di Roberto Ciccarelli

Alla ker­messe Pd sulla scuola orga­niz­zata dome­nica scorsa nell’auditorium di via Palermo a Roma Renzi ha riba­dito che "gli scatti di merito per gli inse­gnanti sono giu­sti". Pro­prio quelli che la con­sul­ta­zione online sulla «Buona Scuola», che ha impe­gnato per mesi il governo, ha boc­ciato. Il 60% dei par­te­ci­panti a quella che è stata defi­nita, con un filo d’enfasi, "una grande con­sul­ta­zione", ha boc­ciato il piano di Renzi sugli scatti sti­pen­diali matu­rati in base al "merito" indi­vi­duale e non sull’anzianità dei ser­vi­zio. Il 46% è per un sistema misto su sti­pen­dio e merito, il 14% per l’anzianità.

L’opposizione della "base" tele­ma­tica auscul­tata dal governo è com­pren­si­bile. Secondo le inten­zioni dei meri­to­crati al governo, la riforma pre­ve­de­rebbe aumenti sti­pen­diali fino a 60 euro ogni tre anni, ma solo per i 2/3 degli inse­gnanti (il 66%). E non è detto che gli aumenti agli sti­pendi tra i più bassi dei paesi Ocse arri­ve­reb­bero sem­pre alle stesse per­sone ogni trien­nio. Stando al pro­getto ini­ziale della riforma, la valu­ta­zione del "port­fo­lio di cre­diti e titoli" dei docenti dovrebbe essere effet­tuata all’interno degli isti­tuti da un nucleo spe­cia­liz­zato.

Al ter­mine di que­sto esame, l’interessato potrebbe tro­vare una brutta sor­presa. Secondo una serie di pro­ie­zioni, pub­bli­cate da tempo su rivi­ste spe­cia­liz­zate come "Oriz­zonte Scuola", al nono anno il docente pur meri­te­vo­lis­simo potrebbe essere sca­val­cato in clas­si­fica da un col­lega valu­tato diver­sa­mente. Sem­pre che que­sto non accada già al terzo o al sesto anno. Nel sistema com­pe­ti­tivo con­ce­pito sotto il governo Renzi, lo sti­pen­dio sarà una que­stione di pro­ba­bi­lità. Entrare nel 66% dei docenti pre­miati non è da tutti. E non può essere per sempre.

Poi c’è l’aspetto oscuro della riforma, di cui pochi ancora par­lano. In que­sto sistema saranno tutti a per­dere a turno. Secondo le pro­ie­zioni, infatti, un docente con 42 anni di ser­vi­zio potrebbe arri­vare a per­dere fino a 26 euro men­sili, 312 all’anno. E lo Stato potrebbe rispar­miare 200 milioni annui per 650 mila docenti.

Que­ste sono le ragione della boc­cia­tura alla quale il Par­tito Demo­cra­tico, pur abboz­zando, aveva pro­messo di rime­diare all’indomani della sonora scon­fitta. L’ipotesi sarebbe quello di adot­tare un sistema misto (merito+anzianità) di cui, ad oggi, non si cono­sce ancora il con­te­nuto. L’uscita di Renzi di dome­nica scorsa sem­bra avere can­cel­lato que­sto dif­fi­cile pas­sag­gio per la sua riforma, ma il pro­blema resta. In attesa del con­si­glio dei mini­stri di venerdì 27 che appro­verà un decreto legge e dise­gno di legge delega, non hanno risolto uno dei nodi prin­ci­pali della "riforma", l’aritmetica poli­tica che gover­nerà la "meri­to­cra­zia" nella scuola "per i pros­simi trent’anni". Que­sto è il respiro che Renzi intende dare al suo operato.

Per ragioni com­pren­si­bili alla pro­pa­ganda i chia­ro­scuri sono stati messi in secondo piano e ci si è sof­fer­mati più volen­tieri sulle cifre dei docenti neo-assunti dal 1 set­tem­bre. Per loro è stato stan­ziato circa 1 miliardo di euro nel 2015, altri 3,7 quelli ancora attesi. Una sta­bi­liz­za­zione mai vista in Ita­lia, sulle cui cifre oggi non c’è cer­tezza. Per mesi si è par­lato di poco più di 148 mila assun­zioni dalle gra­dua­to­rie in esau­ri­mento (GaE). Oggi si oscilla tra le 120 mila e le 134 mila, com­pren­sive dei vin­ci­tori del "con­cor­sone" del 2012 e degli ido­nei. Di que­sti, tra i 100 e i 110 mila arri­ve­reb­bero dalle GaE che però non saranno svuo­tate del tutto, a dif­fe­renza di quanto pro­messo. Lo saranno secondo neces­sità: il numero delle cat­te­dre (tagliate dalla riforma Gel­mini) e dall’effettiva dispo­ni­bi­lità dei fondi stan­ziati. Se così fosse, que­sto signi­fica che, al momento, il governo non ha i soldi per fare le assun­zioni annunciate.

La ridu­zione del numero dei neo-assunti dalle GaE è avve­nuto in ragione della sen­tenza della Corte di Giu­sti­zia Euro­pea del 26 novem­bre scorso che ha impo­sto all’Italia di assu­mere i circa 90 mila docenti pre­cari che hanno matu­rato 36 mesi di ser­vi­zio negli ultimi cin­que anni nel rispetto della diret­tiva euro­pea 70 del 1999 con­tro la rei­te­ra­zione dei con­tratti a ter­mine. Il governo sem­bra essere inten­zio­nato ad assu­merne dai 14 ai 28 mila. E solo una minima parte lo sarà dal primo set­tem­bre.

Que­sto signi­fica che è pos­si­bile un piano plu­rien­nale di assun­zioni e che le sup­plenze non spa­ri­ranno. A tutto que­sto biso­gna aggiun­gere gli altri pre­cari, che pur avendo i titoli e le abi­li­ta­zioni, non sono rien­trati nelle GaE e restano nella seconda fascia. Su que­sta cate­go­ria ci sono altre voci. Il listino delle quo­ta­zioni parla di 2 mila sup­plenti su posto vacante nell’organico di diritto: 755 dalla seconda fascia, 163 dalla terza. Dalle GaE sareb­bero 873 in pos­sesso del requi­sito (avere lavo­rato più di 36 mesi). Cifre irri­so­rie rispetto ai 90 mila esclusi. Dal Cdm dovrebbe arri­vare anche un nuovo rego­la­mento sulle classi di con­corso, oltre alla con­ferma di un nuovo con­corso nel 2016 per assu­mere altri 40 mila insegnanti.

In attesa di venerdì, men­tre al Miur si maci­nano bozze su bozze, restano alcune, forti, cer­tezze. Per i docenti resta il blocco del con­tratto, fermo al 2009, gli sti­pendi più bassi d’Europa. Da que­sto tour­bil­lon di anti­ci­pa­zioni, resta escluso il per­so­nale Ata.

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