Poca occupazione e precaria. Come sta cambiando il mercato del lavoro in Umbria.
Malgrado gli annunci e le trovate comunicative del Governo, atti a mascherare la situazione reale, le notizie diffuse dall'Osservatorio sul precariato Inps dimostrano la gravita dell'evoluzione del mercato del lavoro italiano. I report e i dati diffusi dall'osservatorio, riguardanti i lavoratori dipendenti degli enti pubblici economici e del settore privato, sono uno strumento fondamentale per la comprensione delle trasformazioni della situazione occupazionale italiana e regionale. Osservando i dati del primo semestre 2016 e confrontandoli con quelli dell'anno precedente, si scopre che l'Umbria non fa eccezione al panorama nazionale. Anzi, emerge una situazione ben più preoccupante, (figure 1 e 2).
Benché positive, in Umbria le assunzioni nel complesso sono diminuite più della media nazionale, rispettivamente del 12,9% e del 10,5%.
La differenza è ancora più marcata per quanto riguarda le assunzioni a tempo indeterminato, rispetto alle quali la riduzione supera di molto la già elevata media nazionale pari al 33,4%. In Umbria, infatti, i contratti di lavoro più stabili sono crollati drammaticamente del 45,4%. Il dato è solo parzialmente compensato da una maggiore diminuzione delle cessazioni rispetto alla media nazionale. La riduzione delle cessazioni dei contratti nel complesso e di quelli a tempo determinato sono rispettivamente del 9,1% e dell'I 1,9% in Umbria e dell'8,5% e dell'8,8% in Italia. Un altro dato preoccupante, rispetto al quale l'Umbria risulta in linea con la media italiana, è la forte diminuzione delle trasformazioni in contratti di lavoro a tempo indeterminato, rispettivamente del 30,3% e del 30,5%. Dunque, la differenza nella diminuzione delle assunzioni della tipologia contrattuale più stabile, tra Umbria e media italiana, non è compensata neppure considerando le trasformazioni. Sebbene in Italia e in Umbria nel 2016 si sia registrato un saldo positivo tra assunzioni e cessazioni per il totale dei rapporti di lavoro subordinato, rispettivamente di 515.717 e 5.540 unità, questo è in entrambi i casi diminuito rispetto a quello del 2015, quando era pari a 627.536 e 7.515 unità. La diminuzione della variazione netta è stata più forte in Umbria rispetto alla media nazionale, rispettivamente del 26,3% e del 17,8%. Dunque l'incremento dei posti di lavoro è stato minore rispetto all'anno precedente e questo fenomeno è decisamente più forte in Umbria. La stessa dinamica, ma molto più accentuata, si evidenzia per la variazione netta dei soli rapporti a tempo indeterminato, ossia la somma tra assunzioni e trasformazioni meno cessazioni, che dal 2015 al 2016 in Umbria passa da 5.372 a 188 unità e in Italia da 411.647 a 74.515 unità (figura 3).
Una fortissima riduzione, rispettivamente del 96,5% e del 82%, la cui entità indica una chiara e decisa inversione di tendenza. La diminuzione prossima al 100% dimostra che nel settore privato e negli enti pubblici economici in Umbria la variazione netta dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato è praticamente nulla. Dunque il timido aumento dell'occupazione nei primi sei mesi del 2016 è stato sostanzialmente del tutto precario.
Un fenomeno altrettanto preoccupante è quello dei voucher. Nel primo semestre del 2016 l'Umbria rimane al 16° posto in Italia per numero di voucher venduti, posizione che detiene dal 2014. Dividendo il numero dei voucher per gli occupati delle rispettive regioni, per ridurre la distorsione dovuta alle diverse dimensioni regionali, l'Umbria sale all'8° posto, era al 9° nel 2014 e all'8° nel 2015. Con una crescita del 42,5%, di poco superiore alla già allarmante media nazionale del 40,1%, l'Umbria risulta inoltre la 6° regione per aumento percentuale del numero dei voucher venduti.
I dati dell'Inps relativi al primo semestre del 2016 indicano chiaramente che l'Umbria è in maggiore difficoltà rispetto alla, già di per sé preoccupante, situazione occupazionale italiana. L'analisi ha permesso inoltre di evidenziare con chiarezza la crescente precarizzazione del mercato del lavoro regionale. Il saldo positivo tra assunzioni e cessazioni è dovuto essenzialmente ai contratti a termine, nel 94% dei casi. Aggiungendo l'apprendistato nella quota dei rapporti di lavoro precario, questa supererebbe il 96% della variazione netta dei contratti. Infine, considerando anche l'esplosione del fenomeno dei voucher, la quota percentuale dei contratti di lavoro a tempo indeterminato sulla variazione netta dei rapporti di lavoro è praticamente irrilevante.
La forte e continua ascesa del numero di voucher venduti è un'ulteriore spia della crescente precarizzazione. In Umbria questo fenomeno è superiore alla media nazionale, dove risulta, già di per sé, in decisa espansione, sia per incremento percentuale che per numero di unità vendute per occupato. Si tratta di un lavoro povero, senza tutele previdenziali ne sostegno al reddito, che purtroppo sta assumendo caratteristiche di massa. Infatti in Umbria le persone sostanzialmente costrette a lavorare con i voucher a fine anno supereranno sicuramente ed in misura ampia le 20mila unità. Il dato ufficiale dell'Inps, riferito a fine 2014, parlava di 17.874 persone coinvolte. Rispetto al primo semestre del 2014, l'aumento delle vendite dei buoni lavoro nella regione analizzata è di oltre il 145%. Inoltre è fortemente diminuita l'età media, che da 60 anni è ora scesa a 37,7, e coinvolge più le donne che gli uomini.
Questa forma estrema di precariato è anche poco redditizia, la media annuale del numero di buoni lavoro utilizzati per lavoratore è 61 e corrisponde ad un importo complessivo pari a 457,50 euro.
Grazie alle particolari modalità di utilizzo poi, l'uso dei voucher, anziché disincentivarlo, favorisce il lavoro nero, che dunque sarà con molta probabilità in deciso aumento, considerata l'impennata dei buoni lavoro. Dall'altro lato però, poiché per risultare occupato nelle indagini Istat basta aver lavorato almeno un'ora nella settimana di riferimento, questo fenomeno ha fortemente distorto gli indicatori relativi al mercato del lavoro dell'istituto in questione o almeno la loro comparabilità con il passato. Il quadro che emerge superficialmente, quello su cui si basa la comunicazione per slogan del Governo, è certamente più favorevole di quello che risulta effettivamente. La situazione reale, invece, dimostra il fallimento del Jobs Act approvato dal Governo Renzi. Le misure intraprese, anziché migliorare la condizione dei lavoratori, hanno assecondato la tendenza all'indebolimento della loro posizione e indicano l'intenzione di non voler rilanciare la domanda interna, unica misura davvero equa per la crescita economica.
Al contrario sembra si intenda perseguire una strategia di sviluppo che punti alla concorrenza internazionale di prezzo, e non di qualità, attraverso l'abbattimento del costo del lavoro a spese dei lavoratori. A fronte di questa pesantissima situazione è necessaria una svolta profonda, che inizi con l'abolizione dei voucher. In questa direzione si colloca il referendum nazionale promosso dalla Cgil, che si terrà nella primavera del 2017 e che ha già raccolto oltre 1 milione di adesioni. Della stessa urgenza è la necessità di mettere in campo un'altra politica economica, in grado di contrastare la crisi e dare impulso ad una ripresa economica sostenuta e sostenibile.
Solo cosi sarà possibile invertire la pericolosa e diffusa tendenza all'emigrazione o alla rassegnazione ad un'esistenza precaria.
Mario Bravi: *Presidente 1res Cgil Umbria
Lorenzo Testa: **Ricercatore Università degli Studi Roma Tré,
Micropolis,
mensile umbro di politica, economia, cultura
Giovedi 27 ottobre 2016

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