ORVIETO - Con omaggi al contrabbasso e al clarinetto si e' aperta ieri sera la ventunesima edizione di Umbria Jazz Winter. Sul palco del teatro Mancinelli di Orvieto dopo i saluti del presidente Renzo Arbore sono saliti, in due distinti set, Chris McBride, che e' probabilmente il piu' celebrato virtuoso del basso oggi in attivita', ed una inusuale formazione la cui front line schierava ben tre clarinettisti: Ken Peplowski, Anat Cohen ed Evan Christopher. Jazz decisamente contemporaneo, nel primo caso; un occhio rivolto alla storia con un retrogusto di nostalgia, nel secondo.
 

Inside Straight, la band di McBride, e' un quintetto ben strutturato con il notevole sax di Steve Wilson in evidenza, assieme all 'emergente vibrafonista Warren Wolf. McBride non e' solo un funambolo del suo strumento, sia nella versione acustica che in quella elettrica (a 41 anni ha partecipato a piu' di 300 dischi di ogni genere ) ma un leader che dirige con mano sicura. Non eccede in protagonismo ma i suoi soli, che si inseriscono nella tradizione di un grande come Ray Brown, coniugano musicalita' e maestria tecnica.

Piccola perla della serata, una versione di Sophisticated Lady in trio, con il pianista Peter Martin in stato di grazia.
 

Un jazz, quello di Inside Straight, che non si avventura per strade inedite, ma che interpreta bene l'attualita' della musica afroamericana. La band dei tre clarinettisti fu assemblata apposta per il festival di Newport dello scorso  anno ed  ora e' una esclusiva di Umbria Jazz Winter. In sostanza si fa il punto sullo stato dell'arte di uno strumento che ha un grande passato alle spalle ma che nel jazz dell'ultimo mezzo secolo e' rimasto in ombra.
 

Chiaramente ascoltando i tre solisti tornano alla mente i fasti di un'epoca  che comincio' con i grandi clarinettisti, soprattutto creoli come Sidney Bechet, del jazz di New Orleans, fino agli anni trenta con la  swing era di Benny Goodman. Jazz solare e senza spigoli, con una ottima rivisitazione di Petite Fleur ad opera di Christopher (californiano trapiantato a New Orleans) e la conclusiva 'S Wonderful, uno dei capolavori dei fratelli Gershwin, gestita con una polifonia a tre voci in chiave jazz. Da sottolineare la presenza nella sezione ritmica del contrabbassista Greg Cohen, che e' solito frequentare situazioni musicali molto diverse, da Tom Waits a John Zorn.

 

Dopo l'apertura tutta americana, gli italiani si ritagliano un ruolo di primo piano nel programma di Umbria Jazz Winter. Ieri mattina RosarioGiuliani con Images, e nel primo pomeriggio Fabrizio Bosso con il trio Spiritual hanno offerto performance di alto profilo.
 

 In realta' in entrambi i casi il jazz americano c'entra abbastanza, perche' nel quintetto di Giuliani ben tre componenti sono statunitensi (il vibrafonista Joe Locke, il bassista Darryl Hall ed il batterista Joe La Barbera) e perche' il trio tromba-organo-batteria di Bosso (con Alberto Marsico e Alessandro Minetto) si cimenta con un repertorio ed un genere, ispirati in gran parte alla musica religiosa delle comunita' Nere, che piu' americani non potrebbero essere.
 

La formazione di Images, a parte il bassista, e' la stessa che ha registrato l'omonimo disco, e lo stesso e' il repertorio. Giuliani ripercorre luoghi, da un lago siberiano alla Nuova Caledonia a New York, e persone (per esempio, il grande sassofonista Phil Woods) che hanno lasciato una traccia nel suo percorso artistico ed umano, e Images risulta quindi un lavoro molto autobiografico e ispirato.
 

Il trio di Bosso, se da un lato sceglie di "giocare  fuori casa" e su un campo difficilissimo, dall'altro si ricollega alle radici stesse del jazz che ripercorre con rispetto e personalita'. In definitiva, un progetto convincente che dal vivo risulta a tratti spettacolare.

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