La sinistra che non verrà
Era troppo bello per essere vero! I vari spezzoni della sinistra che si rimettono insieme e danno vita ad un nuovo "soggetto" unico. Erano state stabilite, sulla base di un documento comune, persino le tappe: una assemblea nazionale alla metà di gennaio e quindi l'avvio della fase costituente che avrebbe dovuto concludersi a dicembre 2016 con la nuova formazione politica. Un partito o una struttura che consentisse il mantenimento in vita delle attuali diverse organizzazioni? La discussione si è avuta su questo punto e su di esso si è consumata la rottura. Chi aveva riposto fiducia nella possibilità che venisse superata quell'anomalia italiana alla rovescia sui tempi passati, cioè l'assenza di una sinistra degna di questo nome, è andato deluso. La maggioranza di Rifondazione comunista non condivide l'ipotesi del partito unico e pensa di rimanere in vita, anzi di rilanciare e rafforzare la propria organizzazione. Però i suoi iscritti parteciperebbero a titolo individuale alla nuova formazione con un contorto sistema di doppia tessera, tentato sempre con difficoltà e dubbi risultati da altre forze, mai a sinistra. Gli altri sottoscrittori del patto, Sel, il gruppo Fassina, l'Altra Europa con Tsipras, Possiamo, ritengono invece che tutte le organizzazioni vadano sciolte per confluire in un vero e proprio partito unico. Non è facile dargli torto. Al di là, forse, delle intenzioni e delle formule che possono essere escogitate, la ipotesi di Rifondazione ripropone nella sostanza un film, anzi film già visti. Quelli delle coalizioni elettorali che, a partire dall'Arcobaleno per finire alla lista Ingroia, si sono risolte in rovesci elettorali e conseguenti fallimenti politici. Sorte non migliore ebbe la Federazione della sinistra e altre ipotesi associative pensate in questi anni. L'elettorato e il "popolo" di riferimento hanno dimostrato di non gradirle e la sinistra ha continuato a deperire fino a ridursi allo stato per nulla o scarsamente influente di oggi, del quale la frammentazione in tanti gruppi e partiti è causa non secondaria. Il processo di unificazione si è dunque "incagliato" e la confusione è alta sotto il cielo. Mentre una parte del gruppo dirigente di Sei ammicca al Pd, Civati e il suo gruppo mantengono una posizione isolata e i resti del PdCI hanno dato vita al tentativo di ricostruzione del Partito Comunista. Si ripropone insomma il tormento(ne) di questi anni, nei quali alla crisi di tutti i partiti ha corrisposto un cocciuto maggiore attaccamento di ciascuno al proprio simbolo e una ulteriore proliferazione di sigle. E' questa logica che spinge i leader di Rifondazione, forse con generosità ma anche con buona dose di masochismo, a tentare di rianimare un partito la cui funzione pare palesemente esaurita. Che succederà adesso? Prevederlo non è facile, ma conoscendo i soggetti in campo c'è da temere che ciascuno andrà per la sua strada. Sel e Fassina hanno deciso di procedere comunque e si sono dati appuntamento alla metà di febbraio. I risultati di questa nuova diaspora potrebbero essere disastrosamente definitivi. Non solo l'Italicum potrebbe avere l'effetto di mettere fuori o tenere lontano dal Parlamento tutti quanti, ma la loro crisi di credibilità e fiducia sarebbe destinata ad accrescersi fino a diventare irreversibile. E' vero che la sinistra, potenzialmente, esiste in natura. Ma se nessuno la coltiva, è destinata a non prendere forma.
Leonardo Caponi
Questo articolo è stato pubblicato dal Corriere dell'Umbria nell'edizione di martedi 9 febbraio 2016.
L'autore ha autorizzato la sua riproduzione anche su Umbrialeft.

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