SINISTRA ITALIANA, FACCIAMO IL PUNTO
di Claudio Grassi
Tra il 4 e il 5 febbraio si sono svolti in decine di città le assemblee territoriali in vista del congresso costitutivo di Sinistra Italiana che si terrà a Rimini il 17/18/19 febbraio.
Migliaia di compagne e compagni hanno partecipato, hanno discusso la bozza di documento politico, di statuto e i relativi emendamenti, ed hanno eletto – in rapporto 1 a 30 iscritti – le delegate e i delegati per l’assise nazionale. I mezzi di informazione si sono occupati prevalentemente delle divisioni che sono emerse e che hanno portato una parte di compagne e compagni a ritirarsi dal congresso, omettendo contenuti e obiettivi, analisi e proposte di questo nostro nascente soggetto politico.
Qualunque sia l’analisi che si voglia fare riguardo la fase congressuale di Sinistra Italiana e le problematiche che l’hanno attraversata portando una parte dei suoi iscritti a non partecipare ai congressi locali, probabilmente a non partecipare all’appuntamento nazionale, non possiamo eludere alcuni dati che dovrebbero trovarci tutti d’accordo.
Il primo riguarda il carattere assolutamente “volontaristico” che è alla base di questo progetto, che in assenza di una spinta propulsiva dal basso, in assenza del montare di conflitti sociali di portata rilevante, nasce prevalentemente dalla decisione di alcuni soggetti singoli e collettivi di unire le forze per dare vita ad una nuova esperienza. Questo è un elemento non secondario, da tenere sempre presente non solo per evidenziare alcuni limiti oggettivi del percorso, ma anche per sottolineare il surplus di responsabilità soggettiva richiesta ai cosiddetti promotori, a cui – si potrebbe dire – in fondo nessuno ha chiesto di mettersi in moto in questa direzione.
Si sono messi in moto, ci siamo messi in moto per la consapevolezza condivisa di volere/dovere rispondere a quella che appare una necessità per il Paese, ridotto come è stato ridotto dalle politiche nefaste neoliberiste portate avanti dagli ultimi governi e con particolare virulenza da Renzi, mentre la sinistra in ogni sua esperienza mostrava tutta la sua debolezza e inefficacia.
Un altro dato che appare anch’esso evidente è la portata della crisi della sinistra in Italia, che per dimensioni le dà un triste primato rispetto alle altre esperienze Europee. E’ come se a casa nostra si sia data prova certa di avere una particolare attitudine a frammentarsi in porzioni via via sempre più piccole, favorendo una spirale rovinosa senza fine che ha messo in mostra solamente la grave incapacità dei gruppi dirigenti – più o meno tutti – a contenere il confronto anche aspro dentro i margini di uno spazio comune.
Dismettere l’assurda logica dei “pochi ma buoni”
Ed infatti mentre in Germania, in Die Linke, convivono al suo interno posizioni che vanno da chi pratica una politica delle alleanze fino a componenti radicali come la Piattaforma Marxista, da noi lo stesso spettro di posizioni produce una decina di formazioni politiche con scarso peso e nessuna incidenza politica.
Perché? Perché qui ha prevalso, un po’ ovunque a sinistra, la logica assurda che, in nome di una presunta chiarezza e purezza di intenti, fosse ogni volta addirittura auspicabile che il pensiero dissenziente andasse da un’altra parte. “Pochi ma buoni” è stata la logica prevalente, con tutta la autoreferenzialità e la cecità politica che sempre accompagna questo modo di vedere le cose in politica. E con i risultati che sono sotto i nostri occhi.
Per queste ragioni penso che sarebbe un grave errore ritenere l’assenza dei compagni e delle compagne che hanno scelto di disertare tanti dei congressi territoriali un fatto positivo. Non lo è. Così come, al netto degli errori che in queste settimane ognuno di noi può aver compiuto, chi non ha partecipato alle riunioni della commissione di garanzia e ai congressi ha operato una scelta sbagliata.
Non mi sfuggono di certo le rilevanti differenze politiche che esistono tra noi, ma proprio perché tutte e tutti dovremmo avere imparato che dividendosi non si va da nessuna parte, si tratta di fare uno sforzo ulteriore di maturità per far vivere le differenze dialetticamente nella stessa forza politica.
Penso che la costruzione di Sinistra Italiana abbia avuto e abbia tanti limiti, ma che possa rappresentare anche una grande opportunità. Dobbiamo investire in essa. In fondo è la principale proposta unitaria che si è sviluppata in questi anni e sarebbe un peccato non concretizzarla. Siamo capaci di far convivere le differenze tra noi? Anche sulla risposta a questa domanda si giocherà il futuro di questa scommessa, il suo esito.
Segnare un punto e a capo
Il congresso fondativo di Rimini è solo l’inizio del processo, è come segnare un punto e a capo. Si tratterà dopo di costruire tutto: radicamento nei territori, ascolto e partecipazione nei luoghi del conflitto, costruzione di nuove proposte e nuove pratiche. Avremo bisogno di aprirci ad ulteriori apporti sia umani che politici. Ma intanto questo primo passo è importante farlo sperando che la nascita di Sinistra Italiana potrà rappresentare quel cuneo che tenga aperto uno spazio politico ed elettorale tra il Pd e il M5S.
Si dice che le contraddizioni presenti nel Pd possono produrre fatti nuovi a sinistra. Che occorre prestare attenzione a quanto succede in quel mondo e che bisogna avere un atteggiamento di apertura. È un ragionamento giusto, in particolare dopo la sconfitta di Renzi con il referendum del 4 dicembre. Ma, come abbiamo visto in tutti questi mesi, la dialettica interna al Pd ha i suoi tempi, le sue contraddizioni, le sue mille sfaccettature. Non possiamo aspettare in eterno che succeda qualcosa. Il rischio è che mentre aspettiamo che nel Pd succeda qualcosa, si disperda quel patrimonio prezioso che abbiamo visto sabato e domenica nei congressi. Inoltre, non fare nulla, non aiuta nemmeno chi dissente nel Pd poiché non gli consente di intravedere una alternativa. Un partito politico non si costruisce né solo per “contrarietà”, ma neanche subordinandone tempi, modalità, fisionomia ad un’altra forza politica. Massima attenzione ed apertura al contesto, ma anche massima autonomia.
Ci sono poi domande importanti che non possiamo eludere e che spero siano al centro del nostro dibattito congressuale: perché larga parte delle persone che per condizione sociale dovrebbe essere interessata alla nascita di una forza di sinistra non si sente coinvolta? Perché – come accaduto nelle ultime elezioni in Emilia Romagna – l’elettorato in gran parte si astiene? Perché in parte ha votato M5S? Perché – dobbiamo dirlo anche se fa male – la parte più debole della popolazione vede nelle proposte della Lega una via d’uscita dalle proprie difficoltà?
Quindi è importante guardare quel che succede nella politica, ma ancor più importante è capire quanto accade nella società per ricostruire quel conflitto sociale senza il quale, come provavo a dire all’inizio, qualunque progetto di trasformazione e liberazione sconta limiti oggettivi.
I congressi che abbiamo svolto sabato e domenica ci hanno detto che disponiamo di importanti risorse. Ancora insufficienti, ma importanti. Lo avevamo visto anche con Cosmopolitica. Cerchiamo di essere all’altezza delle aspettative e della situazione. Non determiniamo noi, ancora una volta, l’ennesima delusione. Mettiamo da parte personalismi e atteggiamenti infantili e assumiamoci le nostre responsabilità. Non c’è alcun motivo politico serio che impedisca la partecipazione da parte di tutti quelli che hanno dato vita a Sinistra Italiana, al congresso di Rimini.
Facciamolo.

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