Non si tratta, come evidente, di non vedere i limiti potenziali del percorso che vogliamo intraprendere, o peggio di fare come se non esistessero. Tutt’altro. Sono profondamente convinto che la creazione di un nuovo partito della sinistra passi anche da questo punto dirimente e cioè dall’individuare i problemi, anche quelli che ci riguardano direttamente, senza avere timore nell’affrontarli. E’ certo che il collante tra noi sarà la carta di valori comune che sapremo condividere, i contenuti politici che ci stanno a cuore, il programma, l’idea di società che abbiamo e che vogliamo costruire, le pratiche che vorremo utilizzare. Ma non mi sfugge che abbiamo un debito di credibilità da dover risarcire tutti assieme nei confronti di quel popolo della sinistra diffuso e frammentato che ha seguito in tutti questi anni la progressiva perdita di efficacia dei progetti che di volta in volta abbiamo contribuito – tutti, dai partiti ai movimenti – a mettere in campo. E’ ciò che non possiamo rimuovere, ma su cui dobbiamo soffermarci prima di intraprendere, come stiamo facendo, il nuovo cammino.

Le domande da cui partire

In questi anni ci siamo divisi in varie opzioni, misurandoci sulle varie strade da intraprendere, sulle distanze che si allontanavano o avvicinavano agli obiettivi prefissati, sulle innovazioni necessarie al radicamento, sulla cultura politica migliore per affrontare il presente. Oggi credo dobbiamo assumere il punto di vista dell’esaurimento della forza di queste prospettive, nessuna esclusa, e sulla necessità di dare vita, con convinzione, a questo nuovo processo politico. E dobbiamo riconoscere che abbiamo bisogno di un’assoluta apertura delle porte di questo processo, e di cercare, durante ma soprattutto dopo Cosmopolitica, di generare processi di espansione dei confini attuali, che sappiano dare gambe effettive sui territori ad un nuovo protagonismo. Il nuovo processo saprà garantire la dimensione pubblica del dibattito interno, e la piena legittimità delle eventuali differenti posizioni, sui vari temi che ci vedranno coinvolti? Sarà in grado di evitare fratture insanabili tra queste – come è drammaticamente avvenuto in questi anni di sconfitte – e produrre invece una apertura della discussione? Sapremo liberarla, quella discussione, dal chiuso in cui come gruppi dirigenti troppo spesso l’abbiamo tenuta, e renderla patrimonio collettivo di un corpo vasto e molteplice? Da queste domande semplici voglio partire, senza nessuna rimozione, perché a ben vedere esse hanno rappresentato un grandissimo inciampo per noi di sinistra. Perché solo nominandole con chiarezza ed affrontandole possiamo chiudere quel debito e consentire a chi si affaccia a questo percorso di sentirsi pienamente accolto, ciascuno con il suo carico di esperienza e la qualità del suo contributo, ciascuno a disposizione. Ciascuno con la propria cultura politica ed il proprio bagaglio.

Insomma se vogliamo essere coerenti con quanto diciamo da tempo circa la necessità di aprire un nuovo capitolo per la sinistra nel nostro paese che produca cambiamento, un punto dovrebbe fare da spartiacque tra  Cosmopolitica e ciò che metteremo in campo a partire da lì: la ricerca dell’unità e l’allargamento senza finzioni.

Il senso di Cosmopolitica

Ritengo che quanto avvenuto con la rottura del tavolo nazionale che aveva prodotto il documento “Noi ci siamo” nei mesi scorsi non sia stato una pagina esaltante del nostro recente passato e che, come detto, le porte debbano restare aperte sempre. Dall’altro lato credo anche che le motivazioni alla base di quella rottura siano invece chiare e dunque che sia positivo che, seppure con qualche ritardo di troppo, quella discussione sia stata affrontata e non trascinata in infiniti non detti.

Mai come adesso risulta evidente che i punti principali sui quali costruire una nuova forza politica a sinistra passano dalla disponibilità di mettersi in discussione, nel senso ampio e non ambiguo del termine, ovvero dalla disponibilità di non porre veti all’esito del processo. L’assenza di questa disponibilità, se si guardasse  al processo esclusivamente con la vista parziale di chi volesse salvaguardare una  propria specifica certezza o posizione,  comprometterebbe ancora una volta l’esito finale, che è quello di costruire un nuovo partito della sinistra e del lavoro radicato nel presente.

E’ dunque qui il senso che dovremmo dare a questa tre giorni assumendo fino in fondo il concetto di Cosmopolitica: cosmopolitica come luogo in cui poter contribuire a portare ciascuna e ciascuno il proprio punto di vista. Dove non vi siano temi in appalto esclusivo. Dove rendere pubblica la discussione interna. Dove, in sintesi,  costruire effettivamente un nuovo partito che superi tutti i limiti e i problemi che abbiamo conosciuto fino ad oggi.

Buon lavoro a noi tutti/e!

Claudio Grassi (Sinistra Lavoro)

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