C'è poco da sorridere. La crisi economica ha lasciato e sta ancora lasciando vittime. C'è poco da dire, la ripresa tutti la invocano, ma da queste parti non si vede. Su tutto il territorio della provincia di Perugia sono più di cento le crisi aziendali. Nessun settore è escluso: metalmeccanica, commercio, terziario, servizi, agroalimentare, chimica, tessile, trasporti, grafica persino la cooperazione sociale non sfugge a questo bollettino di guerra. Un discorso a parte merita l'edilizia. Crollo di oltre il 50 per cento degli addetti dal 2008, come riporta uno studio dettagliato della Cgil e 14mila lavoratori dipendenti in meno, dai 22mila del 2007 agli attuali 8mila circa di cui molti ancora in cassa integrazione. Se poi pensiamo che il tessuto della nostra regione consti principalmente di piccole imprese, è possibile rendersi conto della gravità della situazione in termini sociali. Addetti che hanno ricevuto la lettera di licenziamento, altri in mobilità e per i più "fortunati" la cassa integrazione. Per non parlare poi delle aziende fallite e di quelle in amministrazione controllata. Una situazione che non può reggere. Si segnala cosi un forte incremento delle partita Iva "con evidente processo di trasformazione del lavoro strutturato - afferma la Cgil umbra - in lavoro autonomo e precario, non sempre volontario". Tré esempi su tutti: Pecci a Gualdo Tadino con l'uscita di sedici dipendenti. Tecnostrade di Perugia con l'addio di circa trentacinque lavoratori e Seprim-Sacib di Trevi con l'abbandono di una ventina di dipendenti. Per non parlare poi dei territori: da Città di Castello, fino a Spoleto passando per il Trasimeno e la fascia appenninica.
Basta andare in giro per la provincia e chiedere: "Come va?". Le risposte sono sempre le stesse: "Male, non ho i soldi, non ho lavoro, sono preoccupato per la mia azienda".
Sembra di stare in letargo in attesa che qualcosa accada dalle nostre parti.
E quel qualcosa ha un nome: ripresa.
A portare un po' di ottimismo ci ha pensato la  Camera di Commercio, attraverso la pubblicazione dei dati sullo stato di salute dell'economia nella provincia di Perugia.
A livello provinciale l'ultimo dato trimestrale (al 30 settembre 2015) registra uno stock di 73.074 imprese iscritte, un dato in termini assoluti sostanzialmente stabile rispetto allo stesso trimestre dell'anno precedente (73.087).
La popolazione delle imprese vede al suo intemo una progressiva redistribuzione di "pesi" fra le forme giuridiche, e i dati confermano la tendenza di lungo periodo al progressivo aumento delle forme giuridiche più complesse e strutturate e alla corrispondente riduzione di quelle più semplici. Si conferma anche la terziarizzazione dell'economia provinciale, in cui hanno un peso preponderante, fra le imprese attive, il settore dei servizi (29,4) e le attività del commercio (24,5%), con un peso ancora preminente del settore primario (21%) rispetto al manifatturiero (10,2%).
"Le analisi dei dati di 'movimentazione', in altre parole sui flussi d'iscrizione o cessazione al Registro delle imprese - scrive l'ente camerale perugino - evidenziano in provincia un notevole rallentamento nelle iscrizioni, che sono diminuite del 14,7%, contrariamente al dato nazionale, che fa registrare un + 1,7%>". Luci e ombre. Secondo l'indagine congiunturale che riguarda il terzo trimestre, segnali positivi arrivano nel settore manifatturiero, sia per la produzione che per il fatturato e gli ordinativi, segnalati tutti in crescita, con buone performance nel settore dell'industria meccanica, dei metalli e delle industrie alimentari. Nel settore del commercio, invece, prevale a livello congiunturale una contrazione delle vendite, imputabile prevalentemente al settore della vendita al dettaglio di prodotti non alimentari, mentre i settori vendita di prodotti alimentari e la grande distribuzione hanno registrato risultati positivi".

Diego Aristei
Twitter:@AristeiDiego

L'articolo è stato pubblicato nell'edizione del Corriere dell'Umbria di sabato 2 gennaio 2015.
L'autore ha autorizzato la sua riproduzione su Umbrialeft.

 

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