Assisi: pensieri liberi sulla "struttura degli orrori" di Torchiagina
L’informazione mediatica negli ultimi mesi ha sempre più portato all’attenzione i brutali episodi di violenza a carico delle persone più deboli: anziani, bambini, disabili. Fino a pochi giorni fa questi episodi erano sempre lontani da noi, dalla nostra civile Umbria e forse anche dai nostri pensieri: non ci toccavano più di tanto e non provocavano in noi nessuna necessità di fermarci a riflettere, a pensare.
Ora non è più così: la nostra regione e il suo cuore francescano, Assisi, sono divenuti tristemente protagonisti di quelle barbarie prima così lontane ed oggi così vicine a tutti noi. L’indagine della Procura di Perugia e dei NAS sulla struttura residenziale di Torchiagina, che ha portato al sequestro della stessa e all’arresto del direttore e di alcuni operatori tocca profondamente ognuno di noi e soprattutto deve interrogare la politica a tutti i suoi livelli; ad oggi purtroppo i giornali e i media in generale, invece, riportano solo la cronaca dell’iter giudiziario ma nessun intervento riflessivo da parte della politica o delle istituzioni su ciò che è avvenuto e soprattutto su come evitare che ciò possa riaccadere.
La Cgil e lo Spi hanno organizzato un’iniziativa di fronte alla sede dell'Alveare, a Torchiagina, con lo scopo di dare un segnale chiaro che queste strutture non sono fuori dalla nostra società, che i pazienti accolti non sono persone rinchiuse e reiette dalla comunità civile e che quindi anche e soprattutto in questi luoghi devono esistere ed essere rispettati i diritti delle persone: le istituzioni sanitarie che le convenzionano, Regione ed Asl, devono per tanto effettuare le opportune verifiche non solo sul rispetto delle normative alla base dell’accreditamento e del conseguente convenzionamento ma anche per quanto riguarda la piena dignità dei cittadini assistiti.
Il desiderio di Sinistra Italiana è quindi quello di proseguire quanto acceso dall’iniziativa del sindacato offrendo una nostra riflessione sui fatti avvenuti; non tanto sulla cronaca e gli sviluppi giudiziari la cui competenza è della Magistratura, quanto piuttosto su come sia possibile che nonostante la riforma psichiatrica conquistata a fatica dal nostro Paese alla fine degli anni '70 oggi si ripresenti con estrema violenza l’aspetto più barbaro della logica manicomiale.
I manicomi erano spesso significativamente connotati anche come luoghi di contenimento sociale, e dove l'intervento terapeutico e riabilitativo scontava frequentemente le limitazioni di un'impostazione clinica che si apriva poco ai contributi della psichiatria sociale, delle forme di supporto territoriale, delle potenzialità delle strutture intermedie. Il cammino di riforma e deistituzionalizzazione avviato da Franco Basaglia e che ha visto importante protagonista anche l'Umbria voleva essere un modo per modernizzare l'impostazione clinica dell'assistenza psichiatrica, instaurando rapporti umani rinnovati con il personale e la società, riconoscendo appieno i diritti e la necessità di una vita di qualità dei pazienti, seguiti e curati anche da strutture territoriali.
I fatti descritti dalla cronaca di questi giorni ci inducono a pensare che tutto ciò sia fallito, che i manicomi siano stati formalmente chiusi ma che la logica dominante in essi sia ancora viva: fortunatamente non è così! Il nostro territorio ospita molte altre strutture di ottima qualità che si prendono cura di persone con disabilità intellettiva grave, con sofferenze psichiche, con significative compromissione delle capacità relazionali senza rimanere imprigionati nella vecchia logica custodialistica.
Certo siamo ben consapevoli che negli ultimi anni si susseguono diversi progetti di riforma della legge 180 del 1978 e che i continui tagli effettuati al Sistema sanitario, al welfare hanno una ricaduta sulla tenuta e valorizzazione dell’impianto di presa in carico territoriale attraverso i CSM e le strutture intermedie già previste dalla legge 180. Dobbiamo interrogarci su come sia possibile in un contesto caratterizzato da risorse economiche e umane sempre più ridotte riuscire a garantire non solo i livelli essenziali di assistenza previsti dalla normativa, quanto piuttosto come riuscire a realizzare percorsi di cura, riabilitazione efficaci ed efficienti; siamo chiamati ad avere il coraggio di attraversare l’imponderabile, l’ignoto della sofferenza psichica che irrompe nella normalità per poter garantire alle persone con disturbi psichiatrici gravi non solo buoni farmaci ma anche buone cure delle relazioni: sia quelle familiari sia quelle della comunità civile per garantire la difesa dei loro diritti ad essere persone, cittadini i cui bisogni non vanno e non possono essere relegati solo esclusivamente alla filantropia e alla carità.
Un servizio sanitario pubblico trasformato negli anni da servizio ad azienda, dove tutto è commisurato su logiche esclusive di budget, spinge radicalmente il sistema di cura nella ricerca di fornire servizi minimi ed economici: la discussione in atto rispetto al disegno di legge 2233 “riforma della psichiatria italiana” non affronta la spinosa tematica del depauperamento materiale e culturale dei luoghi in cui prendersi cura delle persone con sofferenza psichica, e delle persone che lì vi lavorano.
Un impoverimento che può e deve essere arrestato solo attraverso la capacità politica e della politica di saper scegliere e verificare percorsi che spostano le risorse economiche, ad oggi spese, dai posti letto sia pubblici che del privato accreditato alla dimensione territoriale e al rapporto con il sociale; un percorso che diventa capace di valorizzare concetti fondanti e fondamentali come patto di cura o alleanza terapeutica, attraverso i quali costruire processi di rispetto della soggettività e di difesa dei diritti di cittadinanza, come quello al lavoro e all’abitare.
Percorsi e processi che non possono essere relegati solo agli operatori del settore e a coloro che della malattia mentale sono protagonisti forzati, bensì deve nuovamente coinvolgere l’intera comunità, proprio come negli anni che hanno portato all’emanazione della riforma dell’assistenza psichiatrica ospedaliera e territoriale, così da evitare che i luoghi deputati alla lotta allo stigma e al prendersi cura delle persone con sofferenza psichica anche grave non rimangano e non tornino ad essere luoghi di generica assistenza privi di relazioni personali significative in cui il disagio e la sofferenza diventano malattie incurabili.
La capacità di avviare con rinnovate energie e competenze un simile percorso può essere l’antidoto perché fatti come quelli riscontrati dalle indagini svolte dagli inquirenti a Torchiagina, in quella che è stata definita una "struttura degli orrori", non si ripetano nuovamente.
Moreno Sdringola,
portavoce La Sinistra per Assisi-Sinistra Italiana

Recent comments
12 years 16 weeks ago
12 years 16 weeks ago
12 years 16 weeks ago
12 years 16 weeks ago
12 years 16 weeks ago
12 years 16 weeks ago
12 years 16 weeks ago
12 years 16 weeks ago
12 years 16 weeks ago
12 years 16 weeks ago