di Massimo Franchi

Dopo il san­gue e i man­ga­nelli, il governo prova a recu­pe­rare, per quanto pos­si­bile. Men­tre i lavo­ra­tori soli­da­riz­zano con gli ope­rai di Terni lungo tutta la peni­sola con pre­sidi e scio­peri, Mat­teo Renzi decide di gio­care la carta del pacificatore.

Di prima mat­tina decide di avo­care a sé la trat­ta­tiva sulla Ast di Terni. La riu­nione ini­zial­mente con­vo­cata al mini­stero dello Svi­luppo viene spo­stata a palazzo Chigi. In pompa magna i sin­da­ca­li­sti mal­me­nati mer­co­ledì ven­gono accolti da un pre­si­dente del Con­si­glio sor­ri­dente. Il suo uffi­cio stampa, visti i son­daggi che lo vedono per­fino più popo­lare del pre­mier, manda a raf­fica foto con Mau­ri­zio Lan­dini, nean­che fosse la madonna pel­le­grina. Il ten­ta­tivo è quello di bis­sare la vicenda Elec­tro­lux, l’unica grande ver­tenza risolta dal governo Renzi. Ma sono pas­sati sei mesi, quasi un’era geo­lo­gica, poli­ti­ca­mente par­lando. E le strade di Renzi e Lan­dini si sono sepa­rate e divaricate.

Il ten­ta­tivo comun­que in parte rie­sce, l’invito ad abbas­sare i toni e a non stru­men­ta­liz­zare gli scon­tri rie­sce. Poi però Renzi deve lasciare il tavolo per salire da Napo­li­tano a par­lare di mini­stro degli esteri. E l’importanza del tavolo scema rapi­da­mente. Il nuovo appun­ta­mento è fis­sato per il 6 novem­bre al mini­stero dello svi­luppo. Que­sta volta anche con l’azienda presente.

Dal punto di vista della trat­ta­tiva poco è cam­biato rispetto a mar­tedì, quando poco prima della man­ga­nel­lata l’ad di Ast Lucia Mor­selli era uscita dal mini­stero dell Svi­luppo dicen­dosi dispo­sta ad «inten­si­fi­care la trat­ta­tiva». L’unica novità emersa ieri riguarda la dispo­ni­bi­lità del governo a met­tere sul piatto della trat­ta­tiva 10 milioni di euro di sconti sul prezzo dell’energia. Guidi ha poi annun­ciato che «l’azienda ha accet­tato un livello mas­simo di 290 esu­beri, 140 dei quali già rea­liz­zati. Ne riman­gono 150 che stiamo cer­cando di pre­ser­vare al mas­simo». Il cal­colo è però assai sci­vo­loso: viene fatto togliendo coloro che hanno accet­tato i 60mila euro netti di incen­tivo, per­so­nale in parte già in mobi­lità e che in parte va a sguar­nire reparti fon­da­men­tali per la soprav­vi­venza stessa delle acciaierie.

L’altro annun­cio riguarda il man­te­ni­mento in atti­vità di entrambi i forni del sito, uno a piena capa­cità pro­dut­tiva, e l’altro in fun­zione 5 giorni su sette. Secondo i sin­da­ca­li­sti più otti­mi­sti il piano pre­vede un taglio dalle attuali 1,1 milioni di ton­nel­late annue a circa a 700–800 mila. Livello a cui risulta dif­fi­cile tenere al lavoro circa due­mila ope­rai che rimar­reb­bero. La grande inco­gnità è che comun­que si tratta solo di pro­messe. Fatte per di più da quella Lucia Mor­selli che già un mese fa aveva aperto alla media­zione del governo per modi­fi­care il piano indu­striale. Pec­cato che due set­ti­mane dopo ha fatto ripar­tire la pro­ce­dura di mobi­lità per 550 dipen­denti. Cono­scendo il per­so­nag­gio gli ope­rai non sono per niente rassicurati.

Di certo non lo sono, su un totale di 330, i 200 lavo­ra­tori Ilsert che da mar­tedì notte sono in cassa inte­gra­zione a zero ore. La più grande ditta dell’indotto che per Ast ha sem­pre tenuto i ser­vizi di parco rot­tame, movi­men­ta­zione e rotoli si è vista tagliare ben sette delle dieci atti­vità che svol­geva all’interno dello sta­bi­li­mento ter­nano. Un altro dispetto di Lucia Mor­selli che paghano i lavoratori.

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