Siamo tutti parigini, ma l'Europa c'è?
Quello che occorre ora è rispondere a "questa guerra" con senso di responsabilità, gli stati europei devono muoversi insieme sapendo che la sfida va vinta uniti. Fughe in avanti non servono, così come non serve voler imporre il proprio modello democratico ad un popolo diverso per cultura, serve invece una politica estera basata su una strategia comune che punti ad un obiettivo finale credibile. Scegliere di bombardare senza chiedersi come organizzare poi, non è più una strada percorribile. Ricordiamoci dei bombardamenti in Libia e della destituzione di Gheddafi e della guerra in Iraq che ha prodotto situazioni geopolitiche ancora più complesse delle preesistenti. Serve non farsi prendere dal timore e dalla paura. Non serve cambiare il nostro modo di vivere. Non serve fermare i campionati d'Europa di calcio del 2016, non serve però, questo si, sottovalutare le minacce dell'Isis, ma guardare ai grandi eventi attrattivi come possibili rischi. L'Onu, l'Europa devono muoversi, non sull'ali dell'emotività, ma lanciando messaggi di ferma condanna verso ogni forma di terrorismo che tenta di destabilizzare la sicurezza dei tanti popoli della terra. Siamo in un tempo in cui la paura ci fa considerare il diverso come un potenziale pericolo, torna a farsi spazio il concetto di frontiera.
Non abbandoniamoci a false equazioni. Immigrati uguale a delinquenti sarebbe soltanto fare una politica estera basata sulla superficialità e sulla demagogia.
Giocondo Talamonti

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