"Siderurgia in mano agli asiatici. Il Governo deve fare la sua parte"
Il 4 settembre ci sarà a Roma l'incontro per la vicenda della Ast di Terni. Insieme a Taranto è uno dei banchi di prova più importante sui quali il Governo è atteso per dire la sua in termini di politica economica. Ieri sera il segretario della Fiom Maurizio Landini è andato da Renzi a palazzo Chigi. All'uscita ha avuto poche parole per i giornalisti. Si è parlato della crisi, ha detto, sottolineando che da settembre in poi non avremo un periodo facile. Controlacrisi ha intervistato l'economista Vincenzo Comito sulla situazione della siderurgia.
Dall’esplosione della vicenda dell’Ilva di Taranto in poi, il settore siderurgico in Italia sta attraversando una fase non facile. Quali prospettive ci sono?
Intanto, deve essere chiaro che il problema dell’impiantodi Tarantoè doppio.C’è la questione ambientale che la magistratura ha sollevato con determinazione, ma anche il fatto che la proprietà di Taranto era sempre meno in grado di far fronte a un mercato europeo e mondiale che è cambiato fortemente. Al di là della questione ambientale per Taranto non abbiamo in italia nessun gruppo capace di farsi carico di quel sito produttivo.
Proprietà inadeguata, cosa vuol dire nello specifico?
Al di là della questione dei soldi, che nel settore ne servono tanti. I Riva avevano una visione sul breve termine, più di tipo commerciale che industriale. Facevano soldi comprando al momento giusto. Avevano grandi stock per speculare sul minerale di ferro.
Cosa sta accadendo nel mercato mondiale dell’acciaio?
Da molti anni si va configurando una dimensione del mercato mondiale che non è più quella di una volta. Il mercato mondiale continua a crescere nel tempo ma la crescita non è più data dai paesi sviluppati ma da quelli emergenti. La Cina produce circa il 46% dell’acciaio mondiale. E’ una potenza, cosi come nel cemento del resto. C’è una statistica che dice che in due anni la Cina produce tanto cemento quanto gli Usa in un secolo. In più, su questo mercato gravano diversi problemi. Intanto, quello della sovracapacità produttiva che riguarda il mondo l’Europa ovvero 500 milioni di tonnellate all’anno di cui 300 in Cina. Però anche in Europa si sente questo problema. In questo mercato poi ci sono molte turbolenze. I prezzi all’input hanno teso a crescere fortemente neglil ultimi anni. Dall’altra i prezzi del prodotto finito, data la forte concorrenza, tendono a non crescere con la stessa dinamica. Tutto questo produce grandi movimenti nel settore, con tendenza ad andare a comprare addirittura direttamente nelle miniere, alla internazionalizzazione, alla concentrazione, alla riduzione continua dei costi. E l’Europa si trova più o meno nella stessa situazione.
La produzione di qualità apre qualche prospettiva?
Mantenersi sula qualità dà qualche margine in più ma anche gli asiatici sanno fare la qualità ormai. I cinesi pur avendo una grande capacità in eccesso ancora non hanno spinto più di tanto. Nel lungo termine gli asiatici sono in grado di fare qualsiasi cosa in qualsiasi settore. Una via d’uscita è la concentrazione e l’internazionalizzazione. Per questo ci vogliono grandi raggruppamenti e grandi capacità. In Europa questo processo c’è stato.
L’Europa unita ha avuto nell’acciaio il suo mito di fondazione, nel vero senso della parola. Non sembra però che quell’assetto regga ancora.
InEuropa si sta affrontando il nodo in ordine sparso. Il piano Ue dell’acciaio è un piano ridicolo che non sta insieme. In Europa resistono i tedeschi e riescono a fare dei prodotti in un’ottica nazionale. A livello di accordi tra i principali produttori euroepi non si è fatto pressoché niente.
Sul futuro di Taranto quindi ci sono molte ipoteche?
l problema di Taranto è abbastanza grave. Nel senso che nella sostanza la soluzione è quella che arrivi un grande produttore e se la compri. Per difender gli interessi nazionali sarebbe opportuno che nell’assetto del capitale entrasse un soggetto pubblico. Ma con questo governo non si vede questa possibilità.
Si era puntato soprattutto su Arcelor-Mittal solo che è già fortemente presente in Europa e con forti capacità produttive. Se entrasse è per evitare che entrino i cinesi e i coreani ma chiuderebbe mezzo impianto. Ci sono voci di trattative con altri produttori ma non se ne sa molto di più. La cosa che è certa è che il governo non si interessa molto neanche della questione dell’ambiente. Ha liquidato Ronchi, e messo al suo posto un commissario ma con poteri limitati.
A Terni cosa dobbiamo aspettarci?
La commissione europae tempo fa intervenne per dire che non si poteva fare un certo accordo con un produttore finlandese perché era contro l’antitrust. E dopo entrarono i tedeschi della Thyssenkrupp, che ad un certo punto hanno registrato alcune perdite. La Ast è un’ottima azienda. Speriamo che si trovi una soluzione perché l’azienda è appetibile.

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