Il sistema proporzionale.
Il sistema elettorale maggioritario, introdotto in Italia attraverso il referendum del 18 aprile 1993, non ha prodotto quella stabilità politica che i referendari si proponevano. Dall’anno successivo al referendum, in cui si svolsero le elezioni politiche con il nuovo sistema (il cosiddetto “mattarellum”, mentre nel 2008 si votò con l’incostituzionale “porcellum”), ad oggi si sono succeduti 12 governi e per tre volte le camere sono state sciolte prima della scadenza naturale (1996, 2008, 2013). Né il sistema politico si è semplificato: abbiamo visto nascere e morire tantissimi gruppi politici, trasmigrare parlamentari da un gruppo all’altro per puro opportunismo o una spregiudicata speculazione politica, o, peggio ancora, per una vergognosa compravendita di deputati che si vendevano al miglior offerente.
La retorica, quindi, che cambiando il sistema elettorale si modernizzava il Paese avvicinandolo all’Europa si è dimostrata solo sterile propaganda provocando danni inestimabili dal punto di vista politico-istituzionale, sociale ed economico.
Le istituzioni non sono viste più come il luogo democratico dove risiedono i rappresentanti del popolo liberamente eletti per realizzare progetti atti a migliorare progressivamente la società civile, difendere i propri cittadini da eventuali soprusi ed ingiustizie, a “rimuovere le cause che impediscono il benessere sociale”, ma come luoghi della corruzione occupati da membri che perseguono interessi individuali a scapito di quelli della collettività.
La politica non è più dettata da ideali, cultura, da una visione d’insieme che genera progetti per il futuro, ma da obiettivi di corto respiro, da convenienze immediate, da mode del momento e da fattori emotivi.
Credo che tutto questo non sia causale, ma voluto e pianificato.
In effetti con il nuovo sistema elettorale le assemblee elettive sono state esautorate di potenzialità legislativa e aumentata in maniera esponenziale la capacità decisionale degli esecutivi. E attraverso questi provvedimenti si sono ridotti gli spazi della democrazia, alimentato i luoghi comuni, mortificato la politica, annullata la partecipazione popolare, individualizzato ogni problema, impedito l’aggregazione dei vari soggetti sociali.
Non è un caso che si legifera prevalentemente attraverso l’emanazione di decreti legge e decreti legislativi e che il Parlamento sia pressoché ridotto a ratificare i decreti del Governo, spesso sotto il ricatto della “fiducia”. E non è un caso il basso livello culturale di molti Deputati e Senatori che si espongono con estrema superficialità al ridicolo, riducendo ancora di più l’autorevolezza di quello che è (o dovrebbe essere) il più alto organo rappresentativo del nostro ordinamento giuridico.
Ma se così non fosse, ovvero se fosse solo un caso, come potrebbe spiegarsi questa assurda crisi economica, dovuta essenzialmente a speculazioni finanziarie funzionali solamente a chi detiene in mano le leve del potere economico e politico? Come potrebbe spiegarsi il fatto che per uscire dalla crisi si propongono le stesse ricette economiche che l’hanno provocata? che senso avrebbero il fiscal compact, il pareggio di bilancio, il rapporto deficit-PIL e tutti i trattati europei (da Maastricht a Lisbona) che hanno come paradigma la rendita finanziaria e mortificano il lavoro?
Ecco perché l’elite che governa il mondo ha bisogno di esautorare la politica, di discreditarla per far crescere il disimpegno fra i cittadini, sempre più chiusi in se stessi, di blindare la democrazia entro limiti sempre più stretti.
Ecco perché, per raggiungere coerentemente questo fine, è necessario per questa elite stravolgere le regole istituzionali.
Si spiega così il concetto della governabilità intesa come questione indispensabile per il progresso del Paese, per la sua presunta modernizzazione. Concetto questo diffuso dalla stampa e dai tutti i mezzi di comunicazione, dispiegando con forza tutto il suo magnificente potenziale, per plasmare e piegare un’opinione pubblica logora e stanca.
Ma non è così. Povertà ed ingiustizie aumentano, il cosiddetto ceto medio si restringe sempre di più, la disoccupazione è in crescita così come la precarietà sul lavoro, i giovani non riescono a progettare il loro futuro.
Abbiamo, secondo me, bisogno di più politica, di più partecipazione per invertire il trend negativo di questi ultimi decenni e riaprire la porta della speranza e della fiducia per una società più equa e solidale
Con il crollo dei paesi comunisti si è pensato alla fine della storia, ad un mondo pacificato dove la globalizzazione avrebbe offerto un mondo d’opportunità.
Non è stato così! La sinistra in questo ha sbagliato analisi e proposta politica, finendo per trasformare se stessa, allontanandosi dai propri ideali, dai propri valori e dalla sua gente, porgendo il fianco ad un capitalismo finanziario selvaggio, finendo per rendere egemone un pensiero neo liberista i cui effetti drammatici sono sotto i nostri occhi.
Siamo immersi dentro un periodo storico dell’umanità, forse uno dei più bui, dove un piccola elite vuol rendere invisibile la maggioranza dei cittadini attraverso il controllo delle istituzioni ed il conseguente depauperamento della democrazia.
Ma gli invisibili a volte, stanchi e delusi, fanno un balzo in avanti e si rendono visibili. È quello che è successo nel referendum istituzionale del 4 dicembre, in Francia nelle elezioni presidenziali di domenica scorsa dove la sinistra ha raggiunto un brillante 20%.
Il rischio sta nel fatto che la protesta si incanali in diverse direzioni come la destra fascista propagandisticamente ridotta a puro populismo. Ma quando si cerca in tutti i modi di delegittimare le istituzioni democratiche il popolo come può reagire? Solo inveendo su di esse in maniera demagogica.
È quindi indispensabile che la sinistra torni ad essere tale, a riconsiderare i propri valori etici e morali, a fare si che le istituzioni tornino ad essere il centro propulsore della vita democratica del nostro paese.
Solo un sistema elettorale con metodo proporzionale ed un grande ritorno alla partecipazione ed alla politica attiva, possono garantire democrazia e progresso; solo l’attuazione della nostra Costituzione, Repubblicana e Antifascista, può allontanare il ritorno di idee demagogiche e autoritarie nonché velleitarie e mettere un freno a chi vuol fare del mondo una cosa propria.
La terra è di tutti e di chi la vivrà.
Associazione Culturale Umbrialeft
Attilio Gambacorta

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