di Stefano Perri

Recen­te­mente Erne­sto Galli della Log­gia («Quelle let­ture stru­men­tali della Costi­tu­zione», 8 dicem­bre 2013) e Paolo Flo­res d’Arcais («La Costi­tu­zione e la signora That­cher», 13 dicem­bre 2013) hanno pole­miz­zato sul signi­fi­cato e la por­tata della nostra Costi­tu­zione. Vale la pena riflet­tere su que­sta pole­mica, non tanto per difen­dere le tesi di Flo­res, che si difende benis­simo da solo, ma per ana­liz­zare le argo­men­ta­zioni di Galli della Log­gia, per­ché dimo­strano chia­ra­mente come la sedi­cente cul­tura mode­rata o con­ser­va­trice sia in realtà reazionaria.

Non a caso Galli della Log­gia fini­sce il suo arti­colo affer­mando che alcuni prin­cipi della Costi­tu­zione sono sem­pli­ce­mente inat­tua­bili e coloro (cat­tivi mae­stri?) che pre­ten­dono la loro attua­zione vogliono solo con­durre una bat­ta­glia poli­tica di parte nascon­den­dosi die­tro la devo­zione alla legge suprema. Guarda caso que­sti prin­cipi inat­tua­bili sono quelli che si rife­ri­scono ai diritti sociali ed eco­no­mici, che la Costi­tu­zione afferma accanto ai più tra­di­zio­nali diritti per­so­nali e civili.

Dal tono delle argo­men­ta­zioni si deduce che que­sti diritti non sono attua­bili per­ché con­trav­ver­reb­bero sup­po­ste leggi invio­la­bili della eco­no­mia. Ma sarebbe oppor­tuno che non si scam­bias­sero per leggi scien­ti­fi­che quelli che sono sola­mente luo­ghi comuni del neo-liberismo volgare.

L’argomentazione che appare più espli­ci­ta­mente infon­data è quella rela­tiva agli asili nido. L’art. 37 san­ci­sce infatti che «le con­di­zioni di lavoro devono assi­cu­rare alla madre e al bam­bino una spe­ciale ade­guata pro­te­zione» ma secondo Galli della Log­gia assi­cu­rare l’asilo indi­stin­ta­mente a tutti i bam­bini non può farsi sem­pre e comun­que per via della spesa even­tual­mente inso­ste­ni­bile. Ma che vuol dire? Se Galli della Log­gia, quando era stu­dente, avesse letto uno dei manuali allora più dif­fusi, «L’Economics» di Paul Samuel­son, si sarebbe ricor­dato che il primo capi­tolo con­tiene una discus­sione della fron­tiera delle pos­si­bi­lità pro­dut­tive. Il pro­blema eco­no­mico è un pro­blema di scelta di come uti­liz­zare risorse scarse per diversi fini e quindi, nell’esempio di Samuel­son, si tratta di deci­dere se pro­durre burro o can­noni, o per tor­nare alla nostra que­stione, per esem­pio, asili nido o cac­cia bombardieri.

La Costi­tu­zione non pro­pone un prin­ci­pio anti-economico, ma sta­bi­li­sce un indi­rizzo: se dob­biamo deci­dere come indi­riz­zare la nostra spesa pub­blica, la prio­rità va data agli asili nido rispetto ai cac­cia bom­bar­dieri. Nulla di inat­tua­bile, ma l’affermazione di una prio­rità: la sod­di­sfa­zione di un diritto sociale viene prima di con­si­de­ra­zioni di altra natura nella scelta della allo­ca­zione delle risorse.

Un altro prin­ci­pio «inat­tua­bile» riguarda l’articolo 36 che pre­scrive che «il lavo­ra­tore ha diritto ad una retri­bu­zione suf­fi­ciente ad assi­cu­rare a sé e alla fami­glia un’esistenza libera e digni­tosa». A que­sto prin­ci­pio Galli della Log­gia obietta che «a dispetto della Carta» si potrebbe pen­sare, «met­tiamo, che il livello del sala­rio debba essere legato alla pro­dut­ti­vità». Anche in que­sto caso, rifa­cen­dosi ad una pro­po­si­zione appa­ren­te­mente di buon senso eco­no­mico, in realtà si dice una cosa priva di senso com­piuto. Que­gli eco­no­mi­sti che sosten­gono que­sto prin­ci­pio si rife­ri­scono alle varia­zioni, non ai livelli: affer­mano infatti che i salari dovreb­bero variare pro­por­zio­nal­mente alla pro­dut­ti­vità del lavoro, ma nulla dicono a pro­po­sito del livello del sala­rio e di quanta parte del pro­dotto ora­rio del lavoro dovrebbe com­pen­sare il lavoro (il 55% come in Ita­lia o il 58% come nella media dei paesi euro­pei?). Ancora non si dice nulla se sia giu­sto o meno che un top mana­ger debba avere una retri­bu­zione di 400 volte supe­riore a quella media di un lavo­ra­tore della stessa impresa. In ogni caso il Pil reale per ora di lavoro è cre­sciuto in Ita­lia dal 1991 al 2013 del 16,16%, men­tre la retri­bu­zione ora­ria a prezzi costanti è cre­sciuta del 3,69%. L’ernest (nel senso anglo­sas­sone del ter­mine) Galli della Log­gia dovrebbe pro­te­stare vee­men­te­mente con­tro que­sto anda­mento e richie­dere che ai lavo­ra­tori sia resti­tuito la parte spet­tante dell’aumento, sia pure mode­sto quanto si vuole, di produttività.

Infine, in merito all’articolo 3 sul diritto al lavoro, Galli della Log­gia nota come «la lotta alla disoc­cu­pa­zione debba neces­sa­ria­mente sot­to­stare a certi vin­coli» (ma di che vin­coli si tratta? Di nuovo quelli della spesa pub­blica?). Qui gli eco­no­mi­sti orto­dossi libe­ri­sti rispon­de­reb­bero che il mer­cato tende spon­ta­nea­mente alla piena occu­pa­zione, per cui se que­sta non è rag­giunta è per­ché qual­che osta­colo da rimuo­vere impe­di­sce al mer­cato di fun­zio­nare. Vice­versa altri eco­no­mi­sti (tutti gli ete­ro­dossi, ma anche molti nel main­stream) sosten­gono che il mer­cato spon­ta­nea­mente non tende alla piena occu­pa­zione e occorre che il governo attui poli­ti­che eco­no­mi­che attive che la favo­ri­scano. Ad esem­pio recen­te­mente l’ex segre­ta­rio al tesoro di Clin­ton ed ex ret­tore di Har­vard Larry Sum­mers (tra l’altro nipote di Paul Samuel­son, citato sopra) ha soste­nuto che siamo in una fase di sta­gna­zione di lungo periodo in cui il tasso di inte­resse com­pa­ti­bile con la piena occu­pa­zione sarebbe nega­tivo. Di con­se­guenza o ci ras­se­gniamo ad una serie di bolle spe­cu­la­tive inne­scate dalla neces­sità di sti­mo­lare il tasso di cre­scita o una attiva poli­tica eco­no­mica di sti­molo dell’occupazione è neces­sa­ria anche solo per evi­tare l’instabilità. In ogni caso nes­suno pensa che la disoc­cu­pa­zione sia un male neces­sa­rio o natu­rale, come i ter­re­moti, che dovremmo sop­por­tare rassegnati.

La posi­zione di Galli della Log­gia è sem­pli­ce­mente ingiu­sti­fi­cata dal punto di vista dell’economia ed è let­te­ral­mente rea­zio­na­ria, nel senso che vuole negare alla radice tutta una cate­go­ria di diritti che la sto­ria, il pro­gresso civile e le lotte sociali hanno rico­no­sciuto come fon­da­men­tali e per que­sto sono stati solen­ne­mente affer­mati nella nostra Costi­tu­zione, anche se la loro piena attua­zione non è stata ancora rag­giunta. Ma ovvia­mente Galli della Log­gia la pensa come vuole. Ciò che è più pre­oc­cu­pante è che, sia pure in forme meno bru­tali e sco­perte, ragio­na­menti simili sono piano piano entrati nella cul­tura che si vor­rebbe pro­gres­si­sta e di sini­stra. In fondo biso­gna tenere conto delle com­pa­ti­bi­lità e delle «leggi» dell’economia! (scam­biando le luc­ciole dei luo­ghi comuni per le lan­terne delle verità scien­ti­fi­che). Che sia que­sta una delle ragioni della per­dita dell’identità e della capa­cità di attrarre con­senso e par­te­ci­pa­zione della sinistra?

Fonte: Il manifesto

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