La commedia della ripresa
Finalmente possiamo stare tranquilli e, non fosse per il caldo fuori misura di queste notti d’agosto, dormire sonni profondi. La “ripresa” c’è e si va “consolidando”. Lo dice ogni momento il premier. Compare col passo dinoccolato e il fare sorridente, e sembra sul punto di mandare baci a quelli che incontra sul suo cammino. Lo conferma il suo ministro dell’economia. Non ha incertezze e quando appare scompigliato e affaticato è solo per il peso della borsa che, come fa vedere la tv, porta alle riunioni di Bruxelles. Lo ribadiscono, in coro, le persone in materia più attendibili, cioè i componenti del governo e i membri della segreteria del Pd. Usano, più o meno, tutti(e) le stesse parole e hanno lo sguardo fisso e l’identico sorrisino stampato sulle labbra. Sembrano fotocopiati/e, ma esprimono la calma dei forti ed è quello che ci vuole per infondere sicurezza negli interlocutori. Il loro ottimismo è ripreso, enfatizzato e diffuso a piene mani dai media che contano e fanno opinione. E’ giusto che sia così, affinché anche quella parte di popolo sofferente e recalcitrante venga “convinto” che la situazione è meno brutta di quel che sembra e che il meglio ormai è a portata di mano. Del resto sarebbe un medico incosciente quello che, di fronte al quadro clinico di un paziente gravemente ammalato, la cui febbre scende da 40 a 39,9, non dicesse che è in via di guarigione!
Il futuro è roseo, ogni dubbio va dunque dismesso. Aumentano i contratti a tempo indeterminato ma, globalmente, cala l’occupazione? L’Istat, nel raffronto giugno 2014 – maggio 2015, dice che i disoccupati saranno 75mila in più? Che il tasso dei senza lavoro passerà dal 12,40 al 12,70? Che la disoccupazione giovanile salirà dal 43,30 al 44,20 per cento? Che la produzione industriale scenderà ancora anche se di poco? Per Paesi come l’Italia ha senso parlare di ripresa solida solo sopra al 3 per cento di Pil? Al di sotto di questa soglia non ci può essere aumento di buona occupazione, cioè lavoro stabile e dignitosamente retribuito? Le più autorevoli istituzioni finanziare mondiali hanno affermato che l’Italia, se tutto va bene, potrà tornare a “prima della crisi”, nel 2027? Dietro questi aridi numeri, esiste il dramma umano di intere generazioni di giovani esclusi dal lavoro e, in prospettiva, dalla pensione? Quanta potenziale ricchezza per il Paese, va perduta in questo modo?
Ma no!, tutti questi interrogativi sono solo la macumba dei gufi malauguranti. Presto l’ottimismo contagerà finalmente anche la Regione dell’Umbria, anzi lo sta già facendo. Appare ancora però più un dovere di ufficio e di appartenenza che una convinzione reale. Bisognerà essere meno timidi e più risoluti, come sta facendo il nuovo assessore regionale. I contratti a tempo indeterminato sono aumentati sopra la media nazionale, mentre in mille hanno aderito al progetto “garanzia giovani”(?). Di fronte a queste nuove certezze scompaiono i titoli da gufo dei giornali locali che hanno descritto una situazione catastrofica con oltre 50mila disoccupati, tetto “sfondato” per la prima volta e quasi 200 aziende in crisi.
L’Umbria, in realtà, è alle soglie di un miracolo economico. Si potrebbe convocare una riunione della Direzione del Pd per dare il fatidico annuncio. Come quella che ha fatto Renzi sui problemi del Mezzogiorno che, ha detto, con cinquanta miliardi di fondi europei in sette anni, potrà recuperare lo storico divario che lo separa dal resto del Paese. Ora, l’Umbria, nello stesso periodo di programmazione europea 2014 – 2020, di miliardi ne avrà quasi uno e mezzo, cioè, in proporzione, una grandezza analoga a quella del Sud. Adesso, i casi sono due: o l’Umbria si accinge ad entrare nel firmamento delle Regioni più ricche d’Europa, o quella di Renzi è una fanfaronata.
Un qualche grande autore di libri o di teatro ha scritto che, in fin dei conti, la vita è una grande commedia. Mai, come la politica di oggi.
Leonardo Caponi

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