TODI - Dopo il successo della prima assemblea pubblica tenutasi presso la Sala Consiliare del Comune di Todi, con una grande partecipazione di pubblico, sia dal vivo che tramite la diretta Facebook, prosegue l'attività del Comitato per il NO in vista del referendum costituzionale fissato per il 4 dicembre 2016.

Il Comitato per il NO di Todi ritiene che la riforma Renzi - Boschi, se approvata, produrrà, fra le altre cose, una violazione degli stessi principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale, non modificabili, come esplicitamente affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 1146 del 1988, nella quale la Corte si riservò di dichiarare l’incostituzionalità anche delle stesse leggi costituzionali che violassero tali supremi principi.

Violazione del principio di sovranità popolare.

Uno dei principi supremi che vengono esplicitamente violati dalla riforma Boschi è, in primo luogo, il principio della sovranità popolare di cui all’art. 1 della Costituzione, ritenuto ineliminabile dalle sentenze nn. 18 del 1982, 609 del 1988, 309 del 1999, 390 del 1999 e 1 del 2014.

Secondo l’art. 1, comma 2, della Costituzione, infatti, «La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione». Il principio è chiaro: esso sta a significare che, alludendo alle “forme” di esercizio della sovranità popolare, la Costituzione garantisce l’elettività diretta delle assemblee legislative cioè sia della Camera che del Senato.

Ciò è stato bene evidenziato di recente dalla stessa Corte costituzionale allorché, nella sentenza n. 1 del 2014, ha affermato che «la volontà dei cittadini espressa attraverso il voto (…) costituisce il principale strumento di manifestazione della sovranità popolare», per cui l’ineliminabile “principio supremo” è stato individuato nel senso che le “forme” di esercizio della sovranità popolare, per ciò che attiene alle elezioni politiche, sono soltanto quelle “dirette”.

Senatori, sindaci e consiglieri regionali a part time.

Si rileva inoltre che i 95 senatori che verrebbero nominati attraverso elezioni di secondo grado (di cui 74 consiglieri regionali e 21 sindaci) dovrebbero continuare a svolgere part-time la funzione di consigliere regionale o sindaco. In questo modo non avrebbero nemmeno il tempo necessario per esercitare tutte le funzioni connesse alle due cariche. Pertanto essi svolgerebbero insufficientemente - e quindi male - sia la funzione di senatore sia quella di consigliere regionale o di sindaco, con evidente pregiudizio per la funzionalità di tali organi.

Sarebbe stato assai più logico passare al monocameralismo oppure trasformare il Senato, eletto dai consigli regionali, in un organo consultivo. Ma non sminuire il “nuovo” Senato in un organo part-time, con la falsa motivazione della riduzione dei costi della politica.

È vero che, anche negli Stati Uniti, i senatori sono solo 100, ma è altrettanto vero che ciascuno di loro, che non ricopre altre cariche sul territorio, ha uno staff potenziale di ben 34 persone per poter efficacemente lavorare con l’autorevolezza loro riconosciuta anche all’estero.

Consiglieri regionali e sindaci con l'immunità parlamentare.

In compenso, oltre all’insindacabilità per i fatti posti in essere nell’esercizio delle proprie funzioni, i senatori-consiglieri regionali o sindaci italiani godrebbero comunque dell’immunità “personale” ex art. 68, comma 3, della Costituzione, un "privilegio" che li porrebbe in un gradino differenziato ed anomalo per il nostro ordinamento rispetto agli altri colleghi consiglieri regionali o sindaci.

Queste elencate sono solo alcune delle innumerevoli e gravi anomalie riscontrate nel testo approvato dall'attuale maggioranza parlamentare che, ci auguriamo, possano essere cancellate dal voto popolare al referendum del 4 dicembre con un secco NO. 

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