di Angela Mauro

L’intervento sarà di quelli “durissimi”. I fedelissimi di Matteo Renzi lo descrivono pronto all’affondo finale contro la minoranza Pd, particolarmente quella bersaniana agguerrita contro l’ipotesi di accordo con Silvio Berlusconi. Il segretario Dem si presenta in direzione forte di un altro pezzo di intesa. Cioè la possibilità di ballottaggio nel caso in cui nessuna coalizione raggiungesse il 35 per cento dei consensi. E’ il doppio turno, la carta che aggiunge all’accordo con il Cavaliere anche il sì – seppure ancora non ufficiale – del Ncd di Alfano, cioè di un pezzo importante della maggioranza di governo. “Come può la minoranza Pd votarmi contro di fronte ad un’intesa che comprende tutti, maggioranza e opposizione?”.

E’ questo il ragionamento del leader Dem che insieme ai fedelissimi Luca Lotti e Lorenzo Guerini e ai tecnici (Roberto D’Alimonte) ha passato la mattinata a cercare di ultimare la bozza da presentare in direzione, in strettissimo contatto proprio con il vicepremier Alfano che ha anche incontrato, l’ostacolo più difficile da convincere da sabato, giorno del faccia a faccia con Berlusconi al Nazareno. Ora resta il nodo delle preferenze a spaccare ancora il Pd. Ma di fronte ad un doppio turno che convince Alfano, la minoranza si sta interrogando (in una riunione ad hoc) e in direzione potrebbe decidere di astenersi invece che votare contro la relazione del segretario. Intanto, proprio per sostenere la sua posizione contraria alla reintroduzione delle preferenze, Renzi in direzione proporrà le primarie per i parlamentari. Della serie: "Volete misurarvi col territorio? Facciamolo: con le primarie", strumento tra l'altro scelto proprio dall'ex segretario Pierluigi Bersani alle ultime elezioni per rispondere al problema delle liste bloccate del Porcellum.

Il doppio turno risolve il problema più grosso del cosiddetto ‘Italicum’. Vale a dire: risponde all’interrogativo più importante, ovvero che succede se nessuna delle coalizioni in pista raggiunge la soglia minima per incassare il premio di maggioranza (al 20 per cento)? A questo punto, il dissidio con la minoranza Pd resta incentrato solo sulle liste bloccate, che l’Italicum prevede corte in collegi piccoli. I bersaniani sono i più agguerriti contro il segretario, già i Giovani Turchi non li seguono fino in fondo su questo terreno. Chiedono l’introduzione delle preferenze, per scampare al pericolo di restare fuori dalle liste, visto che con le liste bloccate la decisione è in mano al leader. Ed è proprio su questo punto che Renzi parte all’attacco. Senza fare prigionieri. Perché sulle liste bloccate non si tratta. Spiega il renziano Dario Parrini: "Argomentare che c'è parentela tra Porcellum e liste bloccate corte denota o ignoranza o malafede (o entrambe le cose). Oppure è indice di ansia di polemizzare a ogni costo contro Renzi".

Gli argomenti ricordano il referendum del 1991, che ha ridotto le preferenze da tre a una, e l’approvazione della legge ‘Mattarella’ nel 1993, che le eliminò del tutto con il sistema dei collegi uninominali. Insomma, il ragionamento di Renzi pesca nel passato del passaggio tra la Prima Repubblica di Tangentopoli alla Seconda: “L’abolizione delle preferenze, strumento di clientelismo si disse allora, fu parte integrante della ‘rifondazione’ della Repubblica dopo i guasti di Tangentopoli: come si fa a chiedere di reintrodurle?”, dicono i renziani. Ancora Parrini: "Nel 2011-12, per un anno intero, Migliavacca ha trattato (dietro le quinte) con Verdini una riforma elettorale che tutto prevedeva tranne che le preferenze. Perché è sbagliato oggi quel che andava bene un anno e mezzo fa? Stanno stracciandosi le vesti per le preferenze persone che sono entrate due o tre volte in Parlamento da nominati (2006, 2008, 2013) senza far mai uno straccio di primaria e senza mai dire una parola contro questo sistema. Un po' di coerenza non guasterebbe. La Prima Repubblica finì con due referendum nel 1991 e nel 1993 che entusiasmarono milioni di italiani e che partirono dal presupposto che le preferenze erano un male da superare andando verso i collegi uninominali. Qualcuno ha nostalgia della Prima Repubblica?".

Alla minoranza la scelta: accettare l’intesa o continuare la battaglia sulle preferenze e lasciare affondare un accordo sulla legge elettorale già chiuso con la maggioranza di governo. Perché, dicono nella stretta cerchia del segretario, la battaglia di Alfano sulle preferenze non è senza ritorno, in quanto le liste bloccate mettono in difficoltà chi non è capo. E il vicepremier sarebbe comunque capo di Ncd anche qualora tornasse in coalizione con Berlusconi. Di nuovo: la scelta sta alla minoranza. "Vale la pena spaccare il Pd con queste premesse?", insistono dall'entourage del segretario. E tra i renziani i più maligni ricordano come "nella minoranza ci sia gente eletta in Parlamento più volte senza nemmeno passare dalle primarie per i parlamentari, quindi di fatto nominati con le liste del Porcellum". E' chiaro che la decisione di annunciare primarie per le liste è un modo per permettere alla minoranza Pd di misurarsi con il territorio. Proprio come sarebbe successo con le preferenze. "Ma allora le 'parlamentarie' devono essere istituite per legge", è la risposta dei bersaniani.

Fonte: huffingtonpost.it

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