di Susanna Ronconi

Le muni­ci­pa­lità ita­liane — dopo gli scon­for­tanti appelli ispi­rati dal Dipar­ti­mento Anti­droga (Dpa) con­tro i con­su­ma­tori di sostanze psi­coat­tive visti come soste­ni­tori delle mafie — tor­nano a essere sog­getti attivi nelle poli­ti­che sulle dro­ghe? Pre­sto per can­tar vit­to­ria, ma i due ordini del giorno sulla can­na­bis appro­vati dal Con­si­glio Comu­nale di Torino il 13 gen­naio scorso quanto meno aprono uno spi­ra­glio (www​.fuo​ri​luogo​.it).

Il primo, pro­mosso dal radi­cale Sil­vio Viale, appro­vato a grande mag­gio­ranza con soli tre voti con­trari, invita la Regione Pie­monte a dare il via libera all’utilizzo di far­maci a base di can­na­bi­nolo e il mini­stero della Sanità ad auto­riz­zarne la pro­du­zione sia su base natu­rale, sia su base chi­mica.

Il secondo, primo fir­ma­ta­rio Marco Gri­maldi di Sel, ripren­dendo la pro­po­sta di legge dei sena­tori Fer­rante e Della Seta, impe­gna Sin­daco e Giunta «ad atti­varsi presso il Par­la­mento affin­ché sia ini­ziato il con­fronto sul pas­sag­gio da un impianto di tipo proi­bi­zio­ni­stico ad un impianto di tipo legale della pro­du­zione e della distri­bu­zione delle dro­ghe cosid­dette “leg­gere”», pre­ve­dendo anche che «un suc­ces­sivo decreto potrebbe deter­mi­nare le carat­te­ri­sti­che dei pro­dotti desti­nati alla ven­dita al det­ta­glio, della tipo­lo­gia degli eser­cizi auto­riz­zati alla ven­dita».

Non è una rivo­lu­zione, ma nello sce­na­rio iper­proi­bi­zio­ni­sta che regna nel nostro paese, non­ché nella distra­zione sul tema dro­ghe che carat­te­rizza la gran parte delle città ita­liane, è un pas­sag­gio cui pre­stare atten­zione. Innan­zi­tutto per­ché la muni­ci­pa­lità di una grande città in cui il feno­meno dei con­sumi è rile­vante e plu­rale si esprime per una revi­sione della legge Fini-Giovanardi, rile­van­done i limiti. Ma anche per­ché una città fa sen­tire la pro­pria voce, can­di­dan­dosi — di nuovo o final­mente — a essere pro­po­si­tiva, ricor­dando come approcci di mag­giore tol­le­ranza e lo stesso approc­cio di ridu­zione del danno sono stati, dal 1980, in tutta Europa pro­prio il pro­dotto dell’azione locale e muni­ci­pale.

Un primo effetto già si vede: altre città stanno per pre­sen­tare ordini del giorno simili, e que­sto può aprire a nuove sen­si­bi­lità anche nel mondo della poli­tica, che sul tema potrebbe recu­pe­rare almeno po’ della distanza che la separa dai cit­ta­dini, e tro­vare un ter­reno pro­po­si­tivo d’azione, magari pro­prio soste­nendo con mag­giore con­vin­zione le poli­ti­che di ridu­zione del danno. Sono mode­ra­ta­mente otti­mi­sti anche a Info­shock, la realtà autor­ga­niz­zata tori­nese che sta lavo­rando a una pos­si­bile ver­sione ita­liana dei Can­na­bis Social Club (Csc), sull’onda delle espe­rienze euro­pee che cer­cano vie di lega­liz­za­zione e gestione “con­trol­lata” dal basso di pro­du­zione e con­sumo indi­vi­duale, tera­peu­tico e ludico. Ma soprat­tutto, per i futuri Csc, l’ordine del giorno apre e invita alla pos­si­bi­lità di una rego­la­men­ta­zione «i cui punti a favore sono la non puni­bi­lità della col­ti­va­zione a uso per­so­nale e la pos­si­bile ces­sione per con­sumo imme­diato di una pic­cola quan­tità di sostanza».

Come da copione, dalla curia ad alcuni media locali e alcune comu­nità, si è sca­te­nata la cam­pa­gna ter­ro­ri­stica con­tro la canapa, ade­gua­ta­mente adot­tata a distanza dal Dpa, ma la prag­ma­tica ricerca di una solu­zione ragio­ne­vole e rego­la­men­tata, che gli stessi con­su­ma­tori stanno ela­bo­rando, dà loro torto: c’è una diversa sen­si­bi­lità, nel paese, e una diversa ricerca in tutta Europa, e non sarà un nuovo ter­ro­ri­smo ideo­lo­gico a fer­marle. Intanto, per chi volesse seria­mente infor­marsi, vale sem­pre l’attualissimo testo di Mor­gan e Zim­mer, “Mari­juana. I miti e i fatti” (Val­lec­chi), oltre le trap­pole di un’informazione drogata.

Fonte: Il manifesto

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