PERUGIA - “Gli aspetti più problematici dell'assistenza territoriale riguardano le case della salute, i rapporti con i medici specialisti, i servizi per disabili e minori autistici, il preziario e il nomenclatore regionale, le liste di attesa e i posti nelle residenze sanitarie assistite. Ma anche il 'Dopo di noi', i centri Alzheimer, disturbi del comportamento alimentare e servizi di assistenza domiciliari”. È quanto emerso durante l'audizione convocata dalla Terza commissione consiliare, presieduta da Attilio Solinas, a cui hanno partecipato rappresentanti sindacali dei medici di base, dei pediatri e referenti dei distretti sanitari di base.

Aprendo l'incontro, che si è svolto lo scorso mercoledì a Palazzo Cesaroni, il presidente Solinas ha rimarcato l'importanza della medicina generale e la sua funzione di mediazione tra cittadini e sistema assistenziale, illustrando l'importanza di alcuni presidi, come le case della salute, che “dovrebbero essere gestite dalla medicina generale insieme alla specialistica, ai pediatri di base e ai medici della continuità assistenziale ed essere in grado di trattare la riacutizzazione delle malattie croniche così come i codici bianchi dei pronto soccorso per evitare il loro congestionamento e favorendo la deospedalizzazione. Alcuni ospedali svolgono già funzioni di Case della salute mentre altre strutture potrebbero assolverle se opportunamente dotate”.

GLI INTERVENTI
LEANDRO PESCA (Federazione Italiana Medici di Medicina Generale): “Ci sono alcune problematiche che non riguardano disponibilità economiche ma una diversa organizzazione del sistema, per renderlo più efficiente. Sarebbe necessario che il medico che prescrive un accertamento diagnostico provvedesse anche alla sua prenotazione. Stanno rifacendo il nomenclatore, è stato fatto un gruppo tecnico, non so se sono stati coinvolti gli operatori del territorio. Sull'assistenza domiciliare, i distretti hanno fatto molto per dare assistenza infermieristica ma ancora non c'è la possibilità di fare visite specialistiche a domicilio. Gli ospedali di distretto vanno realizzati perché possono assolvere alla funzione di passaggio dall'acuzie ospedaliera all'assistenza territoriale, soprattutto dove ci sono problemi sociali. È necessario fare un lavoro tecnico importante che poi però deve essere recepito dalla politica. I fondi per l'assistenza domiciliare non devono essere più utilizzati per far quadrare i conti degli ospedali”.

FRANCESCO GIORGETTI (Federazione Italiana Medici di Medicina Generale): “Chi può essere assistito sul territorio non deve essere costretto ad accedere all'ospedale. Ad Arezzo sono riusciti a far quadrare il bilancio proprio promuovendo la medicina di territorio. Per arrivare ad una assistenza h24 è necessaria una vera integrazione tra medici di medicina generale e operatori della guardia medica. Inoltre i primi dovrebbero poter mettere a disposizione dei secondi tutti i dati dei pazienti. In questo modo il pronto soccorso sarebbe sgravato dal lavoro dei codici verdi.  Le Case della salute sono strutture valide ma si dovrebbe parlare di 'aggregazioni funzionali territoriali': la gran parte dei medici lavora in medicina di gruppo quello che manca è l'integrazione con gli specialisti e la possibilità, in urgenza, di avvalersi della loro prestazione senza passare dal pronto soccorso, che risulta altrimenti intasato. Nei centri salute sono carenti numericamente le unità infermieristiche. Investire sul territorio paga, non ci sono dubbi. Sul prontuario regionale, dovrebbe essere ben chiaro, in particolare per specialisti e ospedalieri, che va sempre prescritto, a parità di efficacia, il farmaco meno caro, peraltro il prontuario farmaceutico regionale non è stato mai realizzato”.

MARCELLO RONCONI (Sindacato Nazionale Autonomo Medici Italiani): “La sanità umbra soffre di problemi che ne stanno inficiando l'efficienza. Gli argomenti da affrontare sono moltissimi e particolari. Anche in Umbria ci sono cittadini che rinunciano alle cure per motivi economici o per le lungaggini burocratiche. Controllare la domanda di prestazioni dei cittadini è un problema complesso. I medici di medicina generale hanno difficoltà nei rapporti con gli specialisti, dato che nei fatti sono dei dipendenti chiamati a rispettare molte regole, più di quelle che riguardano i medici ospedalieri. Sulla appropriatezza delle cure tutti gli attori devono giocare il proprio ruolo e sarebbe necessaria anche più adeguata informazione sanitaria per i cittadini. I medici di medicina generale tendono a non rispettare le linee guida sulla prescrizione dei farmaci. Lo studio del medico di medicina generale è di fatto un avamposto territoriale della sanità pubblica, perché è lì che vengono fatte le vaccinazioni; si tratta di fatto del front office della sanità regionale. Riconoscere questo ruolo potrebbe portare a garantire polizze assicurative adeguate ai medici, che altrimenti possono non essere affatto assicurati. La riduzione a due sole Asl in Umbria dovrebbe prevedere una uniformità assistenziale che però non c'è. Servono linee regionali univoche per tutta l'Umbria”.

MARCO CAPORALI (Cisl medici): “Necessario raggiungere un accordo con i medici specialisti altrimenti il sistema fallisce. Il sistema di prenotazione tramite cup spesso crea incomprensioni, con prescrizioni che vengono richieste come urgenti anche se non lo sono, oppure usando termini sbagliati nella richiesta così da generare lunghe discussioni con i pazienti. Sull'Alzheimer, a Umbertide c'è un bel centro diurno che però ha una regola da rivedere: se il paziente viene ricoverato nella residenza protetta poi non può più accedere al centro diurno, cosa che invece potrebbe giovargli. Il nomeclatore dei termini da usare per le prescrizioni rappresenta un problema: esistono tipologie di prestazioni che al Cup non risultano e così gli esami non possono essere prenotati. Serve un raccordo migliore e più etico e onesto tra specialisti e medici di medicina generale”.

TERESA URBANI (direttore distretto sanitario base di Orvieto): “Il distretto di Orvieto ha l'indice di vecchiaia più alto dell'Umbria, ma nonostante questo non abbiamo nemmeno una residenza sanitaria assistita (Rsa). L'assistenza territoriale dovrebbe avere una forza maggiore per evitare ricoveri inappropriati e degenze troppo lunghe. Possiamo garantire l'assistenza domiciliare per sole 12 ore al giorno e siamo carenti di strutture intermedie. Siamo costretti a ricorrere ai ricoveri in residenze protette anche quando si potrebbero sfruttare altre soluzioni, come le Case della salute, che ancora non sono state realizzate. Nell'ambito della semiresidenzialità abbiamo appena iniziato a lavorare al diurno per Alzheimer e disturbi cognitivi degli anziani, che però dispone di solo 10 posti letto che sono già tutti impegnati, con conseguenti liste di attesa. Disturbi comportamento alimentare: come distretto abbiamo un budget che gestiamo attraverso passaggi nelle unità di valutazione che poi decidono quale via seguire: residenziale o semi residenziale. Però da due anni una delibera regionale permette l'accesso al centro che si trova nella Asl 1 il ricovero di persone che non sono passate da alcun sistema di valutazione. Questo ci porta a ricevere richieste di pagamento molto consistenti senza che sia stata valutata la effettiva necessità del ricovero. Abbiamo una forte criticità per la sede del consultorio di Orvieto, ormai inadeguata rispetto alle barriere architettoniche. Abbiamo dovuto dislocare le diverse attività in più punti, facendo venir meno il lavoro di equipe, svolgendo alcuni corsi all'interno dell'ospedale. Si sta disperdendo l'esperienza di trenta anni di lavoro e di eccellenza. Nell'ambito della salute mentale, lavoriamo molto sulla domiciliarità e sulla semi residenzialità. Abbiamo due gruppi appartamento e un diurno. La maggior parte dei pazienti viene seguito a domicilio”.

ANNA RITA COMODI (direttore distretto sanitario di base Alto Chiascio): “Confermo la necessità di un raccordo migliore tra specialisti e medicina generale. Abbiamo la necessità di ricreare punti di ascolto per gli utenti che siano snodi veri dai quali iniziare un percorso assistenziale, per evitare che i cittadini siano abbandonati a se stessi. Abbiamo lavorato sulla riduzione delle liste di attesa. Nell'Alto Chiascio c'è una tradizione di domiciliarità molto efficiente che riesce a garantire una reperibilità per alcune cure di h24, evitando ricoveri e migliorando anche le cure palliative. Bisognerebbe investire su una specialistica, seppure limitata, ma esterna all'ospedale e disponibile ad andare sul territorio. Sulle strutture intermedie: sono stati attivati circa 10 posti nelle residenze sanitarie assistite, 14 posti a Branca e 6 in una struttura privata a Gualdo Tadino. Non abbiamo liste di attesa in Rsa. C'è lista di attesa per le residenze protette, nelle tre strutture convenzionate. Esistono liste di attesa anche per i centri Alzheimer, dato che questi pazienti non possono essere gestiti nelle Rsa. Le sedi dei distretti sono vecchie ma si spera di vedere ristrutturati i vecchi ospedali di Gubbio e Gualdo, dato che ci sono progetti in fase di avanzamento con la finalità di realizzare le Case della salute”.

PAOLA MENICHELLI (direttore distretto sanitario di base di Foligno): “Necessaria maggiore attenzione ai minori, almeno quanta ne richiedono gli anziani. Mancano centri diurni per i bambini e per gli adolescenti autistici. Bisogna affrontare le conseguenze della comunicazione 'medica' su internet, che sta portando ad un forte calo delle vaccinazioni, perché erroneamente correlate all'insorgenza di autismo. Il territorio è debole rispetto all'ospedale che ha una struttura, organizzazioni, strumenti e linee guida. Il territorio non ha la possibilità neppure di configurare standard assistenziali. Noi non riusciamo a garantire l'assistenza domiciliare h24. Esiste il grave problema della cronicità, per affrontare la quale forse non bastano le Case della salute, dove ci devono essere medici di medicina generale e continuità assistenziale. Gli specialisti devono essere disponibili ma non necessariamente essere ovunque. Bisogna valutare il bacino d'utenza e il numero di medici che operano nella casa della salute. Ci siamo confrontati con i colleghi di Arezzo, ma la differenza è che la Regione Toscana ha fatto un accordo con la medicina generale che punta a dare importanza al territorio. Servono linee di indirizzo univoche per tutti i territori: deve sussistere ovunque le possibilità di predisporre cure intermedie anche dove non ci sono ospedali da riconvertite. Abbiamo 25 posti di residenza sanitaria assistita in una struttura privata convenzionata che servono soprattutto per dimissioni protette dall'ospedale. C'è un centro diurno Alzheimer con 30 posti, che risultano insufficienti. L'assistenza domiciliare non viene garantita in tutto il territorio: non possiamo più usufruire dell'assistenza specialistica degli ospedalieri. I nostri servizi sono sanitari e socio-sanitari, in questo siamo legati ai comuni e al fondo per la non autosufficienza. Finanziamento che sono sempre incerti e rendono difficile la programmazione”.

SIMONETTA ANTINARELLI (direttore distretto sanitario di base di Spoleto): “La residenza sanitaria assistita rientra nell'ambito sanitario e prevede un ricovero di 60 giorni per il post ricovero e le cure h24. Le residenze protette invece rientrano nell'ambito sociale e accolgono i pazienti non autosufficienti fino al termine della loro vita. Ci sono grandi problemi in materia di autismo, ci arrivano diagnosi continue di questo tipo. Non si ragiona di recupero del minore. Ci prediamo in carico la disabilità per tutta la vita. Siamo a contatto con realtà davvero molto difficili, con situazioni familiari drammatiche. Dal fondo nazionale per la non autosufficienza dipende la garanzia del futuro dei servizi. I Comuni non hanno più fondi e le famiglie sono chiamate alla compartecipazione su alcune spese in base all'Isee. A parte la Rsa e l'autismo tutti gli altri sono servizi che devono essere finanziati dai Comuni. L'ospedale gioca ancora il ruolo principale in tutta la programmazione. Il sistema non potrà reggere a lungo, la revisione della rete ospedaliera non basta perché non c'è stata la differenziazione funzionale degli ospedali. Serve un vero investimento sul territorio. Nelle Rsa c'è una gestione prevalentemente infermieristica e non è una struttura adeguata per la lungodegenza. Speriamo che il nuovo piano sanitario sia più sintetico e preveda misure che trovano concretezza. Abbiamo una bella Casa della salute, dai confini peraltro incerti, in cui sono confluiti tutti i servizi del territorio tranne i medici di medicina generale”.

FRANCO LANZI (direttore distretto sanitario di base Valnerina): “Abbiamo una popolazione spalmata sulla montagna, che richiede assistenza domiciliare molto complessa e che porta via molto tempo. Questo rende impossibile la creazione di una Casa della salute e crea difficoltà logistiche evidenti. Abbiamo molti servizi, a parte il centro Alzheimer e quello per l'autismo: per entrambi dovremmo creare una struttura e poi andare a prendere i pazienti in tutta la Valnerina. Abbiamo una Rsa nell'ospedale di Cascia, dove c'è anche la riabilitazione intensiva e il primo soccorso mentre in quello di Norcia c'è il primo soccorso, la geriatria con 15 posti letto e 7 posti letto per la chirurgia. In Valnerina è stata unificata la dirigenza di distretto e ospedali, questo ha permesso di poter gestire meglio l'assistenza domiciliare”.

TIZIANA VALENTINI (Federazione Italiana Medici Pediatri): “Nella pediatria di base abbiamo problemi sovrapponibili a quelli della medicina generale. In più nel nomenclatore non esiste la dizione 'pediatrico' e questo rende difficile anche la prescrizione degli esami. Necessario investire nella riabilitazione e nella individuazione precoce degli handicap dei bambini. Una diagnosi precoce e un intervento programmato possono cambiare la vita di un minore. Anche l'autismo può essere affrontato in modo più efficace intorno ai 20 mesi di vita”.

STEFANO FEDERICI (direttore distretto sanitario di base Terni): “All'ospedale spetta di affrontare l'acuzie mentre al territorio spetta affrontare la complessità in cui non c'è un caso uguale all'altro. Si possono ridurre le spese solo modificando l'impianto gestionale. Sul territorio la complessità significa risposte socio-sanitarie. Il modello Casa della salute è vincente ma non funziona in tutte le realtà e va strutturato in modo diverso tra le città e il resto del territorio. È sempre necessario far partecipare i cittadini, rendendoli così responsabili e riuscendo a ridurre la spesa sanitaria. Stiamo cronicizzando le situazioni patologiche e questo porta ad aumentare la spesa sanitaria. Bisogna rimodulare gli interventi. I disabili dovrebbero essere messi al centro dell'attenzione, dato che la situazione è problematica. Le famiglie si trovano ad affrontare anche il tragico quesito del 'dopo di noi', con bisogni assistenziali enormi, che richiedono un approccio culturale nuovo. Per gli anziani parzialmente non autosufficienti inventammo 10 anni fa le residenze servite, dove potevano stare persone anziane che avevano lievi disabilità. Negli ultimi anni la Rsa ha assunto le caratteristiche della lungodegenza mentre le residenze protette e quelle servite sono ormai in condizioni fortemente critiche. La 'delibera 21' ha posto dei vincoli regionali alla partecipazione di comuni e cittadini alla spesa sanitaria: si è creata una situazione complessa e seria”.

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