avrebbe aiutato a rinsaldare le ossa tutte frantumate dai proiettili. La cura ha funzionato..."
Il col. Piccinelli é stato a Perugia, all'inizio della sua carriera, quale tenente; poi aveva continuato attività a Milano, in Sicilia a Siracusa e a Sant'Agata di Militello, a Roma (all'ufficio stampa del comando generale), ancora a Palermo, quindi a Pescara, dove aveva diretto il comando provinciale dei carabinieri e aveva collaborato con l'attuale procuratore generale Fausto Cardella, allora procuratore capo a L'Aquila, nel dopo terremoto.

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