È terminato, dopo due ore e mezzo, il colloquio tra il segretario del Pd Matteo Renzi e il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi. Con loro, in cerca dell’accordo sulla riforma elettorale, il capo della segreteria Dem Lorenzo Guerini e l’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta. Così come per l’arrivo, anche all’uscita il Cavaliere ha utilizzato un ingresso laterale per uscire con la sua auto dalla sede del Pd. Il che, però, non gli ha evitato le contestazioni.

Il Cavaliere è giunto in macchina, entrando dall’ingresso posteriore: un cordone di forze dell’ordine teneva lontani curiosi e giornalisti per lasciar passare la macchina dell’ex premier. Ma al suo arrivo un piccolo gruppo di manifestanti, tra cui alcuni esponenti del Popolo Viola, hanno iniziato a contestarlo gridando «Vergogna, Vergogna» e lanciando alcune uova che hanno colpito la macchina.  

Ma non è per questo che quella di oggi è stata una giornata ad altissima tensione politica. A parte il fatto che è la prima volta che Berlusconi mette piede a "casa" Pd, l'incontro con Renzi rappresenta di per sé uno strappo dentro il Partito democratico stesso e dentro la maggioranza, perché il tema della legge elettorale, al centro del colloquio tra l'ex premier e il segretario democratico, tocca interessi contrastanti tra i vari partiti.

Una tensione che certo le parole di Renzi nella conferenza stampa seguita al vertice non hanno stemperato. Anche se il segretario democratico non ha pronunciato la parola "accordo", l'aver ripetuto per quattro volte che c'è «una profonda sintonia» con Forza Italia su legge elettorale e riforme istituzionali lascia intendere che un'intesa c'è e non farà piacere ad Alfano perché è finalizzata a «favorire governabilità e bipolarismo da un lato ed eliminare il potere di ricatto dei partiti più piccoli». E piena sintonia tra pd renziano e fi c'è pure sulla riforma del titolo V, l'eliminazione dei rimborsi ai gruppi consiliari regionali; la trasformazione del Senato in Camera delle autonomie senza elezione diretta dei senatori (quest'ultima una riforma alla quale tiene molto il sindaco di Firenze ma che senza i voti di Berlusconi al Senato è pressoché irrealizzabile). 

Poi certo Renzi tende una mano ad Alfano (e a Scelta Civica), dicendo che lui e Berlusconi hanno anche «condiviso un'apertura alle altre forze politiche per scrivere il testo della legge che, se nelle prossime ore saranno definiti i dettagli, presenteremo alla direzione del partito che lunedì alle 16 lo voterà». Ma, messa così, sembra più un voler dare alle «altre forze politiche» la corda con cui impiccarsi.

Comunque, il week end sarà decisivo, visto che lunedì Renzi intende presentare il testo della legge elettorale da far votare nella direzione del Pd. Alfano, dunque ha ancora due giorni per pensarci e molto dipenderà dai dettagli della legge, sui quali il segretario democratico si è mantenuto vago. Da Pesaro, dove si svolgeva la convention dell'Ncd non sono arrivate repliche dirette alle parole di Renzi: Alfano si è limitato a ripetere le sue condizioni. Evidentemente intende andare a vedere, anche se il ministro Lupi aveva definito «inaccettabile» l'incontro Renzi-Berlusconi: «Hanno il diritto di incontrarsi e di dialogare, ma non è accettabile che due partiti si mettano d'accordo per eliminare gli altri partiti con una legge». Né è dato sapere se Berlusconi, in cambio dell'accordo, abbia chiesto l'election day. Si direbbe di no, a leggere la nota nella quale il Cavaliere ribadisce le critiche al premier Enrico Letta ma  «auspicando di poter al più presto ridare la parola ai cittadini ho garantito al segretario Renzi che Forza Italia appoggerà in Parlamento le riforme». Poi, sulla riforma del Porcellum, Berlusconi usa la parola che il segretario democratico aveva accuratamente evitato di pronunciare: «L'accordo con Renzi prevede una nuova legge elettorale che porti al consolidamento dei grandi partiti in un'ottica di semplificazione dello scenario politico. Insieme, abbiamo auspicato che tutte le forze politiche possano dare il loro fattivo contributo in Parlamento alla rapida approvazione della legge, che speriamo possa essere largamente condivisa».

Anche per i democratici questi due giorni saranno di fibrillazione perché lunedì dovranno dire l'ultima parola sulla legge elettorale, tema sul quale il Pd ha sempre avuto due se non tre posizioni: prendere o lasciare, dirà Matteo Renzi.

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