di Nicola Fratoianni.

Con Matteo Salvini è nata la categoria professionale dei "perfidisti".
Chi sono? Sono coloro che si arricchiscono con la propria perfidia: odiano, insultano, evocano paure e violenze, e soprattutto cercano ogni giorno di convincere milioni di altri cittadini che odiare è giusto, è razionale, è la soluzione ai propri problemi.

Per ogni italiano convinto a diventare un odiatore il perfidista acquisisce azioni della bad company del futuro: quella con cui si costruiscono muri, si spara dalle finestre a chi si avvicina al cancello, con cui si asseconda la morte di decine di migliaia di persone in acqua o nei campi libici in nome della pulizia, per impedire che si sporchi con macchie scure la realtà perfetta dell'italiano medio.
Il perfidista tiene molto al valore delle sue azioni, e infatti è un analista attento a sondaggi, rilevazioni, curve di like sui social.

Per questo sa che di fronte a certe tragedie l'umanità prevale e la curva media della perfidia scende.
Come di fronte alla tragedia di Rignano, a Foggia, dove due ragazzi innocenti sono morti nel rogo delle baracche in cui vivevano da schiavi dei nostri campi. Di fronte a tutto ciò alla stragrande maggioranza delle persone torna a battere il cuore, scende una lacrima, comincia a funzionare l'intelligenza. Perché devono morire così? Cosa hanno fatto per meritarselo? Cos'hanno di diverso dai nostri ragazzi in cerca di dignità in giro per il mondo? Ma allora non tutti i "clandestini" sono criminali, ladri e stupratori? La "clandestinità" serve forse solo a far lucrare qualche caporale senza scrupoli?

Ecco, quando nei pensieri del paese sorgono queste ragionevoli domande e si fa spazio l'umana pietà e una volontà di analisi di ciò che sta realmente accadendo, il perfidista si vede già morto. Si agita, progetta le contromosse, scatta veloce prima che il crollo della perfidia somigli al crack di Lehmans Brother, chiama i giornalisti e afferma tronfio: è tutta colpa dei buonisti! Le loro mani lerce sono sporche di sangue!
 
Dice: odiate, odiate ancora. Ma non odiate il caporale e la mafia che sfruttano, no. Non odiate chi non paga, o paga poco. Non odiate chi induce alla prostituzione e chi riduce in schiavitù.
Odiate chi ogni giorno si batte per i diritti di questi morti e dei vivi che ancora sono al mondo, perché se questi morti esistono, si vedono, se ne parla, è tutta colpa loro, di chi come noi da anni al ghetto di Rignano ci va per aiutare e fare in modo che cessi lo sfruttamento.

Odiateli perché vi ricordano ogni giorno che la "clandestinità" è il frutto di una legge come la Bossi-Fini, scritta da altri perfidisti come me. Odiateli perché vi raccontano che di là dal mare c'è la guerra, c'è la fame, c'è la dittatura, la carestia, le torture, le violenze e gli stupri. Odiate chi vi racconta che un ragazzo morto a Foggia non sarebbe stato salvato se fosse morto in Libia, nel deserto o in un campo di concentramento pagato con i nostri soldi.

Bisogna odiare, dice Salvini, chi racconta le sofferenze del mondo, perché è la pietà per la sofferenza altrui che rende buoni, che rende umani, che ci spinge a trovare soluzioni affinché venga messa fine all'ingiustizia. Odiate chi dice che il sistema di sviluppo schiaccia i lavoratori (bianchi o neri che siano), perché vuoi mai che alla fine quei bianchi e quei neri schiacciati si prendano per mano e rivendichino ciò che è giusto per la loro vita?

Odiare i buoni, chiamarli buonisti, serve a Salvini. Serve per giustificare a se stessi la scelta di restare perfidi.
Salvini noi ti disprezziamo come disprezziamo la morte, la violenza, la fame e lo sfruttamento. Ma non istighiamo mai all'odio e se tu ti trovassi in un campo a raccogliere pomodori da schiavo, o nel deserto libico tra torturatori senza scrupoli, e se fosse nelle nostre mani il tuo destino, non ti lasceremmo morire sul barcone, o in un rogo, o buttato da un camion nel deserto.

Ecco perché alla fine, buonisti o meno, noi vinceremo e tu passerai alla storia solo come un piccolo sciacallo di provincia.

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