PERUGIA - “L'atto approvato oggi dall'Assemblea legislativa sulla vertenza Ast conferma l'unanime rifiuto, da parte della comunità politica regionale, del business plan di Thyssen, riconosciuto finalmente per quello che è, ovvero un autentico disegno di dismissione del sito siderurgico ternano”. Così il capogruppo regionale di Rifondazione comunista per la Federazione della sinistra, Damiano Stufara che rimarca come, “in questi giorni di mobilitazione dei lavoratori, la dirigenza aziendale non ha fatto altro che aggravare la propria condotta unilaterale, disconoscendo gli accordi per la gestione della cassa integrazione ordinaria e disponendo una fermata degli impianti nel mese di agosto funzionale all'attuazione del piano. Un'ulteriore conferma non solo della volontà di Thyssen di andare avanti sulla propria strada, ma soprattutto della palese incompatibilità degli interessi della multinazionale tedesca con quelli della nostra comunità regionale e nazionale”.

 “Di fronte a questo scenario – continua Stufara -, ben descritto nell'atto approvato oggi, rimane aperta la questione di come le istituzioni intendano rapportarsi con Thyssen qualora questa non retroceda dai propri intenti, seguendo la strada già percorsa in questi anni da altre multinazionali nel nostro territorio, a partire da Basell. Una questione – spiega - che come Gruppo consiliare del Partito della Rifondazione Comunista abbiamo inteso porre formalmente, con un emendamento in cui chiedevamo, qualora si dovesse verificare tale probabile scenario, di avanzare al Governo italiano la proposta di ricorrere ad un investimento diretto in Ast per mezzo del Fondo strategico italiano, strumento per le partecipazioni statali controllato dalla Cassa Depositi e Prestiti”.

 Per Stufara , “la riformulazione dell'atto e l'accoglimento del merito della nostra proposta, consentono di dare le giuste proporzioni alla discussione sul ruolo che saranno chiamate ad assumere le istituzioni pubbliche nell'immediato futuro, se si vorrà concretamente rispondere colpo su colpo alla durezza manifestata da Thyssen nei confronti tanto dei lavoratori e della comunità locale, quanto dell'intero sistema industriale nazionale”.

“In assenza di strumenti in grado di sbloccare il rapporto con la multinazionale – commenta il capogruppo di Rifondazione comunista -, il rischio concreto è infatti quello di scivolare progressivamente verso una mediazione al ribasso. Nel 2004 – ricorda -, in occasione della vertenza sul lamierino magnetico, la chiusura di tale impianto determinò come contropartita oltre 600 milioni di investimenti; diversa era la composizione generazionale della forza lavoro impiegata, e diverse erano le norme regolanti l'uscita dal lavoro e gli strumenti di ammortizzazione sociale. Nel 2014 ogni ipotesi di mediazione, in una fabbrica dove l'età media non arriva a 40 anni, con una crisi di sovrapproduzione a livello europeo destinata a ridimensionare su larga scala la capacità produttiva, con il combinato disposto dalla Riforma Fornero tramite l'innalzamento dell'età pensionabile e lo stravolgimento del sistema degli ammortizzatori sociali, equivale ad un epilogo più o meno rapido, ma ineluttabile, della siderurgia ternana”.

“Oltre al 'Piano A' di far ritirare a Thyssen il suo scellerato disegno per Ast – aggiunge Stufara -, il Governo italiano, come chiesto oggi dalla Regione Umbria, avanzi anche un 'Piano B', che veda la politica recuperare un ruolo effettivo nell'economia del Paese nei settori strategici. Un 'Piano B' – conclude - che già oggi, ne siamo convinti, costituisce l'autentica alternativa al declino economico e sociale non solo nella siderurgia ternana, ma nel complesso delle attività produttive indispensabili in un Paese che voglia ancora dirsi industriale”.

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