di Arm.Alle.

 

PERUGIA - Una composizione a più mani. Sono state suonate note dolenti e note di speranza, nella sala Santa Chiara, in via Tornetta a Perugia. Lo hanno fatto parlando del commercio e del declino del centro storico di Perugia. Lo hanno fatto all’incontro, organizzato dall’associazione Umbrialeft,  Giuseppe Castellini, direttore de Il Giornale dell’Umbria, Stefano Vinti, Assessore regionale, il prof. Luca Ferrucci, economista, Giuseppe Capaccioni, dell’Ascom di Perugia e Massimiliano Baccari, Fiva – Ambulanti – Confcommercio.

Si è partiti dalla domanda: “I centri storici delle città italiane sono destinati ad un irreversibile declino economico, sociale e culturale, oppure la sfida per rigenerare le città riparte da un rinnovato magnetismo di questi luoghi?” e da qui sono state percorse le tappe che dal periodo di splendore della città, dall’età dell’oro dell’economia, ha portato, inesorabilmente, a partire dagli anni 80, a causa dei mutamenti storici e culturali, alla situazione attuale.

Una situazione, quella di oggi, che preoccupa, gli interlocutori al tavolo, i commercianti e i cittadini presenti al dibattito. Preoccupa, più che altro, la situazione che si è venuta a creare, molti (ma non tutti  per fortuna) si sono come adagiati sugli allori del benessere che ha visto protagonista Perugia negli anni ’70 e hanno abbandonato il centro storico spostandosi nelle zone residenziali della città e nelle prime periferie affittando i propri appartamenti in centro.

Ma non solo, il declino del centro storico, come ricorda Castellini in apertura dei lavori, è dovuto con molta probabilità alla boom dei centri commerciali che non si limitano a catturare molti clienti che, potenzialmente, avrebbero potuto rivolgersi ai negozi cittadini, ma indeboliscono in maniera diretta il centro storico perugino per quanto riguarda le sale cinematografiche. E così anche per le librerie che non rappresentano più i capisaldi culturali del centro e subiscono una fortissima contrazione. (vedi la recente “migrazione” di Betti n.d.r)

Non dimentichiamo, che anche il calo degli studenti universitari ha contribuito e sta contribuendo alla desertificazione del centro storico, la lenta emorragia di studenti, che va avanti dal 2004, ha contribuito senz’altro a frenare un possibile rilancio del centro storico. Complice anche lo spostamento dei plessi universitari dal centro verso la periferia, soprattutto per quanto riguarda gli studenti di ingegneria e di medicina.

Il problema del calo degli studenti è responsabile del declino del centro storico anche secondo il prof. Ferrucci, che ricorda quanto l’Università attraeva giovani e conseguentemente incrementava l’economia anche grazie ai numerosi appartamenti in affitto nel cuore dell’acropoli. Ma poi, secondo il professore di economia, la crisi economica, l’immigrazione e la microcriminalità sono aumentati fino a diventare i “gradini a ribasso” della città che fotografano la crisi strutturale che il centro storico sta attraversando.

A suo avviso, le operazioni da fare per un rilancio del centro sono strutturali e mirate. La strada per rivitalizzare il centro storico passa attraverso l’accessibilità al centro, all’incremento del numero di residenti, all’abbassamento del prezzo dei parcheggi e alla creazioni di maggiori eventi culturali. Ma non solo, accanto a tutto questo, serve anche un altro motore per accrescere la ricchezza del centro, un centro storico che deve essere luogo di insediamento di giovani con alte capacità di creare impresa e aumentare l’economia. E per questo è anche necessario reinventare gli spazi: “esistono edifici in centro – ricorda Ferrucci - , edifici pubblici che sono ibernati nel loro utilizzo, sono un patrimonio pubblico inutilizzato. Ed esempio i distretti militari, da quando è stata abolita la leva militare, potrebbero essere utilizzati come centri di aggregazione e luoghi per creare impresa, come spazi culturali e ricreativi”.

Un altro problema sollevato dai relatori riguarda la mobilità e l’accesso al centro. A dirlo è Giuseppe Capaccioni, che ricorda che sin dall’inizio i commercianti sceglievano il luogo dove “metter su bottega” badando a quanto fosse stata di passaggio una strada. E ad oggi la situazione non è cambiata. L’unica cosa che è cambiata è stato l’accesso al centro. Un accesso “vietato” ai cittadini e ai turisti che inevitabilmente hanno costretto i commercianti a spostare le proprie attività nelle zone limitrofe al centro ma più trafficate.

Ma la chiusura dei negozi, a detta di Massimiliano Baccari, della Fiva, è una conseguenza delle “invasioni barbariche” dei franchising e dei negozi monomarca nel centro. Il commercio, secondo, Baccari, per essere rilanciato ha bisogno di un’inversione di tendenza. Bisogna riscoprire quei luoghi che hanno fatto la storia della città. Non a caso indica il Mercato Coperto, oramai in disuso, come una importantissima piattaforma, una priorità strategica per il centro storico di Perugia.

Una Perugia che soffre e inconsapevolmente è stata descritta dall’Assessore regionale Stefano Vinti, una Perugia come “un pugile che è stato contato già un paio di volte e che ancora sta in piedi senza sapere il perché”. Una Perugia che sta pagando il prezzo della prolificazione selvaggia dei centri commerciali e che è penalizzata dalla mancanza di attrazioni in centro. Un intervento di recupero e riutilizzo di immobili da destinare all’edilizia residenziale pubblica a canone concordato “è sicuramente uno strumento fondamentale per riqualificare edifici, beni e patrimonio edilizio”. Solo facendo ritornare i cittadini nell’acropoli si raggiunge l’obiettivo di rivitalizzare il centro storico cittadino, riqualificando immobili, rilanciando attività produttive e commerciali, e di porre le condizioni per un efficace contrasto alla criminalità.

I problemi, a conti fatti sono tanti, ma sono problemi risolvibili. Sono spunti dai quali partire per discutere e per cercare delle soluzioni. Con il venir meno nel corso degli anni, di universitari, turisti e industrie competitive si è generata una fase di acuta crisi identitaria ed economica del centro di Perugia. Una crisi dalla quale è possibile, e si deve, uscire.

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