Terni/ Il centro unico di cottura è la negazione della filiera corta
L’agricoltura e l’allevamento incidono per il 2% sul Pil della provincia di Terni e per il 3% sul Pil dell’Umbria (fonte: Rapporto sull’economia dell’Umbria, Banca d’Italia – maggio 2015 presentato all’UniPg il 19 maggio 2015).
Ritengo tale premessa necessaria per discutere di “filiera corta” e di “chilometro zero” in riferimento al dibattito aperto a Terni sulla refezione scolastica proprio perché, come afferma il segretario del PD, sulla salute dei bambini che mangiano nelle nostre scuole non si può scherzare. Ma non si può nemmeno fare speculazione politica.
I genitori hanno il diritto e il dovere di preoccuparsi della salute dei loro figli, e forze politiche responsabili dovrebbero sentirsi in obbligo di coinvolgere gli stessi genitori in ogni processo decisionale che porti la pubblica amministrazione all’assunzione di determinazioni interessanti i bambini.
Piuttosto che arroccarsi su posizioni di superiorità, dunque, il maggior partito di governo della città dovrebbe dare prova di questa responsabilità e aprire un tavolo un discussione aperto e permanente proprio con i genitori dal quale, probabilmente, emergerebbe che il nodo qualità delle mense e i principi del chilometro zero e della filiera corta non si scioglie e non si affermano con l’ipotesi del CENTRO UNICO DI COTTURA appaltato all’esterno, magari a qualche cooperativa già fortemente presente in questo settore.
Il Centro Unico di Cucina appaltato all’esterno è la negazione della “filiera corta” e del “chilometro zero, in quanto un centro unico di cucina presuppone la preparazione di un notevole numero di pasti attraverso una razionalizzazione dei processi di produzione e dei costi, che a sua volta impone acquisti di materie prime in maniera massiva e non certo selezionata dal singolo coltivatore diretto che ha il piccolo orto a Piedimonte o il piccolo allevamento a… A ?
Ciò è tanto più vero, credo, se il centro unico di cucina dovesse essere appaltato all’esterno a un soggetto che già gestisce altre mense, in città e/o fuori città. Grandi ordini significa abbattimento dei costi e quindi possibilità di mantenere il costo mensa abbordabile per le famiglie. Non va dimenticato, infatti, che nella esternalizzazione del servizio si devono fare i conti con la necessità di business del soggetto gestore. A Terni, o nella provincia di Terni, per rispettare il “chilometro zero”, esistono realtà produttive in grado di assecondare con costanza una così forte domanda?
La vera distanza che il PD dovrebbe accorciare è quella con i cittadini delle città che amministra: sia coerente con le sue parole e coinvolga i genitori (magari non solo quelli che lavorano per le amministrazioni che comanda) in ogni singola fase dell’ammodernamento delle gestioni pubbliche comunque indispensabile e indifferibile.
Andrea Fabbri

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