Cronaca di una giornata surreale.

Venerdì 18 marzo, giorno prefestivo gli scolari hanno già preparato i lavoretti di auguri per la Festa del Papà, dunque oggi si entra e si studia come sempre. Ma l'ingresso a scuola va diversamente, oggi. E' sciopero. Si esercita il diritto sacrosanto per il riconoscimento, l'affermazione e la concreta attuazione della tutele, le garanzie e le giuste, eque e dignitose condizioni di lavoro. Principi inalienabili e di conseguenza deve essere indiscutibile il rispetto che va riconosciuto a tutti coloro i quali democraticamente scelgono di decidere se aderire o no allo stato di agitazione proclamato.

I tempi di annuncio? Sembrano essere stati formalmente soddisfatti, ma occorre cercarsela la notizia.

La modalità d'informazione? Mah! Stamattina,ad Orvieto era una sorta di pettegolezzo, un mormorio come una brezza di preoccupazione tra i genitori imbottigliati nel traffico più lento del solito sotto i portoni delle scuole materne ed elementari. “Ma si entra oggi a scuola ?” “No dicono di no, aspetta forse la rappresentate di classe sa qualcosa “, “ Ma chi sciopera gli insegnanti o i bidelli?”. Incertezza totale. L'indecisione regna sovrana, mentre i genitori che devono recarsi a lavoro sono costretti a decidere ed anche in fretta come organizzarsi.

Si aprono i cancelli, i bambini snocciolandosi si avviano in classe con sufficiente ritardo e le maestre vengono investite da una sequela di domande sull'orario di uscita, sullo svolgimento regolare delle lezioni e dell'attività scolastiche. Finalmente un chiaro inquadramento della novità del giorno: i bidelli sono in sciopero, i bambini non avranno né la colazione né tanto meno il pranzo, naturalmente i bambini che frequentano il tempo pieno devono essere venuti a prendere almeno 3 ore prima del consueto arco di tempo di uscita e come è ovvio perderanno metà giornata scolastica del venerdì, nel corso della quale le insegnanti assegnano i compiti per il fine settimana.

Vado a prendere mia figlia, le voci dei bambini: «Papà, perché mi hai lasciato senza colazione? Nonna perché mi sei venuta a prendere prima del solito? Perché se avevo il buono pasto non ci hanno portato il pranzo?». Col linguaggio più semplice possibile qualcuno prova a spiegare cosa succede quando un gruppo molto numeroso di lavoratori decide di farsi valere per i propri diritti e che questa è una conquista che è stata lunga e difficile da ottenere si chiama diritto di sciopero ed è una cosa talmente importante che hanno stabilito con una regola che si chiama legge che lo permette e spiega come si può fare, altri semplicemente imprecano contro i fannulloni.

Stiamo andando via quando anche Angela m fa una domanda e chiede se anche i signori che preparano i pasti stanno protestando le rispondo che non credo proprio. Sentenzia la piccola : «Ma anche far mangiare i bambini è una regola che tutti devono rispettare, perché non ci hanno consegnato il cibo? Mica i bidelli ci imboccano come i neonati, avrebbero potuto protestare dopo che i signori che preparano la colazione ci consegnassero il pacchetto, no? » .

A quel punto ci si domanda se e come possano essere paragonabili le conseguenze di uno sciopero di una categoria rispetto ad un'altra in base alla tipologia di lavoro. Ad esempio, un' agitazione degli auto ferro tranvieri solitamente comporta disagi e ritardi alla viabilità degli adulti i quali comunque hanno la possibilità di potersi organizzare autonomamente per superare gli imprevisti e seccature che si verificano. Ma, astenersi dal lavoro senza un ragionevole ed efficace preavviso in forma scritta, ben visibile ed affisso in tutte le scuole ha di fatto impedito la regolare prestazione del servizio mensa per gli alunni che, di certo, non hanno un'alternativa fattibile quale può essere quella di uscire dalle aule per andare al bar a tamponare l'impellente appetito di metà mattina! Può rappresentare oppure no l'esempio tra i più odiosi di interruzione di pubblico servizio essenziale dei cittadini più esposti ed indifesi quali sono i minori?

Poi però alla scuola materna si scopre una di quelle sorprese che ti scalda il cuore e riporta la speranza di quel senso di comunità che va oltre il dovere grazie a quelle maestre che con spontaneità, consapevolezza e spirito di pragmatica dedizione al lavoro hanno comprato di tasca loro e distribuito molte decine di prodotti di forno e pizze per i più piccini: una premura di ragionevolezza verso questa particolare “utenza” che ha conosciuto in maniera tanto brusca e prematura la lotta tra diritti e potere e i suoi inconvenienti.

In conclusione avremmo, come cittadini, anche potuto essere vicini e solidali con promotori e partecipanti alla protesta se solo avessimo potuto saperne qualcosa direttamente. Così non è stato, per cui il sacrificio e gli inconvenienti sono sembrati ingiustificati poiché incomprensibili.

 

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