di Andrea Fabozzi

"Con­tenti tutti". "Meglio così". "Sarà più facile" si com­piac­ciono i colon­nelli ren­ziani della morte pre­sunta del patto del Naza­reno. Con troppo entu­sia­smo, fanno notare nella mino­ranza Pd, visto che quel patto era pre­sen­tato come indi­spen­sa­bile per le riforme. Si pre­nota allora l’ala ber­sa­niana: senza Ber­lu­sconi si potranno cam­biare le riforme. Ma non è aria: andiamo avanti senza modi­fi­che, chiude il discorso la mini­stra Boschi.

Revi­sione costi­tu­zio­nale e legge elet­to­rale sono entrambe alla camera. La prima riparte mar­tedì, con venti arti­coli e 1.600 emen­da­menti da votare. Tanti, ma i tempi (con­tin­gen­tati) sono in sca­denza. Facile allora pre­ve­dere ten­sione in aula e appelli dell’opposizione al nuovo capo dello stato. Si affron­te­ranno gli arti­coli sul Titolo V e poi sul pro­ce­di­mento legi­sla­tivo, com­presi i voti a data fissa e i decreti, ai quali ha fatta un signi­fi­ca­tivo accenno nel suo discorso Mattarella.

La legge elet­to­rale andrebbe calen­da­riz­zata in com­mis­sione a Mon­te­ci­to­rio, dove non c’è molto spa­zio pro­prio per l’eccesso di decreti in sca­denza. Se la rot­tura del Naza­reno fosse vera, cadrebbe l’argomento con il quale Renzi ha difeso fin qui i capi­li­sta bloc­cati: «Li vuole Ber­lu­sconi». E infatti i ber­sa­niani già chie­dono di dimi­nuire il numero di can­di­dati «nomi­nati», e di aumen­tando quelli scelti con le pre­fe­renze e di ridurre la dimen­sione dei col­legi (che adesso sono quat­tro volte quelli del Mat­ta­rel­lum).

La mag­gio­ranza senza Forza Ita­lia ma con Sel e 5 stelle ci sarebbe. Ma "cam­biare l’Italicum signi­fi­che­rebbe affos­sarlo", ferma tutto Boschi. Quindi il patto vive due volte, oppure eleg­gere un cen­ti­naio di depu­tati senza pre­fe­renze piace anche a Renzi. C’è un pro­blema, però: l’Italicum avrebbe biso­gno di cor­re­zioni tec­ni­che impor­tanti, quelle che il Pd ha pro­vato invano a far pas­sare come "coor­di­na­mento", e modi­fi­carlo signi­fi­che­rebbe farlo tor­nare al senato dove senza Forza Ita­lia la mag­gio­ranza non c’è. L’unica alter­na­tiva è l’ennesima for­za­tura del governo: un decreto mal­grado la Costi­tu­zione lo vieti in mate­ria elet­to­rale. E di nuovo si tor­ne­rebbe a guar­dare al Colle.

Dif­fi­cile che Renzi rie­sca a far appro­vare il dise­gno di legge di revi­sione di qua­ranta arti­coli della Costi­tu­zione entro la pros­sima set­ti­mana. Ci pro­verà, e infatti sono pre­vi­ste vota­zioni fino a sabato. In tv irride i "par­ti­tini", poi non può smen­tire Alfano quando gon­gola: "Senza Forza Ita­lia noi e l’Udc siamo tor­nati deci­sivi". Ma Forza Ita­lia si sfi­lerà dav­vero? Pochi ci cre­dono, e la for­mula "vote­remo solo quello che ci con­vince" va letta ricor­dando quante volte Ber­lu­sconi ha par­lato di que­ste come delle "sue" riforme.

E comun­que nei numeri Renzi ha poco da temere, anche per que­sto si allarga. Non che nelle 421 vota­zioni che ci sono state in tutto il mese di gen­naio la mag­gio­ranza abbia sem­pre bril­lato: più di una volta è scesa sotto la soglia della mag­gio­ranza asso­luta, che pure sarà indi­spen­sa­bile nell’ultima let­tura, e quasi sem­pre ha man­cato il quo­rum dei due terzi. E dun­que il refe­ren­dum con­fer­ma­tivo non sarà la gen­tile con­ces­sione annun­ciata da Renzi, ma un finale obbli­gato. A mag­gior ragione se Forza Ita­lia si sfi­lasse sul serio.

In attesa di pro­vare a cam­biare l’Italicum, la mino­ranza Pd ha almeno un altro paio di bat­ta­glie da fare sulle riforme costi­tu­zio­nali: l’innalzamento del quo­rum per la dichia­ra­zione dello stato di guerra (arti­colo 17) e la pos­si­bi­lità che anche l’Italicum sia sot­to­po­sto al vaglio pre­ven­tivo della Con­sulta (arti­colo 13). Fin qui però i ber­sa­niani non hanno mai votato con­tro, lo ha fatto solo Civati, pre­fe­rendo più pru­den­te­mente non par­te­ci­pare al voto. Con­fer­mas­sero que­sta scelta, Renzi avrebbe poco da temere.

Anche nei pas­saggi più dif­fi­cili, ad esem­pio sull’emendamento che ha rein­tro­dotto i sena­tori di nomina pre­si­den­ziale, i voti dei ber­lu­sco­niani sono stati solo aggiun­tivi. E anche quando Forza Ita­lia ha annun­ciato che avrebbe dis­sen­tito dal Pd, è suc­cesso sull’elezione diretta del capo dello stato, a evi­tare pro­blemi oltre la metà del gruppo azzurro è rima­sta fuori dall’aula. Il Naza­reno era già più forte degli annunci.

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