PERUGIA – Come è stato spiegato stamani, nel corso di una conferenza stampa, ci sono fisici dell’Università degli Studi di Perugia, Dipartimento di Fisica e Geologia, e dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) della sezione di Perugia tra i protagonisti dell’impresa scientifica che, per la prima volta nella storia, ha consentito di osservare le onde gravitazionali previste da Albert Einstein 100 anni fa con la teoria della relatività generale.

L’annuncio dell’osservazione è arrivato giovedì scorso 11 febbraio durante la conferenza stampa congiunta organizzata negli Stati Uniti dalla Collaborazione dell’esperimento LIGO – Advanced Laser InterferometerGravitational-WaveObservatory e in Italia dall’EuropeanGravitationalObservatory (EGO) a Cascina, nella campagna di Pisa, dove si trova l’esperimento Virgo ideato, realizzato e condotto dall’INFN e dal Centre National de la RechercheScientifique (CNRS) francese attraverso una collaborazione nella quale il team umbro ricopre un ruolo chiave.

COSA È ACCADUTO

Il 14 settembre 2015, quando in Italia erano le 10:50:45, le due antenne di LIGO istallate a Livingston, in Louisiana, e a Hanford, nello Stato di Washington hanno captato il segnale di un’onda gravitazionale: una vibrazione della struttura elastica che rappresenta lo spazio-tempo, un’oscillazione simile all’increspatura generata sulla superficie dell’acqua da un sasso lanciato in uno stagno. L’analisi accurata del segnale osservato, effettuata dalla collaborazione degli scienziati statunitensi ed europei LIGO/Virgo ha consentito di escludere falsi allarmi o imprecisioni degli strumenti e identificare il processo che ha generato l’onda: la “fusione” di due buchi neri.

Questi due giganti, uno di 29 e l’altro di 36 masse solari, si sono avvicinati a una distanza di circa 350 km muovendosi vorticosamente l’uno attorno all’altro fino a scontrarsi a una velocità di circa 150.000 km/s, la metà della velocità della luce, collassando in un unico buco nero con una massa pari a 62 volte quella del Sole. Le 3 masse solari mancanti al totale della somma equivalgono all’energia emessa sotto forma di onde gravitazionali durante l’ultima frazione di secondo del processo di fusione dei due buchi neri. I dati raccolti hanno permesso di stimare che l’evento catastrofico è avvenuto circa un miliardo e mezzo di anni fa, quando sulla Terra facevano la loro comparsa le prime cellule evolute in grado di utilizzare l’ossigeno.

COME CE NE SIAMO ACCORTI

Generando le increspature nello spazio-tempo l’onda gravitazionale modifiche le distanze e le dimensioni degli oggetti. L’effetto è piccolissimo tanto che osservarlo equivale a misurare oscillazioni di un miliardesimo di miliardesimo di metro su una distanza di tre chilometri di lunghezza, come accorgersi che la distanza tra la Terra e Giove è cambiata di una quantità piccola come il diametro di un capello. Sono necessari strumenti accuratissimi come quelli negli Stati Uniti e a Cascina per accorgersi di queste flebili oscillazioni. Per misurare questi spostamenti i rivelatori LIGO e Virgo usano dei fasci laserche vengono fatti viaggiare avanti e indietro all’interno di tubi nei quali si fa il vuoto, lunghi qualche chilometro e disposti perpendicolarmente tra loro a formare una elle. Al termine di questi tubi ci sono degli specchi sui quali i laser si riflettono. Se gli specchi si spostano per il passaggio di un’onda gravitazionale anche il percorso della luce ne risente  e si crea un’interferenza fra i raggi laser dei due bracci della struttura. L’interferenza genera unadebole oscillazione dell’intensità luminosa che viene registrata da appositi strumenti. Gli specchi sono dunque il cuore pulsante dei rivelatori di onde gravitazionali e la loro costruzione e istallazione sono un passaggio cruciale per riuscire a misurare con accuratezza e precisione il passaggio di onde gravitazionali.

QUALE RUOLO HANNO GIOCATO GLI SCIENZIATI del TEAM PERUGINO

È proprio della tecnologia d’istallazione e preparazione degli specchi che si occupa il gruppo di fisici di Perugia. Nel corso degli ultimi trent’anni gli scienziati del team umbro hanno ideato e sviluppato nuove tecniche per la sospensione degli specchi del rivelatore che consentono di apprezzare gli spostamenti impercettibili generati dal passaggio di un’onda gravitazionale eliminando tutti gli altri disturbi che possono venire dalle vibrazioni sismiche del terreno o dalle vibrazioni delle molecole che costituiscono i materiali con i quali gli specchi e le altre parti degli apparati sono realizzate. La ricerca in questo campo si avvale di collaborazioni internazionali di scienziati delle quali fa  parte il gruppo di fisici dell’ateneo umbro coordinato dal Dott. Helios Vocca.

Dopo la messa a punto degli ultimi aspetti tecnici che ne aumenteranno la sensibilità l’interferometro Virgo, istallato nelle campagne pisane a Cascina, comincerà a funzionare intorno alla metà di quest’anno affiancando il rivelatore LIGO nella raccolta dei segnali dall’universo. Virgo e LIGO fanno parte della rete mondiale di osservatori che hanno come obiettivo lo studio del cosmo attraverso le onde gravitazionali. A questi due strumenti si unirà nei prossimi anni un altro esperimento, il giapponese KAGRA. Questa rete mondiale di rivelatori consente di registrare da più postazioni l’arrivo dei segnali descrivendone la natura, l’origine e individuandone con esattezza il punto di provenienza

Aver finalmente ascoltato un’onda gravitazionale è un po’ come iniziare a percepire i suoni dopo essere stati sordi per tutta la vita scoprendo nuovo immenso panorama di fenomeni e processi cosmici.

 

I RICERCATORI DI PERUGIA A CACCIA DELLE ONDE GRAVITAZIONALI

Un’esperienza ventennale nella descrizione teorica e nello sviluppo di tecnologie per osservare le onde gravitazionali che ha condotto anche a ricadute tecnologiche nel campo delle energie rinnovabili.

Il gruppo di scienziati di Perugia che lavora all’esperimento Virgo per la rivelazione e lo studio di onde gravitazionali fa parte del laboratorio NiPS, un team di ricercatori del Dipartimento di Fisica e Geologia dell’Università di Perugia che da circa trent’anni si occupa dello studio del rumore nei sistemi fisici. Il NiPS – Noise in Physical Systems elabora modelli teorici e tecniche sperimentali per studiare la dinamica dei sistemi fisici non lineari e in particolare per lo studio del rumore. Si tratta cioè di conoscere le caratteristiche e saper limitare o utilizzare in modo efficiente tutte quelle vibrazioni che popolano i fenomeni naturali, dalle vibrazioni delle molecole e degli atomi dovute alla temperatura, alle vibrazioni macroscopiche che potrebbero disturbare la rivelazione dei segnali che arrivano dal cosmo e che l’esperimento Virgo rivela.

Il gruppo di ricerca perugino attivo nell’esperimento Virgo, coordinato dal Dott. Helios Vocca, è stato costituito sul finire degli anni ’80 dal Prof. Luca Gammaitoni che attualmente dirige il Laboratorio NiPS (Noise in Physical Systems). Sono nel complesso 12, tra scienziati e tecnici, le persone del Dipartimento di Fisica e della Sezione di Perugia dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare che costituiscono il team coinvolto nell’osservazione e nell’analisi dei dati raccolti sulle onde gravitazionali presentate giovedì scorso; fra loro anche il Dott. Michele Punturo responsabile del gruppo di ricerca astroparticellare per la sezione INFN di Perugia e di progettazione europea per il consorzio EGO (European Gravitational Observatory).

Le abilità acquisite dal team perugino nello studio delle vibrazioni, da quelle microscopiche a quelle più grandi, ha consentito di apportare un contributo essenziale ai metodi utilizzati per istallare gli specchi e il complesso dei sistemi ottici, cuore dello strumento per l’osservazione delle onde gravitazionali: l’interferometro Virgo.

Il rivelatore Virgo istallato a Cascina, nelle campagne poco fuori Pisa, è costituito da due lunghi tubi di tre chilometri l’uno, disposti perpendicolarmente tra loro a formare una elle. All’interno di questi tubi si fa il vuoto e viene fatto correre un raggio laser avanti e indietro attraverso un sistema di specchi. È proprio lo spostamento degli specchi al passaggio dell’onda gravitazionale che ne rileva la presenza. Di conseguenza è cruciale la realizzazione di queste parti dell’apparato.

Attraverso una conoscenza accurata del rumore termico, ovvero delle vibrazioni degli atomi e delle molecole che costituisco i materiati di cui sono fatte le parti del rivelatore Virgo, il gruppo di Perugia ha fatto sì che il segnale delle onde gravitazionali non si confondesse con altri disturbi provenienti dall’ambiente. Il gruppo di Perugia si è occupato, sin dalla nascita del progetto Virgo, dello sviluppo del sistema per sospendere gli specchi all’interno delle torri dell’esperimento. Tale sistema è unico perché consente allo specchio di poter oscillare dissipando pochissima energia e quindi rendendolo estremamente sensibile alla rivelazione dei segnali gravitazionali.

Il pendolo è costituito da sottilissimi fili  prima di acciaio, ora di un particolare vetro: il quarzo fuso. Insieme ai fili è stato ideato e realizzato un sistema originale di ancoraggio degli specchi attraverso tecniche innovative d’incollaggio delle componenti del rivelatore sviluppate tra i laboratori di Perugia e quelli di Glasgow.  Queste tecnologie sono alla base dell’aumento di sensibilità che caratterizza il cosiddetto Advanded Virgo, lo strumento con il quale a partire dai prossimi mesi, sempre a Cascina si avvierà una nuova fase di osservazioni di onde gravitazionali affiancando i detector americani di LIGO con in quali si è effettuata la prima rivelazione di onde gravitazionali.

Le abilità tecniche e le conoscenze teoriche acquisite in questi trent’anni dai fisici dell’Università di Perugia, coinvolti nel progetto Virgo, ha consentito di sviluppare ricadute tecnologiche interessanti nel campo delle energie rinnovabili per l’Information and Communication Technology.  Imparando a recuperare rumore dall’ambiente e a convertire le micro vibrazioni in energia elettrica il laboratorio NiPS ha infatti messo a punto alcuni brevetti che puntano, in un futuro ormai non lontano, a rendere più efficienti i sistemi di alimentazione dei dispositivi elettronici che quotidianamente utilizziamo: dai sensori per il monitoraggio ambientale, a quelli per il controllo dei parametri biomedici degli individui fino ai telefonini, limitando così l’uso delle batterie oggi in commercio. Da questa esperienza è nato anche lo spin-off Wisepower. Se il cosiddetto internet delle cose, l’insieme di sensori intelligenti di cui tanto si parla sarà efficiente e a basso consumo energetico, lo si dovrà anche alla ricerca di base sulle onde gravitazionali e al gruppo di fisici dell’Università di Perugia.

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