Da dove inizia la crisi della sinistra
Se vogliamo datare l’inizio della crisi della sinistra possiamo indicare il 1980. È l’anno infatti in cui negli Usa viene eletto presidente Ronald Reagan, in Inghilterra vincono le elezioni i conservatori di Margaret Thatcher. In Italia il movimento sindacale subisce una sconfitta storica alla Fiat che peserà moltissimo nel cammino del sindacato e della sinistra politica. Viene soppressa nel sangue la rivolta operaia di Danzica e in Polonia si consuma il colpo di stato di Jaruzelski. L’Unione Sovietica invade l’Afganistan e instaura un regime.
Questi sono i fatti che determineranno un profondo cambiamento storico culturale e modificheranno nel profondo, anche in senso antropologico, i paradigmi classici in cui la sinistra si era confrontata con la propria gente.
I temi come il lavoro, la pace, la democrazia, sui quali si costruiva l’azione politica che richiamava la passione dei soggetti politici, non attraggono più le masse. Vengono considerati anacronistici, emerge una cultura, che diventerà egemone, che verrà denominata edonista e che influenzerà la gran parte dell’opinione pubblica, ma soprattutto giovani e la quasi totalità dei ceti medi.
C’è una interessante considerazione, su questo punto, di Diego Fusaro, che fa risalire questa cultura addirittura al 1968 dove vengono rivendicate con forza e determinazioni le libere espressioni individuali.
La solidarietà si esprime attraverso un volontarismo personale e caritatevole e non è più vista come espressione di classe: trionfa l’individualismo.
Ma al di là di questa considerazione, è negli anni 80 che si afferma questo cambiamento antropologico che la sinistra non ha colto trovandosi completamente spiazzata rispetto agli eventi della storia che incalzavano inesorabilmente.
La sconfitta poi del referendum sulla scala mobile, il crollo dell’Unione Sovietica e dei regimi ad essa collegati; avvenuti più a “colpi di Gorbaciov” (per usare una felice espressione di Rina Gagliardi) che per una crisi, che pure c’era, irreversibile di quei sistemi; lo scioglimento del PCI e la rinuncia del sindacato alla rivendicazione del diritto al lavoro, sono state delle logiche conseguenze.
A tutto questo c’era un disegno ben preciso perseguito, coerentemente ed efficacemente, dal capitalismo finanziario: colpire il sindacato, superare il concetto di Stato sociale privatizzando sanità istruzione e previdenza, monetizzare al massimo l’economia globale, diminuire i spazi democratici e quindi la partecipazione dei cittadini alla gestione della cosa pubblica, dominare economicamente vaste regioni e stati destabilizzando, sia politicamente che socialmente, intere popolazioni.
È quello che si è concretizzato totalmente negli ultimi tre decenni.
La sinistra europea è stata responsabile di questa drammatica situazione accettando incondizionatamente tutte le teorie economiche che portavano ad intensificare la finanza in economia. Si può dire che la politica non che sia stata subalterna alla politica, ma è la politica stessa che ha determinato la nascita e lo sviluppo di questa era denominata Finanzacapitalismo.
Non si creano più profitti attraverso l’investimento del denaro per creare merce per ricavarne denaro, ma è dal denaro stesso che si producono utili. È avvenuto in questo modo il passaggio da un capitalismo mercantile a quello finanziario.
Oggi questo capitalismo è in profonda crisi. I debiti sovrani, la Grecia è solo un esempio e gli esempi sono molteplici compreso quello italiano, strozzano interi stati. L’UE è stata creata con questo paradigma finanziario e gli effetti negativi sono sotto gli occhi di tutti: precarietà nel lavoro, disoccupazione, crescita economica a zero, diritti negati. Esplode in maniera biblica il fenomeno dell’immigrazione.
Ma è da questa drammatica situazione che la sinistra deve trovare la forza per ricreare un punto di vista alternativo, per ricreare quella massa critica che possa essere da fondamenta che le permetta di rinascere e di essere nuovamente punto di riferimento per tanti cittadini, lavoratori, giovani.
Attualmente siamo divisi e frastagliati. Ogni attuale raggruppamento o partito è geloso della propria autonomia. Ma è solo attraverso un azzeramento di tutte le forze attualmente in campo che si può pensare di ricostruire una forza moderna ed efficacia che porti avanti le istanze classiche del nostro pensiero: uguaglianza, diritti, lavoro, ambiente, pace.
Attilio Gambacorta,
Associazione Sinistra Lavoro Umbria

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