Il coordinamento della Sinistra del Partito democratico dell’Umbria, in merito alla direzione regionale svoltasi ieri sera, ritiene che un gruppo dirigente debba compiere atti politici più significativi rispetto ad un “mea culpa” generalizzato e alla semplice proposta delle proprie scuse riguardo alle difficoltà politiche e istituzionali di questi giorni.

Il documento politico presentato dalla Segreteria regionale del Partito presenta elementi condivisibili e indica un punto di sintesi avanzata per porre la base di una ricomposizione di questa crisi politica.

L’Umbria attraversa una fase in cui il governo non si può permettere rallentamenti. Le questioni economiche e sociali premono e le contrapposizioni correntizie non debbono bloccare il lavoro delle istituzioni. In questo senso, forse, il Pd dell’Umbria sarebbe potuto intervenire con maggior tempestività.

Il pluralismo utile a rappresentare i bisogni, i valori e le aspettative dei cittadini umbri che sostengono il PD non ha nulla a che vedere con uno scontro di potere foriero di una paralisi dell’attività di governo e frutto di un modo “notabilare” di fare politica.

Di certo la vicenda di questi giorni non fa venire meno le ragioni della nostra battaglia politica all’interno del PD, anzi le rilancia e le intensifica; forse segna il termine dell’esperienza politica della maggioranza emersa nell’ultimo congresso regionale del Partito.

Noi riteniamo che vada data forza alle istanze e alle aspettative di reale innovazione che vengono dalla società umbra e che debbono portare a scelte coerenti e conseguenti in ogni ambito, nell’esclusivo interesse dei cittadini e nel pieno e sacro rispetto della correttezza istituzionale.

Sulla base del documento approvato, riteniamo quindi necessario che il segretario regionale, con la segreteria e il capogruppo in consiglio regionale, per superare la crisi, prenda subito l’iniziativa di un nuovo patto per il diritto alla salute in Umbria, affermando il primato della politica ed impegnando tutti, nella chiarezza dei ruoli politici e tecnici.

Tra un anno si verifichino percorsi e risultati, con atti conseguenti. Il confronto esca dalle stanze chiuse, l’assessore dimissionario ritorni al lavoro, la Presidente sia garante dell’attuazione del patto.

 

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