PERUGIA - “Il tempo che viviamo ci chiede di essere la guida di un radicale cambiamento della società umbra. La crisi economica e sociale, unita ad un livello di intollerabile ingiustizia sociale e diseguaglianza, ci impongono di dare risposte nuove alla evidente domanda di innovazione che viene dalle nostre comunità. La straordinaria partecipazione dell'8 dicembre impone al Pd di dare una risposta alla chiara volontà dei nostri iscritti, militanti ed elettori che ci hanno semplicemente chiesto di cambiare. La nostra sfida è quella di dare una vera e credibile risposta a questa domanda di cambiamento”. Stefano Fancelli ha le idee chiare sulle priorità del Pd per l’Umbria. Anzitutto cambiamento e rinnovamento.

Quindi autonomia, dai vertici romani e dalle istituzioni. E poi: riforme, a partire da quella del titolo V, lavoro, welfare, competitività ed economia globale. Titoli, per ora, che attraverso il confronto e la partecipazione saranno riempiti di nuovi contenuti. Fancelli si propone come “segretario del cambiamento”. Si definisce il “Renzi di sinistra”, aggiungendo che “il voto per Renzi non è di propritetà di qualcuno”, e si presenta in conferenza stampa senza la claque, “perché non è più tempo di stare chiusi in queste stanze, è fuori che dobbiamo andare”. Annuncia, rispondendo alle sollecitazioni di Walter Verini, che non si candiderà a niente fintanto che rimarrà segretario: “Non mi sono mai candidato a nulla – spiega. Ho accettato solo per servizio, mai per farmi cooptare”. Ma soprattutto si dice libero “dalla camicia di forza” che si è chiusa intorno a chi si è candidato in solitaria ma si è poi lasciato stringere “dall’abbraccio affettuoso dell’apparato”. Si riferisce al suo principale sfidante quando dice: “Troppe rassicurazioni, troppe pacche sulle spalle; noi di questa malattia dei giovani con le pacche sulle spalle ci moriamo”. Invece, il primo compito del Pd deve essere quello di riconquistare credibilità, innanzitutto dando risposte concrete e credibili ai bisogni delle persone, a partire dalla richiesta di cambiamento che gli elettori del Pd hanno lanciato con il voto dell’8 dicembre, ma ancora prima gli italiani hanno espresso con il voto alle politiche del febbraio scorso, scegliendo di astenersi o di sostenere l’antipolitica grillina. E allora ci vuole “il coraggio di cambiare”, come recita il titolo del documento a sostegno della candidatura di Fancelli. “C’è bisogno – secondo il candidato – di una discussione vera, di una battaglia a campo aperto, non di un accordo politico che rischia di chiudere la discussione”. “Il voto del 16 febbraio è un voto aperto, libero, non può essere ridotto a una pratica burocratica da archiviare in fretta, un po’ alla chetichella, a un passaggio paludato, chiuso, sterilizzato.

Ci si chiede di cambiare, non ci può rispondere: tranquilli, abbiamo un accordo. Gli umbri ci hanno chiesto di misurarci e rinunciare a discutere non è un bene. Dico no, dunque, ai compromessi, sì alla chiarezza. Altrimenti si rischia che i cittadini vadano a cercare il cambiamento altrove”. E a Leonelli dice: “Giacomo, rassegnati, tu sei il candidato dell’apparato”. Dietro al quale ci sono “diverse idee di partito e di governo della comunità locale, persone a volte nemmeno così entusiaste di innovare”. Ovviamente, spiega Fancelli, “non sono contrario a costruire una forte unità, ma l’unità deve venire dopo il confronto”. Fancelli mette sul tavolo alcuni temi. Cambiamento, certo. Ma poi anche autonomia. Dal gruppo dirigente romano: “Non c’è bisogno di ‘yes man’ che vadano a Roma a battere le mani al segretario, dobbiamo, al contrario, interpretare l’autonomia e la dialettica del partito federale”. Quindi dalle istituzioni: “non per contrapporsi, ma perché il partito deve essere protagonista del cambiamento, sostenere ma anche incalzare le istituzioni”. Quindi partecipazione: “apriamoci a quanti credono nel progetto del Pd”. Anche in occasione del congresso regionale, per cui Fancelli propone “un confronto aperto, senza rete né platee addomesticate, con i cittadini, secondo la formula di ‘X Factor’, perché anche se non amo la politica spettacolo, se il cittadino in tre minuti racconta i suoi problemi, in tre minuti possiamo dare una risposta”. Per quanto riguarda le idee di merito, Fancelli elenca qualche spunto, con il proposito di costruire una piattaforma attraverso il confronto e la partecipazione nei prossimi giorni. E allora: “dobbiamo dire qualcosa sulla riforma del titolo V – spiega – sulle unioni dei Comuni e sull’abolizione delle Province, nella convinzione che l’Umbria non può giocare in difesa questa partita”. E ancora su lavoro e welfare, su competitività ed economia globale e su come il territorio umbro possa essere protagonista di nuovo sviluppo. Senza dimenticare “il ruolo strategico dell’Università, tema su cui il partito deve riprendere il filo dell’interlocuzione”.

Quattro i titoli nel Pantheon personale di Fancelli, che si lancia in qualche citazione con l’intenzione di “non fare come molti che citano libri senza averli letti o film senza averli visti”.

E allora Tomasi di Lampedusa con il Gattopardo.

“Ma perché sei vestito così? Cosa c’è? Un ballo in maschera di mattina?” Il ragazzo era diventato serio: il suo volto triangolare assunse una inaspettata espressione virile. “Parto, zione, parto fra un’ora. Sono venuto a dirti addio”. Il povero Salina si sentì stringere il cuore. “Un duello?” “Un grande duello, zio. Un duello con Franceschiello Dio Guardi. Vado nelle montagne a Ficuzza; non lo dire a nessuno, soprattutto non lo dire a Paolo. Si preparano grandi cose, zio, ed io non voglio restare a casa. Dove del resto mi acchiapperebbero subito se vi restassi”. Il principe ebbe una delle sue solite visioni improvvise: una scena crudele di guerriglia, schioppettate nei boschi, ed il suo Tancredi per terra, sbudellato come quel disgraziato soldato. “Sei pazzo, figlio mio. Andare a mettersi con quella gente. Sono tutti mafiosi e imbroglioni. Un Falconieri dev’essere con noi, per il Re”. Gli occhi ripresero a sorridere. “Per il Re, certo, ma per quale Re?”. Il ragazzo ebbe uno di quei suoi accessi di serietà che lo rendevano impenetrabile e caro. “Se non ci siamo anche noi, quelli ti combinano la repubblica. Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi. Mi sono spiegato?”.

Quindi “Voto amaro”, dell’associazione Itanes, che indaga il voto del 13 febbraio andando al di là dei candidati e delle modalità in cui è stata condotta la campagna elettorale.

E allora Max Weber e le sue riflessioni su “La scienza come professione”, e “La politica come professione”. “Ci sono funzionari – sottolinea Fancelli – che al capo cui si legano chiedono prebende e potere. Altri, come Enrico Berlinguer, che rimangono fedeli ai valori della propria gioventù”.

Infine Settimio Gambuli, con “La mia Umbria”. “Dobbiamo alla sua generazione – spiega Fancelli – la nostra identità, i nostri valori. Rappresenta una classe dirigente che è stata in grado di costruire una base valoriale e una visione per la nostra regione. Ora è il nostro tempo”.

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