Ho approfittato della visita alla mostra sulla collezione Lanza per un giro nella Galleria Nazionale dell'Umbria. È stato triste trovare occupata da una parte della Collezione Martinelli la stanza di Aldo Capitini. Una specie di cella francescana dietro l'orologio del Comune dove Capitini, che per non aderire al fascismo perse il lavoro di segretario alla Normale di Pisa, ha vissuto poveramente ed ha riflettuto sul futuro dell'Italia assieme a tanti Padri della Patria come Calogero, Bobbio, Ugo La Malfa. Ed è stato lì che Perugia ha iniziato a divenire, come ha scritto Walter Binni, “il centro concreto e ideale della sua attività e l'appoggio costante della sua aspirazione”.

Ora quella stanza non c'è più. È stata trasformata in una saletta qualsiasi nel percorso espositivo della Galleria. Se ciò è avvenuto è perché Perugia sta diventando indifferente a chi le ha regalato la libertà. Non è che ci sia un disegno preciso, ma si sta creando un clima per cui si pensa sia normale mettere la lapide del Comune agli antifascisti del Caffè Turreno nello scantinato prima, verso l'uscita del bar dopo le lamentele. Così come se bisogna cambiare nome ad una delle due sedi della scuola Mario Grecchi, il partigiano fucilato a 18 anni, gli si lascia intestata quella più periferica. E che il Presidente del Consiglio comunale di Perugia consideri divisivo ricordare che Ilvano Rasimelli sia stato partigiano. Pure la rievocazione storica di cui si parla a Perugia ha uno sgradevole sapore “nostalgico”, sa rivalsa verso il XX Giugno che, non dimentichiamolo, è anche il giorno della Liberazione di Perugia dal fascismo.

La stanza di Capitini è vittima non voluta di questa strisciante rimozione. Dovevano lasciarla com'era, libera da opere per consentirle d'essere una pausa riflessiva all'interno del percorso museale. Per aiutare i visitatori della galleria a pensare quello che significano quei pochi metri quadri nella storia di Perugia, dell'Italia e del pensiero non violento nel Mondo. Per far sapere che Perugia non ha lasciato solo grandi opere d'arte, ma anche una grande personalità come Aldo Capitini e la stanza “francescana” dove ha vissuto.

C'è da sperare che il nuovo direttore della Galleria appena nominato si prenda cura di quel piccolo luogo, si renda conto della sua importanza e, sopratutto, lo osservi con occhio sentimentale non pensando solamente a quello che ci si potrebbe mettere dentro.

Vanni Capoccia

Nella foto: come era la stanza di Aldo Capitini

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